XVIII. LIBERI

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Such a beautiful view

XVIII. LIBERI.


Partono durante una giornata di sole pieno e vento leggero. Valige alla mano, sorrisi enormi. Emozioni strane a galleggiare tra l'esofago e la gola, in particolare per due di loro non più abituati ad avere a che fare l'uno con l'altro, a condividere luoghi, tempo e spazi. Sguardi e parole.
Ci sono un filo d'imbarazzo e un briciolo d'impacciatezza nel contribuire a rendere tutta la situazione ancora più emozionante e...bella. Sì, perché è davvero bello guardarsi ancora negli occhi, parlare come ai vecchi tempi, allungare un braccio per sgranchirsi e, accidentalmente, sfiorarsi. Sentirsi.
Bello, nonostante tutto. Nonostante il tempo.
Stare semplicemente uno di fianco all'altro a sbirciarsi i profili a vicenda mentre aspettano. Cogliere nell'aria sfumature di profumi famigliari. Avere la riprova che nel mondo non è mai detta l'ultima parola. Tutto è possibile, niente è assolutamente certo. E le certezze sono solo noia, ben vengano i dubbi, le riflessioni. Lo stare in bilico.
Ben vengano le sorprese come quella. Il cancellare una persona dalla propria vita per poi ritrovarsi a farci un viaggio insieme. Ben venga il ritrovarsi quando ce n'è bisogno ma non se ne è consapevoli, e il coraggio di cambiare direzione quando si sta sbagliando strada.
Certe emozioni non sbiadiscono, ed è un mistero di come il tempo sia in grado di cambiare e distorcere praticamente ogni cosa, le persone e i rapporti, senza però andare ad intaccare certi sentimenti, certe sensazioni.
Certi pizzicori che attanagliano le viscere.
O forse sono certi sentimenti indistruttibili ad essere un mistero. E dove portano?
Nessuno lo sa. O perlomeno non Minho che ha la testa sottosopra, il cuore che batte e si ferma senza che lui possa farci nulla.
È una giornata bellissima che promette bene sotto ogni punto di vista. Niente ombre all'orizzonte, si sentono invincibili. Il cielo azzurrissimo sopra alle loro teste avvolte in zuccotti di lana colorati, sfoggia un sole limpido e discretamente caldo. La temperatura resta rigida e li costringe ancora a tenere i denti stretti, le mascelle serrate e i pugni in tasca, ma perlomeno quando sono immobili i raggi del sole riescono a scaldare fievolmente donando una sensazione piacevole al corpo. Dona loro la voglia e la forza di muoversi, andare ad esplorare il mondo. Partire all'avventura.
L'umore di tutti e cinque è alle stelle, sono eccitati, felici di essere di nuovo al completo. Pronti per fare mille scoperte e combinare qualche guaio in luoghi ancora sconosciuti.
C'è eccitazione, ma anche un briciolo di scetticismo.
Se per Taemin e Minho la loro vicinanza reciproca è strana, per gli altri tre è addirittura incredibile. Sono ancora un po' increduli. Non si capacitano che quel testone di Minho sia stato davvero in grado di ricredersi e tornare sui suoi passi.
È più un miracolo che una scelta giusta, conoscendolo.
Infatti, inizialmente, non li hanno presi minimamente sul serio quando entrambi si sono presentati all'Old bar per comunicargli che avevano parlato e preso una decisione: sarebbero partiti tutti, nessuno escluso. Minho sarebbe partito con loro e con Taemin senza fare più storie.
No, nessuno di loro tre ha abboccato.
Pensavano fosse solo uno scherzo, un modo come un altro per passare la serata stuzzicandoli. Ma la cosa non tornava neanche così: perché quei due avrebbero dovuto prenderli per il culo, per di più insieme?
Non aveva alcun senso. E gli occhi di Taemin erano troppo vivi, troppo lucidi. E tutti e due erano troppo insistenti, troppo complici, quasi come se la data sul calendario fosse stata riportata indietro a due due anni prima, come se non si fossero mai detti addio. E allora si sono arresi all'evidenza.
Hanno perso la notizia come sanno fare loro: buttando tutto in cagnara, e hanno sentito l'esigenza di dare il via a nuovi festeggiamenti folli. Così hanno aperto un'altra di quelle bottiglie riposte sulla mensola in alto, una di quelle buone, o forse anche due o tre, e hanno bevuto senza rimpianti fino all'alba, risvegliandosi il giorno seguente a pomeriggio inoltrato sdraiati sul parquet umido dell'Old bar pieni di acciacchi, infreddoliti, con la testa pesante quanto una palla da bowling ma con un peso in meno nello stomaco, pronti a partire con uno spirito completamente diverso, intriso di ritrovata leggerezza.
