5 - Cena

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Sento un piacevole calore, e sotto di me una superficie morbida e irregolare. Sono cosciente solo a metà, ma capisco di avere gli occhi chiusi, perché le mie palpebre filtrano la luce in disegni astratti e rossicci.

Acquisto pian piano sensibilità, sento come un tocco vellutato sulla guancia, e sorrido rilassato, ma la sensazione svanisce subito: me la sono immaginato?

Apro gli occhi, ora consapevole di essermi addormentato mentre tentavo di seguire il TG, e ho una fastidiosa fitta al fianco e alla schiena. Infatti, sono crollato di lato e ho dormito tutto storto a lungo, a giudicare dalla calda luce serale che arriva dalle finestre.

Metto a fuoco la visuale. Mi ritrovo ad osservare il viso di Kacchan che mi sovrasta, e guarda verso la finestra con aria distaccata. Faccio in tempo a notare distrattamente che ha tolto gli occhiali prima che si rivolga a me con una smorfia scocciata e si alzi.

Solo quando il suo movimento mi sposta realizzo che stavo dormendo con la testa poggiata sulle sue gambe, e arrossisco improvvisamente.

"S-scusa! Io... mi sono addormentato..."

"Me ne ero accorto." Sbotta, dandomi le spalle e dirigendosi verso il suo cappotto, che infila senza dire nulla, per poi dirigersi verso la porta.

In silenzio, con la strana sensazione di mente vuota, forse dovuta al sonno, lo seguo con lo sguardo finché lui non si ferma con la mano sulla maniglia della porta e mi guarda con le sopracciglia alzate, come per ricordarmi di muovermi.

"Beh? Non vuoi cenare?"

Scatto in piedi, tornando del tutto cosciente, e riprendo a balbettare agitato come mio solito. "L-la cena? Io, c-certo, ma..."

Ignorandomi, Kacchan torna a voltarsi, infila le scarpe e apre la porta. "Non ho nulla di pronto. Andiamo al pub."

Cerco il cellulare nella tasca della felpa, e scopro che sono già le otto passate: per preparare qualcosa ormai è tardi. Mi affretto quindi dietro di lui e rischio quasi di dimenticare le scarpe.

Il tragitto è silenzioso, fino a uno spiazzo costellato di tavoli di legno con panche e barili riadattati a sedie. Un'insegna intagliata nel legno scuro recita "Compass Rose", con una rosa dei venti dipinta sotto.

Ci fermiamo su uno dei tavoli fuori, quindi posso solo sbirciare l'interno, dove riconosco un lungo bancone e un piccolo soppalco con un biliardino e alcuni tavoli. Non è molto illuminato, ma i molti poster e bandiere alle pareti rendono l'atmosfera accogliente.

Una cameriera con lunghi capelli biondi e un sorriso civettuolo si dirige al nostro tavolo appena ci vede. È sicuramente più grande di noi, ma comunque giovane e bella.

"Katsuki-san! Ben trovato anche stasera!" Saluta allegra, senza ricevere da lui nemmeno un minimo cambio d'espressione. "E in compagnia, è raro!"

Questa volta guarda me, anche se non con altrettanto entusiasmo. Le sorrido, capendo che Kacchan qui deve essere un cliente abituale.

"Ciao, Yu." Borbotta lui, per nulla allegro.

"Sono contenta che tu sia venuto, stasera." Continua lei, imperterrita, ignorandomi e inarcando la schiena abbastanza da far risaltare le curve fin troppo. "Fanno una festa, qua dietro, più tardi. Dicono che sarà fantastica. Dopo il turno pensavo di andare, e..."

"Ok. Portami il solito, Yu. Per lui un Gran Torino e acqua da bere." La interrompe lui, senza alzare la voce, né gli occhi.

La cameriera, tentando di mantenere il sorriso nonostante l'evidente irritazione, annuisce e fila dentro a recapitare il nostro ordine.

Per merito d'un treno • KatsudekuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora