PROLOGO

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A un occhio poco attento, la cittadina di Elti, nel nord Italia, non sarebbe sembrata affatto strana: parchi dove portare bambini, scuole per la loro educazione, un lago come calamita per turisti e un bosco come ambientazione per storie di paura da raccontare ai più piccoli.

Un visitatore qualsiasi sarebbe rimasto affascinato da quelle strade costeggiate dai colori dei fiori e, vittima di quell'attrazione quasi magica, seduto su una qualche panchina vicina al lago si sarebbe ripromesso di tornarci in vacanza l'anno successivo.

Tuttavia, a un occhio esterno più vigile del primo non sarebbero passate inosservate certe piccole stranezze che, seppur nascoste dalla rarità e dalla loro dislocazione spaziale, sarebbero riuscite a emergere in ogni caso: sentieri terminanti in vicoli ciechi, silhouette non identificate in cielo della durata di pochi secondi, superenalotto vincenti e articoli, solitamente comprati poche volte in una vita, quali seggioloni per bambini, acquistati più e più volte a distanza di poche settimane.

Ebbene, quel caldo giorno di maggio un visitatore più attento non avrebbe potuto nemmeno immaginare uno dei tanti segreti di quella cittadina, così come non sarebbe nemmeno riuscito a sentire le voci provenienti dalla villa a mattoncini affacciata a una delle tante comuni strade.

≪Michele,≫ urlava la voce di una giovane donna, ≪vieni qua subito!≫

Sentendo la moglie, l'uomo si affrettò ad andare nel soggiorno scendendo di corsa le scale. Aveva percepito, nel tono di lei, qualcosa di totalmente nuovo, qualcosa che gli fece provare un brivido per tutto il corpo. Giunto nella stanza, si piegò in due, appoggiando le braccia forti sulle gambe salde e leggermente flesse. Riprese fiato e, sospirando, alzò lo sguardo. I suoi occhi verdi, grandi, incorniciati da una montatura squadrata grigia, si spalancarono a quella vista: un seggiolone in fiamme sospeso a mezz'aria e le mani della figlia, sorridente e seduta sul divano, puntate verso l'oggetto. Si precipitò dalla moglie, che in quel momento teneva le dita tremanti sulla bocca.

≪Cosa sta succedendo qui?≫

≪Io... Non lo so. Fa' qualcosa, ti prego.≫ Gli occhi di lei, azzurri e leggermente infossati, potevano essere lo specchio del suo stato d'animo: si muovevano frenetici dalla bambina all'oggetto incriminato.

Michele la guardò ancora e, senza risponderle, si precipitò nel bagno al pian terreno. La chiamò e lei, quasi come fosse uscita da una trance, corse dal marito. Si aiutarono a vicenda e, mentre l'una riempiva i recipienti, l'altro cercava di spegnere il fuoco con l'acqua. Dopo quattro secchiate le fiamme scomparvero mentre del seggiolone non rimanevano altro che cenere e una puzza tremenda.

≪Almeno siamo tutti salvi≫ disse Michele, togliendosi con la mano il sudore che gli imperlava la fronte chiara.

≪La bambina ha dei poteri≫ sussurrò Celeste. La sua espressione, così come la sua voce, mostrava quanto fosse preoccupata, mentre gli occhi erano inumiditi dalle lacrime pronte a sgorgare da un momento all'altro.

≪Non può essere≫ provò a ribadire il marito. Eppure, lui aveva visto il fuoco.

La moglie lo guardò con occhi supplichevoli. Si posò le mani sulle braccia, quasi come volesse abbracciarsi da sola, e iniziò a raccontare al marito l'accaduto. Fino a qualche minuto prima averlo chiamato in sala, stava giocando con la figlia e ridevano di gusto, quando d'un tratto la piccola aveva fatto cadere dal divano un giocattolo. Lei si era chinata per raccoglierlo, ma, quando si era risollevata, la bambina era riuscita a sconvolgere ogni sua più logica previsione.

≪Non esiste una spiegazione logica a questo. Credimi≫ concluse.

Michele la guardò serio: sua moglie non aveva motivo per inventarsi una storia simile.

≪Aiutami a pensare: che cosa possiamo fare?≫ chiese lei ancora spaventata. Si tamponò con una mano l'occhio destro nel tentativo di bloccare una lacrima pronta a sgorgare.

≪Per prima cosa, sta' tranquilla.≫ Lui provò a sorriderle, per poi abbracciarla nel tentativo di consolarla. Non riusciva proprio a capire cosa fosse realmente successo. Avesse avuto un rumore, il suo cervello avrebbe potuto assomigliare a degli ingranaggi in movimento. Celeste sembrava davvero spaventata: lo sottolineavano il tono della voce, leggermente più cupo del solito, e i suoi occhi sgranati.