Una partenza che sa di un nuovo inizio, valige da preparare all'ultimo minuto in hangover e una corsa alla stazione.
Hanno scelto di viaggiare in treno, per arrivare prima, per fare meno soste, per non rischiare di rimanere impantanati nel traffico e, soprattutto, per non dover costipare l'auto di bagagli. Jinki è certo che una sola vettura, per tutte le loro valigie -o anche solo per quelle di Kibum- e i loro cinque bei sederi non sarebbe mai bastata. Così ha comprato i biglietti e si è imposto su quella decisione che, grazie al Cielo, hanno condiviso e accettato tutti di buon grado. Specialmente Minho l'ha presa benissimo, con un entusiasmo che non vedevano in lui da un bel po'. I viaggi in treno l'hanno sempre affascinato e divertito particolarmente, lo fanno sentire padrone della sua vita, della sua libertà. Lo fanno riflettere sulla bellezza del mondo e sul tempo che scivola via.
Ma più di ogni altra cosa lo fanno sentire in movimento. Una sensazione che ultimamente non ha provato molto.
Sfrutta il momento per filmare il panorama che sfreccia e muta attraverso il finestrino, imprime i ricordi su pellicola per riviverli in un secondo momento, semmai dovessero bussare alla sua porta quegli irrefrenabili attacchi di nostalgia di cui soffriamo tutti in determinati momenti della vita.
Anche a livello lavorativo è un'occasione d'oro per creare qualcosa di nuovo e diverso rispetto al mare onnipresente nei suoi video. Mettere in risalto paesaggi differenti, la natura e i suoi colori caldi e vividi, invece del suo solito paesino. E poi è da una vita che non fa un viaggio del genere e se lo vuole godere a modo suo. Ha voglia e bisogno di allontanarsi completamente dai soliti posti, lasciarsi tutto alle spalle per pochi giorni e magari ritornare con nuove consapevolezze e obiettivi.
Ritornare cambiato ancora una volta, perché se ci pensa un attimo, quello che è diventato proprio non gli piace. Si è perso ed ha bisogno di ritrovarsi. Rinascere. Evolversi in qualcos'altro.
Sarebbe praticamente tutto perfetto e più facile se non fosse per quel paio di occhi neri, luminosi e scaltri che sente di avere incollato addosso sin da quando sono partiti. Lo mettono un po' a disagio, si sente scrutato, penetrato, ma fa finta di niente. Non sa che altro fare.
Taemin siede silenzioso ed immobile di fronte a lui, accanto a Jinki. Forte della sua copertura, un paio di occhiali da sole dalle lenti scure, fissa Minho insistentemente mentre lui è preso a filmare il paesaggio attraverso l'obiettivo.
Quella situazione, quella vicinanza, gli sembra ancora tutto surreale. È come stare rinchiusi dentro una bolla che galleggia nel mare dei sogni.
Inverosimile. Vicino e lontano al tempo stesso. E fragile.
Lui non ha nessuna fotocamera con sé, sono sufficienti gli occhi per imprimere quel profilo perfetto, le ciglia lunghe, lo sguardo buono e concentrato, nella memoria. È un'immagine che è certo non sbiadirà mai nei suoi ricordi, come la bellezza dell'uomo che ha di fronte. Sono entrambi immortali.
Sicuramente Minho se ne è accorto che lo sta fissando da un'ora, lo capisce da come si gratta la nuca imbarazzato lanciando occhiate basse e rapide nella sua direzione, ma non gli importa. Come non gli importa se magari lo trova insistente, inopportuno o maleducato, proprio non riesce a farsi distrarre da quelle quattro colline che fuori si alternano ad alberi spogli e rinsecchiti quando ha tutta quella meraviglia davanti agli occhi. Non può farci niente, non è colpa sua.
Anche lui è felicissimo di viaggiare in treno, è un mezzo che gli è fin troppo conforme e famigliare contando tutte le volte che l'ha preso per intraprendere quei suoi viaggi lampo e folli che era solito fare per allontanarsi dalla sua vita. Dalle costrizioni. Dai vincoli. Per sentirsi padrone di se stesso, libero.
Stavolta è diverso. Ora è libero sul serio. E lo scopo non è allontanarsi ma bensì avvicinarsi.
Sono stati fortunati, il vagone in cui viaggiano non è molto affollato, è immerso nella calma. Il treno sfreccia suoi binari producendo un sibilo rilassante. Di tutto il gruppo quello più silenzioso è sicuramente Jinki che si è assopito con le mani congiunte sul grembo e le cuffie alle orecchie; una delle due gli pende sulla spalla ed emette flebili ronzii gracchianti. Tiene la testa leggermente reclinata verso l'alto e gli occhi chiusi. Ogni tanto russa ma basta una gomitata ponderata di Taemin per farlo smettere.
