XIV. BUGIARDO

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Such a beautiful view

XIV. BUGIARDO.



Il fumo denso della sigaretta che sale lento verso il cielo nero della notte non gli permette di vedere cosa c'è oltre il suo naso, ma non ha bisogno di avere la visuale sgombra, è totalmente consapevole di quello che si trova davanti ai suoi occhi anche senza poterlo vedere. Quello che gli serve, invece, è ritrovare la convinzione che l'ha portato fin lì, quel momento di impulsiva e momentanea follia che l'ha spinto ad infilarsi una giacca di jeans sulle spalle, a scendere i gradini di casa alla svelta, saltando letteralmente gli ultimi due, e mettersi al volante con un meta ben precisa nella testa.

Solitamente non fuma mai in auto ma quella sera fa un'eccezione. È nervoso, ora che è arrivato a destinazione.
Incerto.
Tiene il braccio fuori dal finestrino, tamburella frenetico le dita contro lo sportello. Ha le maniche della camicia arrotolate fino ai gomiti, il giacchetto gettato sul sedile del passeggero. L'aria fredda che gli sfiora la pelle esposta degli avambracci non riesce a farlo rabbrividire, al contrario, suda copiosamente. Ha le tempie e il collo imperlati di sudore, non fa che asciugarselo con il dorso della mano destra e imprecare sotto voce.
Prende un tiro dalla sigaretta, guarda l'ora sul cruscotto, si sistema meglio sul sedile...poi ricomincia da capo. Non riesce a stare fermo, trovare una posizione comoda è impossibile.
Non dovrebbe essere lì, ecco qual è il problema. Dovrebbe invece chiudere gli occhi, fare dei bei respiri profondi e impegnarsi per ritrovare la sua razionalità ferma e indissolubile che sembra oramai essersi completamente persa per strada, gliene basterebbe anche solo un briciolo, piuttosto che affidarsi all'istinto, farsi guidare dagli impulsi del momento e fare stronzate, ovviamente. È proprio in questi momenti che il suo io prende coscienza di quanto è spaventosamente cambiato, sta per fare una cosa che fino a tre mesi prima non avrebbe mai nemmeno preso in considerazione.
Se si trova in quel posto, ed ha quel pallino in testa, è grazie alla conversazione che ha avuto con Taemin la scorsa notte, molte cose non sono riuscite a convincerlo come avrebbero dovuto, e quando un'idea gli si conficca nel cervello è impossibile che poi riesca a liberarsene. Deve andare fino in fondo. La sua testardaggine almeno è sempre la stessa, ed è così confortante ritrovarsi e riconoscersi, anche se a piccole dosi, quando si è nel bel mezzo di una rivoluzione interiore, che quasi si sente un poco più rilassato.
Aspira ancora un po' di fumo sperando che la nicotina agisca rapidamente sui nervi.
Prima d'ora non gli è mai balzata in testa l'idea di andare a parlare direttamente con Lui -non gli va nemmeno di pensarlo, il suo nome- non ne ha mai avuto motivo d'altronde, ora però ha l'esigenza di sapere davvero cosa si sono detti quel pomeriggio, quali sono state le parole esatte capaci di far cambiare idea a Taemin così velocemente e drasticamente. Sì, perché qualcosa c'è stato per forza. La storia del "non facciamo le cose di corsa" non l'ha convinto neanche un po' semplicemente perché Taemin non funziona così, non è in grado di ragionare mettendo sulla bilancia due o più possibilità, e scegliere quella dove pende l'ago, quella più giusta. Quella è una parola che per lui non conta, non in abito di decisioni. Non c'è "giusto o sbagliato" nella sua testa, ma solo "voglio farlo o non voglio farlo." Taemin, al contrario suo, non è mai stato razionale, non ci crede che lo è diventato all'improvviso.
E allora si è preso la giornata libera dallo studio, ha lasciato perdere i libri per ventiquattrore e ha impegnato la testa in altre cose, cercando di sfuggire a quell'idea che gli martella incessantemente il cervello da giorni, sperando in cuor suo di desistere, abbandonare quella missione che da una parte gli sembra folle, e dall'altra l'unica cosa giusta da fare.
Il tempo a volte è l'unica soluzione possibile, l'unica opzione da scegliere. In mezza giornata possono succedere milioni di cose, si può cambiare idea o dimenticarsi completamente di qualcosa.
Si è affidato al trascorrere del tempo.
È andato ad aiutare al bar con l'unico obiettivo quello di non pensare, e per un paio d'ore c'è riuscito davvero bene, trascorrendo il pomeriggio in allegria e serenità. Ha scoperto che nei miseri due giorni in cui non si è fatto vivo gli altri, da soli, sono riusciti a portarsi avanti un bel po' del lavoro, smaltendo completamente i vecchi mobili, quelli più usurati e ormai inusufruibili, ripulendolo dalle bottiglie vecchie sulle mensole e dalle ragnatele aggrappate alle assi di legno che tengono su il soffitto basso. L'aria dentro al bar è completamente nuova e pulita, si respira un miscuglio di vento d'autunno e detersivo agli agrumi. Si respira la rinascita.
