29 - Frocio

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Dopo cena non passa molto tempo prima che il sonno s'impossessi di me.

Sono il tipo da andare a letto particolarmente presto, la domenica, in seguito alla serata nient'affatto estrema del giorno prima e in previsione della mattinata per nulla faticosa del giorno dopo.

Come promesso a sua madre, dopo l'intensa chiacchierata di stamattina Kacchan è tornato a casa sua, e abbiamo passato la giornata normalmente, ognuno con la propria famiglia.

Non sarebbe nemmeno sano stare tutto il tempo assieme, no?

È stato bello stare un po' con mia madre. Non è che torni a casa solo per farle compagnia, mi piace passare il tempo con lei, parliamo di qualsiasi cosa e l'aiuto nelle faccende. In più, anche se capita che me ne dimentichi, l'appartamento di Kacchan non è casa mia.

Sono solo un ospite particolarmente insistente, lì.

Perciò le ore passano veloci e piacevoli, e la cena è saporita e allegra.

Ma ora, dopo aver dato il bacio della buonanotte a mia madre e essermi accoccolato nel letto, qualcosa manca.

Per la prima volta nella mia vita, mi rendo conto, sento la mancanza di quel calore sulla mia schiena, a cui mi ero abituato così in fretta.

Quella lacrima, stamattina, mi ha sbattuto in faccia il suo senso di colpa.

Di nuovo, qualcosa di lui di cui non mi ero affatto accorto. Non ci avevo nemmeno pensato. Vederlo così cambiato, soprattutto vedere il modo in cui si comporta con me, mi aveva fatto pensare che fosse tutto passato, perché è così che io mi sento.

E se l'ho dimenticato io che ero la vittima, allora è tutto a posto, questo pensavo.

Ma sono stato egoista.

Su questa nota amara, il risveglio è difficile come l'addormentarsi, e sono infreddolito, nonostante la coperta fosse adeguatamente pesante.

Faccio colazione con calma, mentre mia madre mi tiene compagnia. Ovviamente, lei è già in piedi da un po', e ha già mangiato.

Esco di casa salutandola più volte, e promettendole che la prossima volta sarebbe rimasto a pranzo anche Kacchan.

Un ultimo cenno, e mi chiudo la porta alla spalle, già muovendo passi all'indietro verso il viale.

Ma, come mio solito, inciampo nell'aria, e mi sbilancio indietro, andando a sbattere contro qualcosa che per fortuna blocca la mia caduta verso lo sterrato.

Riconosco il mio muro salvatore quasi subito, quando la mia schiena viene finalmente a contatto con la giusta fonte di calore.

"Oi, Deku, cerca di non cadere per cinque minuti."

"Kacchan! Buongiorno!"

Riprendo il mio equilibrio e mi volto sorridente verso di lui, stringendogli le braccia.

Il pensiero della sera prima mi corre di nuovo per la mente, ma qualcosa lo ricaccia indietro. Non è involontario, non mi sono dimenticato. Per una volta, la scelta giusta è semplice, e l'ho già presa tempo fa.

Dovrei parlargli? No, le parole non sono il nostro forte. Io ne direi troppe, lui troppe poche.

No, è molto meglio fare così, invece.

Stacco appena i talloni da terra per lasciargli un bacio all'angolo della bocca, con un gran sorriso.

Molto meno immotivatamente allegro di me, e forse un pelo confuso dalla mia improvvisa energia, lui ricambia il saluto tendendomi una mano titubante.

Per merito d'un treno • KatsudekuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora