Capitolo 12

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Erano dieci minuti in quella dannata Rover e Adrien non sapeva se che quello si trasse di un rapimento o una specie di uscita; spostò i suoi occhi verdi dalla strada, osservando la ragazza che appariva più seria che mai.
Arrivarono a Bois de Boulogne, poco distante da L'Arc De Triomphe ed il biondo osservò la giovane per alcuni istanti prima che fermasse l'auto e sospirasse, voltandosi a sua volta per guardare negli occhi il ragazzo; sorrise leggermente ed il biondo fece lo stesso nonostante il lieve rossore in viso.
Chinò lievemente il capo e fece per parlare.
«Mi dispiace per prima; non volevo dire quelle cose... Non le pensavo nemmeno» mormorò, pensando che era stato davvero uno stupido.
Sentì la castana ridacchiare appena, prima di prendere a sua volta la parola, togliendo la cintura di sicurezza e spostare il sedile, trovando una posizione più comoda; il giovane la imitò poco dopo.
«Sai, sarebbe inutile negare che le tue parole mi hanno ferito, ma alla fin fine nemmeno io sono stata un angioletto; ho preso quella decisione da sola, senza nemmeno lasciarti parlare e mi dispiace, Adrien.» sospirò lievemente, prima di avvicinare una mano al viso del ragazzo, sfiorandogli la stessa guancia che aveva schiaffeggiato poco prima «Non sei un ragazzino ed abbiamo pochi anni di differenza, ma ti ho trattato come tale...»
«Non preoccuparti... Solo vorrei davvero conoscerti meglio, essere più che amici, soprattutto sapere di più...»
«Come ho detto, è complicato; saprai che mio padre è un Boss temuto a Los Angeles così come io sono uscita di galera da non molti giorni» il ragazzo inarcò un sopracciglio e guardò la ragazza confuso.
«Non ti avevano dato un po' di anni?»
«Tecnicamente si, ma mio padre è riuscito a dimostrare la mia innocenza, anche perché la mia è stata legittima difesa»
Il sangue nelle vene del ragazzo ribollì letteralmente, facendogli stringere istintivamente un pugno che si aprì quando il tocco di lei si fece sentire sulla sua pelle.
«Alla fine ci ha rimesso lui, pensa questo; tuo padre non accetterebbe mai una persona come me, quindi nemmeno saprei come parlargli.»
«In effetti hai ragione, è il classico tipo che sa tutto di tutto...»
Ad Agreste quella storia dal meraviglioso lieto fine che gli spettava sembrava più che lontana ma si ricordò del nomignolo che aveva dato suo padre a Spencer.
«Perché ti chiama "agente"?» chiese curioso, suscitando una risatina nervosa nell'altra.
Estrasse dalla tasca del giubbotto che indossava il distintivo, tirandolo al ragazzo che prontamente lo prese e lesse.
«Sei un agente dell'FBI? Forte!» disse elettrizzato all'idea.
«Per nulla forte; sarei qui per scoprire le identità di Chat Noir e Ladybug.»
Adrien si irrigidì a quelle parole, deglutendo a fatica e vagando con la mente; si chiedeva come doveva comportarsi, cosa fare e soprattutto se era una buona idea continuare a stare con Spencer.
Nemmeno si accorse che la ragazza era ad un palmo dal suo viso, con un sorrisetto furbo sulle labbra; quando se ne rese conto lei gli aveva letteralmente aggredito il collo, stringendo i denti e succhiando una piccola porzione di pelle.
Sentiva caldo ed era sicuro di essere arrossito non poco a causa di quella ragazza che pian piano lo spingeva contro la parte interna dell'auto; lei d'altro canto si stava divertendo a sentirlo ansimare sotto il suo tocco.
Erano entrambi consapevoli che i vetri oscurati impedivano di vedere l'interno dell'auto ma loro potevano vedere tutto ciò che accadeva fuori; deglutì a fatica quando sentì la mano della ragazza sfiorare il cavallo dei suoi pantaloni e pochi attimi dopo, Adrien si ritrovò steso sul sedile che la ragazza aveva lentamente abbassato.
Spencer era a cavalcioni su di lui, intento ad ammirarla da quella posizione; portò le sue mani sui suoi fianchi e lei di tutta risposta si chinò per baciarlo dapprima dolcemente e subito dopo con travolgente passione.
Agreste le morse il labbro inferiore, tirandolo lievemente e passò velocemente sul suo collo, deciso a ricambiare, lasciando un vistoso succhiotto dopo averci lavorato un po', tra gli ansiti di Spencer; aveva completamente perso la testa per lei.
La castana di sdraiò letteralmente sopra di lui, poggiando la testa sul suo petto e chiudendo gli occhi; si inebriò del suo profumo e del tocco della sua mano tra i propri capelli.
Pensava di odiare quel tipo di contatto, eppure era lì a farsi coccolare dal ragazzo che amava; pensò addirittura che non poteva esistere contatto più bello di quello e sorrise lievemente quando, alzando lo sguardo, notò gli occhi chiusi di lui, completamente rilassato.
Non che si conoscessero da tanto, eppure non l'aveva mai visto con un'espressione così serena in volto e le venne istintivamente da sorridere ma poco dopo si intristì pensando che viveva una vita rinchiuso come un uccellino in gabbia, senza libertà.
A pensarci erano l'opposto: lei libertina, con un padre comprensivo e che era stato ed era ancora una guida per lei, seppur a modo suo, passavano molto tempo insieme e nessuno dei due si tratteneva dall'esprimere propri sentimenti; e poi c'era il lato "Chat Noir" che la faceva sentire piccola piccola in confronto, molto più schietto e quasi totalmente privo di inibizioni ed in quel caso era la ragazza a soccombere, mostrando un lato del suo carattere che non credeva suo.
Adrien invece viveva sotto un padre che non si curava molto del figlio, seppur di tanto in tanto si mostrasse "preoccupato" per la sua incolumità; poi c'era l'assistente che invece approva agli occhi della castana come una delle persone più false che mai avesse incontrato nella sua breve ma intensa vita.
«Hai intenzione di parlare con mio padre?»
Sollevò il capo, osservando gli occhi verdi del biondo sotto di lei, prima di sospirare e scuotere la testa, tornando sul sedile del conducente mentre l'altro risistemò quello del passeggero, guardando la ragazza; una strana e pungente sensazione di ansia gli attanagliava lo stomaco.
«Sai, ho avuto altri ragazzi ma non mi sono mai spinta troppo oltre con loro» puntò i suoi occhioni verdi in quelli del ragazzo, sorridendo maliziosa «Considerati fortunato»
La sua voce uscì come un lieve e docile sussurro mentre il ragazzo deglutì a fatica, con un lieve rossore sulle a colorargli le guance; perché si comportava in quel modo lei? E perché lui ne era così influenzato?
Pochi istanti dopo, la ragazza notò che ormai era passata una buona mezz'ora da quando aveva fermato l'auto, così decise di riavviare il veicolo dopo essersi messa la cintura di sicurezza.
«Agreste, mettiti la cintura; la sicurezza prima di tutto» il ragazzo eseguì senza trattenere una lieve e divertita risata, per poi sporgersi e scoccare un bacio sulla guancia di lei, provocandole uno strano grugnito che lo divertì non poco.
«Ti rendi conto di avere la stessa grazia di Nino?» chiese, osservando la ragazza inarcare un sopracciglio e lasciare il parcheggio senza difficoltà.
«Non mi dispiacerebbe imparare a guidare, sai?»
«Non osare nemmeno lontanamente immaginare o pensare di guidare la mia Betty»
«Hai chiamato la tua auto Betty?»
«Ovviamente; è la mia piccolina» sorrise lievemente, facendo un occhiolino ad Adrien prima di farsi seria e sospirare
«Come pensi di considerarci ora?» chiese a bruciapelo il minore Agreste, facendo sospirare ancora una volta la ragazza, che arricciò il naso pensierosa.
«Tieni presente che finirò ancora in galera, Adrien; ho dei piani da seguire e non sono nemmeno intenzionata ad abbandonare la mia vita. Un giorno mio padre non ci sarà ed io voglio prendere quel posto che sarebbe spettato a mia madre o un mio fratello, nel caso ci fossero stati; purtroppo così non è e nessuno può discutere di questa mia decisione»
Il suo cuore perde un battito a quelle parole dure e distanti; che avesse perso la madre? Non era sicuro di aver capito bene ma nemmeno voleva essere indelicato; la ragazza, come se avesse interpretato i suoi pensieri dalla corrucciata espressione.
«Le hanno sparato quando ero piccola; io vidi tutto, compreso il viso di quell'uomo. Non ho intenzione di fermarmi.»
«Io non voglio farlo; ti amo per come sei e non contesterei mai una tua decisione.» entrambi erano accomunati dallo stesso crudele destino, cresciuti senza una figura materna a guidarli e pensò che per lei doveva essere stato anche peggio; lei era una ragazza forte, ma sarebbe stata diversa con una madre a guidarla? O si sarebbe avvicinata comunque al mondo criminale?