Quel pub si sta risvegliando piano, piano dopo un sonno lungo e profondo, completamente indisturbato. Inizia a prendere forma, se si guarda con attenzione e un pizzico di fantasia si riesce a vedere il leggero riflesso di quello che diverrà un giorno; un posto vivo. Hanno deciso di chiamarlo Old Bar di comune accordo, senza bisogno di discutere troppo al riguardo o affidarsi alla solita sorte. È stato facile considerando il fatto che lo chiamano così da sempre. Kibum ha persino ordinato su internet la scritta a led da appendere sopra alla porta d'ingresso e aspetta con trepidazione che gli arrivi. L'ha scelta in stile vintage, completamente bianca, e tutti sanno bene il perché. Ora il dilemma più grande è se sostituire o meno anche il bancone ormai rovinato e non più modernissimo, ma è talmente bello e imponente che forse qualche anno di gloria se lo merita ancora.
Quel pomeriggio si sono dedicati a montare le casse, sistemandole nei quattro angoli del locale e collegandole poi allo stereo nuovo di zecca comprato da Jonghyun che fra tutti è stato il più eccitato, quello più propenso a darsi da fare. Quando si parla di musica è sempre in prima linea. Senza l'aiuto di Jinki e della sua conoscenza infinita anche per quanto riguarda l'elettricità però, non sarebbero andati da nessuna parte.
Ad un certo punto Taemin (il più scansafatiche) l'ha trascinato fuori di forza, con la scusa di fare una pausa per smezzarsi una sigaretta, e invece sono rimasti sotto al sole dolce di metà settembre a baciarsi per ore contro le mura luride di quel vicolo stretto, e a raccontarsi cose stupide solo per il gusto di riderne insieme, senza badare nemmeno alla voce di Kibum -che quando si incazza diventa davvero stridula e con le mura vuote del bar rimbombava ovunque- che gli gridava di muovere il culo e tornare a lavoro.
Il tempo gli è sfuggito via dalle mani più in fretta di quanto aveva sperato, senza pensieri, esclusi quelli riguardanti quel ragazzino maledetto, e le mille domande su dove diamine abbia imparato - e sopratutto con chi- a muovere così dannatamente bene quella lingua.
In un attimo è calata la sera e tutti e cinque si sono salutati avendo programmi diversi da gestire. Jinki è corso a casa per farsi una doccia e rendersi presentabile, ha in programma una serata birra e pizza con la ragazza che frequenta da quasi un anno ma che ancora non ha presentato ufficialmente a nessuno. Jonghyun e Kibum sono rimasti al bar, hanno ordinato del sushi e un po' di vino bianco. Il sottofondo musicale già impostato, e Dio solo sa quello che faranno più tardi sopra a quel bancone.
Anche Taemin è tornato a casa -ovunque essa sia-, Minho ha imparato la lezione e non si è offerto per accompagnarlo. Ha deciso invece di fare una piccola passeggiata sul lungo mare, per prendersi più tempo, per schiarirsi le idee prima di ritornare al suo appartamento.
Si è fatto una doccia tiepida, ha indossato abiti puliti per la notte e si è disteso sul letto sperando di sentire la stanchezza prenderlo subito dopo una giornata di lavoro intenso.
Quello che ha sentito è stato altro;
"Dopo domani c'è una gara, lo danno favorito" la voce di Taemin in loop nella sua testa.
Nonostante gli sforzi il pensiero folle era ancora lì.
Ed ecco che si ritrova chiuso in quell'auto dove sembra non passare più aria, nel cuore della notte, circondato da un cimitero di mozziconi gemelli schiacciati sull'asfalto e in lontananza la figura del vecchio cavalcavia che sembra osservarlo minaccioso, senza avere più la minima idea di cosa fare.
Stringe una mano sul volante che continua a scivolargli via. Gli prudono i palmi, sono sudatissimi.
C'è un'altra cosa che lo turba: i sensi di colpa.
Ficcare il naso, indagare, fare il doppio gioco...non gli piace.
Se Taemin lo sapesse lì e con quali intenti, è sicuro che non esiterebbe a tagliare tutti i ponti con lui in un battito di ciglia, non ascolterebbe nemmeno le sue ragioni, e da una parte nemmeno riesce a biasimarlo più di tanto. Se ci fosse stato lui dall'altra parte, se fosse stato lui quello a venir messo sempre in discussione, non crede che sarebbe riuscito a tollerarlo. L'orgoglio avrebbe prevalso su tutto.
Il problema è che la verità parziale non gli basta. Ha bisogno di sapere, di andare fino in fondo a quella storia. Vuole sentire entrambe le campane per togliersi ogni dubbio.
Prende l'ultimo tiro dalla sigaretta poi esce con uno slancio deciso dall'auto: ora o mai più, si dice.
Chiude la portiera con un gesto secco, il rumore che produce è così forte che un gruppetto di corvi vola via dalle foglie fitte di uno dei tanti alberi che costeggiano la strada, gracchiando verso la luna. Sobbalza un poco anche lui e si sente un coglione fatto e finito.
Di convinzione non gliene è rimasta molta ma è sicuro che se almeno inizia a muoversi la ritroverà strada facendo. Se è arrivato fin lì guidato dall'istinto deve esserci un motivo e non vuole ignorarlo, ormai gli manca solo un piccolo passo da compiere.
Sta facendo la cosa giusta. Va bene pensare a se stessi ogni tanto.
Schiaccia la cicca a terra che va subito a confondersi tra le altre mille, davvero un gran bel lavoro per chi fino a due mesi prima non sapeva nemmeno che sapore avesse in bocca una Marlboro.
Sistema il colletto della camicia verso l'alto con gli occhi decisi puntati verso il cavalcavia, già proiettato col pensiero verso quello che gli si annida sotto e allo sguardo impertinente che dovrà affrontare. Si dirige a passo spedito su quella strada buia, appestata da gentaccia che si sente padrona della notte, per quella che spera sia l'ultima volta.
La pagina finale di un capitolo conclusivo.

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