Jonghyun e Kibum sono seduti sui sedili paralleli ai loro, sfogliano un opuscolo che riporta le maggiori attrazioni turistiche del monte Hallasan e discutono animatamente da più di mezz'ora senza ritrovarsi d'accordo su nulla. Jonghyun sostiene che la prima tappa da fare devono essere i templi, che vanno visti alla luce del sole altrimenti rischiano di essere troppo suggestivi. Poi sono posti sacri quindi hanno per principio la precedenza, secondo la sua testolina. Kibum invece vuole provare subito la pista da scii per sgranchirsi le gambe, ma che non sia troppo lontano dal loro chalet e che sia raggiungibile senza funivia. Le altezze lo terrorizzano, e su quelle rotaie volanti non ha intenzione di salirci.
Taemin li guarda, li ascolta e sorride divertito prima di rivolgersi a Minho. Ha intenzione di passare con lui più tempo possibile, finché ne ha l'occasione.
Ha intenzione di accantonare i sensi di colpa e ritornare ad essere il solito sfacciato senza peli sulla lingua.
Ha intenzione di tornare ad essere felice.
«E tu hyung? La vuoi provare la funivia?» Lui ovviamente non vede l'ora.
Il più grande si volta puntando l'obiettivo contro il suo viso per filmarlo. Aggiunge un altro ricordo su pellicola.
In realtà le altezze terrorizzavano anche lui...una volta. Ma ora non vuole precludersi nessun tipo di esperienza. È come se le sue paure si fossero dissolte tutte nell'aria gelida di quel dicembre strano. Ora non ha confini a limitarlo.
Forse è la vicinanza pericolosa di Taemin, la sua cattiva influenza, a farlo sentire così pazzo e vivo. Voglioso di fare mille cose. È un lato di sé che gli ha fatto scoprire lui dopotutto, e che ha sepolto sotto strati di routine e monotonia quando il loro rapporto è finito. Non può essere altrimenti, quel ragazzino continua ad avere potere su di lui.
Non sarebbe finito in quella situazione se non fosse stato così.
Ancora non ci crede che ce l'ha davvero di fronte. Che non è solo una proiezione, un ologramma. Un'immagine fittizia. Senza spessore, senza anima.
Gli fa uno strano effetto persino guardarlo attraverso l'obiettivo.
Come sempre la vita lo sorprende e lo mette alla prova, questa scelta però l'ha fatta lui, no? Eppure se si domanda perché , non sa rispondersi.
Cosa vuole dimostrare?
È sicuro che si tratti solo di dimostrazioni.
Lui è andato avanti. Lui è il più forte. Lui non perde.
Vorrebbe poter dire che non ha niente da temere ma...non ha fatto pronostici, sarebbe stato inutile.
Non ha idea di come sarà la convivenza con Taemin durante questi cinque giorni. Riaverlo di nuovo tra i piedi, ascoltare i suoi discorsi folli seguiti dal suono allegro della sua risata, quella sguaiata, vera, che parte da infondo alla pancia e riempie il mondo intero. Vederlo arrabbiarsi, offendersi, fare il buffone. Lamentarsi per il freddo, per la fame, entusiasmarsi di fronte alla cosa più piccola. Essere lui.
Non lo sa.
È nelle tenebre. Nella nebbia. Dentro all'occhio del ciclone.
Brancola nel buio.
Ha pensato mille volte a come sarebbe potuto essere un loro eventuale e probabile incontro, viste le dimensioni ridotte del posto in cui vivono entrambi, e nella sua testa andava tutto in modo completamente diverso da come è andata di fatto. Si era convinto che se mai l'avesse rivisto la loro conversazione si sarebbe limitata alle classiche frasi di circostanza;
Ciao, come stai?
Bene, e tu?
Anche io.
Be', mi ha fatto piacere ma ora devo proprio scappare.
Poi di nuovo strade diverse. Arrivederci alla prossima fatalità. E invece ce lo ha davanti agli occhi proprio ora, seduto sul sedile in modo scomposto, rilassato. Strafottente. Mani nel giubbotto, la schiena che scivola. Una gamba distesa e l'altra piegata sulla coscia. Così deliziosamente lui.
Un metro di distanza o poco più.
Due camere sullo stesso corridoio, tra due ore.
Cinque giorni insieme.