«Voglio stare con te, Spencer.» disse improvvisamente, guardandola stranamente serio; la vide morderai il labbro inferiore e scuotere la testa.
«Spero tu abbia capito la gravità della situazione; non potremo tenere segreta per sempre una relazione simile è tuo padre potrebbe non prenderla affatto bene.»
«Ammiro il tuo preoccuparti del rapporto tra me e mio padre, ma questa è la mia vita, non di certo la sua»
La vide sospirare per l'ennesima volta prima di fermare l'auto davanti Villa Agreste e guardarlo con un ampio sorriso in volto.
«Va bene, ma da oggi smetterò di essere la tua guardia del corpo»
Adrien non trattenne un sorriso brillante e cercò di baciarle nuovamente la guancia, cosa che l'altra evitò prontamente, scendendo dall'auto e dirigendosi verso il cancello d'ingresso, seguita dal piccoletto.
Gabriel era all'ingresso, pronto ad attendere i due ed osservandoli dalla testa ai piedi, come se volesse scrutarli dentro.
«Come mai siete tornati così presto?»
«Signor Agreste; volevo ringraziarla per ciò che ha fatto per me, ma non mi reputo in grado di essere la guardia del corpo di vostro figlio. Non voglio mischiare lavoro con la vita personale, quindi vorrei fare le dimissioni»
A quelle parole il padre di Adrien inarcò un sopracciglio, non avendo del tutto chiara la situazione ma con mille domande in testa.
«Che intende con questo?»
«Sono molto amica di vostro figlio e non sarebbe corretto da parte mia prendere uno stipendio per sorvegliare la persona che mi piace.»
Adrien sgranò gli occhi e boccheggiò parole sconnesse, incredulo a causa delle parole della ragazza; davvero gli aveva detto una cosa del genere? A Gabriel Agreste? Aveva affrontato apertamente suo padre come se fosse la cosa più normale del mondo?
«Mi permetta di controbattere e non reputarla all'altezza; non ci tengo ad avere un criminale in famiglia.»
«È sicuro di non averlo già, Signor Agreste?» lo vide sgranare gli occhi alle sue parole e roteò i propri, arricciando il naso in attesa che l'altro rispondesse.
«Cosa sta insinuando?»
«Io non sto insinuando nulla, semplicemente le ho posto una domanda»
Prima che potesse continuare, liquidò i due con un gesto della mano, voltandosi e stringendo gli occhi; che lei avesse capito? Non era possibile, come avrebbe fatto?
«Signorina Laurentis, la invito a continuare a tenere d'occhio mio figlio, siccome starete spesso insieme non dovrà essere un problema.»
Adrien corse incontro all'uomo, abbracciandolo da dietro e sorridendo, poggiando la fronte sulla sua schiena.
«Grazie Papà... Sono felice che tu abbia accettato una delle persone a cui tengo particolarmente»
E con quelle parole prese la mano della ragazza, trascinandola al piano di sopra e nonostante fosse una situazione scomoda per lei, tenne gli occhi fissi in quelli scuri dell'uomo; non la convinceva affatto ed il sentimento era reciproco.
Qualcosa le diceva di non fidarsi, di tenere gli occhi aperti e non sapeva definire cosa; con un sospiro si richiuse la porta della camera del biondino alle spalle, ritrovandosi catapultato nella sua vita ed in tutto ciò che la caratterizzava.
DVD, videogiochi, un biliardino, un piano e tantissimo monitor posti allo stesso computer; papà Agreste non faceva mancare nulla al suo adorato figlio se non la presenza di un padre.
Il giovane lanciò lo zaino in un angolino, prima di fare lo stesso con quello di Spencer ed abbracciarla; la ragazza notò la notevole differenza di altezza e borbottò un "grazie tante, papà", pensando che aveva ereditato l'altezza dai suoi nonni paterni nonostante suo padre fosse un uomo alto e sua madre lo era in passato.
Il flusso dei suoi pensieri venne interrotto dal ragazzo che le stava accarezzando teneramente la nuca ed i capelli, passando di tanto in tanto le dita fra quelle ciocche; dopo essere stati in quella posizione per interminabili minuti, il ragazzo attirò la sua attenzione scostandosi e mormorando un "dai Plagg, accontentami".
Un attimo dopo si ritrovò uno strano esserino fluttuante poco distante dal proprio viso e Spencer non riuscì a fare a meno di sgranare gli occhi e balbettare parole sconnesse.
Che cos'era quel cosino nero?

Sciogli i tuoi capelli, principessa|Chat NoirDove le storie prendono vita. Scoprilo ora