Forse, per quanto assurda fosse, avrebbe dovuto credere alla storia raccontatagli dalla moglie. Eppure... magia? No, non poteva essere. Doveva essere stata tutta una conseguenza a qualcosa. Magari un po' di alcol caduto sul seggiolone, ma come spiegare, allora, la prima scintilla?

La bambina, più gaia che mai, era ancora seduta sul divano di pelle bianca. Si guardò attorno in cerca di qualcosa, fino a quando i suoi occhi grandi e verdi, simili a quelli del padre, non si posarono sul tavolo di cristallo al centro della sala. Sorrise, mostrando i suoi pochi dentini, e soddisfatta di aver trovato ciò che cercava allungò le piccole manine verso il biberon. Questo iniziò a muoversi nella sua direzione, quasi come sollevato da una folata di vento. Posatosi sul divano vicino a lei, la bambina lo afferrò.

I genitori avevano gli occhi sbarrati: i loro sguardi continuavano a posarsi ritmicamente sulla figlia e sul coniuge. Mentre per loro quello era simile più a un film dell'orrore, pieno di incongruenze e illusioni, per la piccola sembrava essere un gioco molto divertente.

Michele non riuscì a proferire parola: doveva essere un sogno, tutto quello. Prima il fuoco, ora l'aria. Guardò nuovamente sua figlia. Allora era veramente magica, quella creatura così piccola e indifesa? E cosa avrebbero dovuto fare, loro?

≪Non una parola con Lucas,≫ fu la prima cosa che disse, ≪non una parola con nessuno in generale.≫ Fece una pausa. Nella sua mente si affollarono un insieme di immagini in cui sua figlia cresceva sola, emarginata, suscitando paura negli altri, o semplicemente restandone vittima. Come avrebbe vissuto, lei, in un mondo in cui la magia veniva considerata fuori dal comune? Ne sarebbe stata tagliata fuori? E se fosse successo il contrario? Si era sempre immaginato come in dovere di proteggerla da tutto e tutti, ma come avrebbe mai potuto proteggere gli altri da lei, nel caso avesse iniziato ad abusare di ciò che era?

≪Penso≫ continuò rompendo quel silenzio, ≪che non dovremmo parlarne nemmeno con lei. Non voglio lei si senta diversa o, peggio... superiore≫ concluse sospirando. Sua figlia sarebbe diventata un'oppressa o un'oppressora?

La moglie lo guardò inclinando la testa di lato, un sorriso dolce e carico di comprensione sul volto, e gli fece una rapida carezza sul braccio.

≪Ne hai paura?≫

≪No, non è paura. Semplicemente non saprei come aiutarla. Non ho idee migliori≫ si affrettò a dire. Le stava mentendo, lo sapeva, ma come poteva aggravare il peso che lei sentiva su di sé? Doveva proteggerla, per quanto potesse essere possibile, anche da se stesso e dalle sue paure.

≪E se lo scoprisse da sola?≫

≪Magari potremmo parlargliene quando sarà cresciuta. Ma, se ci pensi, neanche noi ne sappiamo tanto al riguardo.≫

Celeste annuì. Sua moglie, una donna così gentile e amorevole. La guardò e percepì nuovamente quanto fosse preoccupata. Con gli occhi lei stava controllando la bambina, che in quel momento sembrava calma, ancora seduta sul divano a bere dal suo biberon. I suoi occhi, due grandi smeraldi, brillavano, mentre le guance paffutelle prendevano colore. Appena ebbe finito di bere, posato l'oggetto sul tavolo nuovamente con l'aiuto dei suoi poteri, Celeste non riuscì a trattenersi e corse da lei per abbracciarla. Questa era la Celeste che Michele amava: una donna disposta a tutto per quelli a cui voleva bene, disposta perfino a reprimere la propria paura per loro. Sorrise nel vedere la scena, capendo quello fosse il comportamento giusto da adottare. Sua figlia sarebbe stata una persona buona e altruista come la madre, con o senza poteri magici. Tuttavia, aveva detto cose vere alla moglie, per quanto quelle non rappresentassero il suo stato d'animo: non sapevano nulla di quella storia, non sapevano nemmeno si trattasse realmente di magia, nonostante ne fossero stati testimoni.

La bambina, ancora stretta nella morsa della madre, lanciò un gridolino di felicità e sfoggiò un sorriso grande e dolce.

≪La mamma non ti lascerà mai, sappilo. La mamma ti vuole bene, tutti noi ti vogliamo bene≫ le disse Celeste per poi scoppiare a piangere, Michele che le cingeva le spalle con un braccio.


Diamante - L'ElementareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora