Capitolo 9 - Going back

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La paura lo attanagliò al risveglio.

Le coperte erano gelide, incrostate di sudore e sperma, strette fra le dita sbiancate dal freddo. Il corpo era rigido, la pelle delle braccia accapponata. La bile gli riempiva la bocca, un sapore acido che scendeva fino alla gola. Ciocche arruffate gli punzecchiavano l'iride e facevano lacrimare gli occhi. La paura era tanta che il suo corpo cominciò a tremare. Yuri rimase rigido, alla ricerca del coraggio che gli mancava per voltare la testa e guardare al suo fianco, dove si aspettava di trovare Otabek disteso, ancora immerso nel sonno.

Ricordava perfettamente quello che aveva fatto. Quello che aveva chiesto. E il ricordo, ora che era più lucido e riusciva a governare i suoi pensieri, lo riempiva di vergogna. Non era riuscito a ragionare, aveva perso ogni forma di logica e coerenza. I suoi pensieri erano stati sopraffatti dal desiderio e la sua lingua aveva mentito, più e più volte, fin quando Otabek non gli aveva creduto, o forse, più semplicemente aveva infine dato ascolto a quell'istinto primordiale che tutti gli uomini sentono di fronte a un omega. Strinse il labbro inferiore fra i denti, per fermare le lacrime di frustrazione. Non avrebbe pianto, non quando non era colpa sua. Eppure sapeva di aver sbagliato tutto.

Voltò la testa quel tanto che bastava per vedere il letto vuoto al suo fianco. Le lenzuola erano ancora sfatte, ma Otabek se n'era andato. Il sollievo lo invase. Doveva allontanarsi prima del suo ritorno. Non poteva restare lì un minuto di più, non dopo che Otabek aveva approfittato di lui, non dopo che si era comportato con lui come il più vile degli esseri.

Si mise a sedere sul materasso, appoggiando i piedi nudi sulla moquette soffice. Gli dolevano le giunture, scricchiolavano al movimento come vecchi cardini arrugginiti. Yuri faticava a riprendere il respiro, forse per il panico, forse per quel senso di pesantezza allo stomaco che non gli dava tregua. Aveva fame, aveva sete ed era stremato. Eppure il fastidioso bruciore del calore era scomparso, al suo posto restava un tenue ronzio stordito che gli appesantiva la testa. Poggiò i gomiti sulle ginocchia e affondò il volto fra le mani. Chiuse gli occhi e li strinse. Fu mentre meditava su dove andare ora, che un pensiero lo colse come uno schiaffo bene assestato in pieno volto. Si sentì mancare il fiato. La testa gli vorticò improvvisamente e un singhiozzò lasciò le sue labbra.

Il calore era scomparso troppo all'improvviso per essere normale. Era ancora troppo presto perché tutto fosse finito senza lasciare traccia. E Otabek. Otabek era venuto dentro di lui, aveva creduto a tutte le cazzate che Yuri gli aveva propinato.

Strinse con una mano la pelle piatta del ventre, la tirò fino a farsi male. Le unghie affondarono attorno all'ombelico, lasciando solchi rossi e gonfi.

Se fosse rimasto incinto cosa avrebbe fatto?

Ripensò alle lezioni di Lilia, quelle che non aveva mai ascoltato con attenzione, ripetendosi che una cosa del genere non sarebbe mai potuta accadere a lui, dicendosi che erano favole, storie raccontate per spaventarli. Ma ora che aveva affrontato il suo primo calore e aveva sperimentato sulla sua pelle quanto potesse essere terribile il dolore, quelle storie cominciavano a sembrare reali e con loro tutte le conseguenze che un comportamento come il suo avrebbe potuto portare con sé.

Aveva bisogno di Yuuri. Lui avrebbe di certo saputo cosa fare.

Si tirò in piedi con un gemito. Barcollò, perché le gambe erano così molli da sorreggerlo a stento. I vestiti che Otabek gli aveva lasciato erano a terra sgualciti. Li raccolse e l'odore di ammorbidente lo investì. Indossò in fretta il maglione in lana, prudeva a contatto con le braccia, ma il prurito lo aiutava a concentrarsi su qualcosa che non fosse la sua ansia. Poi fu la volta dei pantaloni.

Anche l'anticamera era vuota e silenziosa, immersa nella penombra. Sul divano duro e scomodo era ancora distesa la coperta che Otabek doveva aver utilizzato nei giorni precedenti e che aveva poi dimenticato lì, quando Yuri lo aveva sedotto. Strinse i pugni e cercò le sue scarpe. Non erano da nessuna parte, Otabek doveva averle mandate a lavare insieme al resto della sua roba. Tornò nella camera da letto e aprì l'armadio. L'odore del Beta era ovunque fra i vestiti, tanto intenso da placare il suo panico, avvolgendolo in una morsa di familiare calore. Si piegò a frugare nella valigia, alla ricerca di un paio di scarpe. Erano tutte lucide e nere, niente di comodo o confortevole e neanche lontanamente vicino alla sua taglia, ma avrebbe dovuto farsele andare bene.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 05, 2018 ⏰

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