Taemin è come un Jolly che cambia ogni cosa all'improvviso, riapre la partita, rimette tutto in gioco. Con lui di mezzo non si può mai sapere come andranno le cose, quale piega prenderanno gli eventi perciò non ha senso fare programmi. Non ha senso arrovellarsi il cervello con convinzioni che finiranno per essere spazzate via. Perché lui è questo che fa: sconvolge.
I piani, le persone, le certezze. I sentimenti.
«Voglio provare tutto.» Risponde deciso, mentre si sofferma a riflettere ancora una volta sulla parola; sentimenti.
Non l'ha mai vista in quel modo prima d'ora, ma forse Taemin non ha poi così potere quanto gliene attribuisce, magari lui non fa proprio un bel niente. Forse sono i suoi sentimenti a manovrare tutto, a trascinarlo ovunque. A cambiare le carte in tavola a loro piacimento. È il suo cuore ad essere impazzito. Il suo volere a dettare legge.
Gli occhi di Taemin si accendono, peccato che lui non possa vederli.
«Allora andremo insieme, io e te. Questi qui sono una manica di fifoni», indica con il capo gli altri, e poi sorride sbruffone dritto in camera. «Non le capirò mai le persone che vivono senza sperimentare, che non si mettono in gioco, che non sfidano i propri limiti. Che non azzardano. Se non si rischia mai non vale.»
Minho riprende quel suo concetto da ragazzino spericolato commentandolo con una risata paterna, quella di adulto che ride di un bambino. Nel frattempo quella frase si imprime nella sua mente confondendosi e nascondendosi dietro ad altri mille di pensieri.
Se non si rischia mai non vale ...ma quanto è pronto a rischiare? E quanto ne ha voglia?
Ripone la fotocamera nella sua custodia, vuole fare un po' di riprese all'arrivo e preferisce preservare un po' di carica alla batteria.
Ha un sorriso lieve sulle labbra ma terribilmente vero. Non si sentiva così bene da un pezzo.
«E tu Taemin? Cosa vuoi provare in particolare?»
A quel punto si aspetta una lista infinita di robe pericolose, cose che si fanno con la consapevolezza di poterci rimanere secco, rimettere l'osso del collo. Lancio dal parapendio in deltaplano, paracadutismo, piste da snowboard impossibili e senza dubbio non adatte a dei principianti come loro, roba del genere insomma. E invece Taemin lo sorprende ancora.
«Voglio guardare le stelle.»
È la sua risposta decisa e calma mentre leva lo sguardo verso il cielo limpido.
«Le stelle? Sul serio?» Minho alza le sopracciglia, ride, resta perplesso per un attimo. Ma solo uno, è sempre Taemin dopotutto, non c'è da stupirsi. Lui sceglie le cose più assurde e impossibili, o le più semplici e impensabili. Funziona così. «Perché?»
«Non c'è un motivo particolare, guardare il cielo mi fa sentire bene. In montagna le stelle sono più grandi e luminose, sembrano più vicine alla terra. Dipende dall'altitudine.»
«Non sapevo di questa tua passione», mormora Minho interessato. Eppure, quella notte al falò, ricorda di averlo visto chiaramente provare ad acciuffare una stella proprio come aveva fatto anche lui. Entrambi sono rimasti a mani vuote, chissà, forse stavolta gli andrà meglio.
Dà un colpetto alla borsa che protegge la fotocamera. «Con questa le vedrai ancora meglio. Saranno giganti.»
Il sorriso che gli rivolge Taemin in quel momento è devastante. Lo vede formarsi a rallentatore e mettere in ombra il sole. Ma non è la prospettiva di vedere le stelle ad una distanza ravvicinata ad entusiasmarlo tanto.
«Significa che mi farai compagnia, Minho?»
«Significa che mi piacerebbe fare un paio di riprese, già che ci sono. Sempre se non ti dispiace...» Si rende conto che quella frase suona decisamente sgarbata e aggiunge un sorriso per ammorbidire il tutto.
Ma a Taemin non importa, è felice lo stesso.
«Basta che non te ne starai tutta la notte dietro all'obiettivo, limita l'infinità del cielo», si porta una mano davanti al viso mostrando indice e pollice uniti nella forma di un cerchio. E no, lì dentro tutto il cielo non ci sta. «Le stelle vanno viste ad occhio nudo, le senti di più.»
«Prometto», gli sorride di rimando Minho, anche se non ha idea di come si faccia a sentire le stelle. Non fa obiezioni, è sicuro che imparerà presto. «Sembra che avremo un bel cielo limpido stasera. Sarà perfetto.» Considera guardando fuori dal finestrino, alzando gli occhi verso al cielo sgombro da ogni traccia di nuvola, proprio come il suo stato d'animo è privo delle più piccola ombra di malumore.
In quel momento non può saperlo ma si sta sbagliando, e di grosso anche.

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