12.

367 19 3
                                    

Il rumore che fanno le suole delle mie scarpe che sbattono contro le fredde e dure pietre di Approdo Del Re, echeggia tra le pareti entrando minaccioso nelle mie orecchie provocandomi un mal di testa insopportabile.
La mattina è calda: i raggi del sole entrano dalle aperture che si trovano per le scale, caldi sulla mia pelle, ma continuo a sentirmi fredda.
É passato tanto di quel tempo da quando i miei capelli ancora erano delle cortissime spighe di paglia che padroneggiavano la mia testa. Ora cadono sulle mie spalle dei boccoli dorati, tipici dei Lannister, per volere, ovviamente, di mio padre.
Joffrey ha raggiunto l'età adatta per padroneggiare il trono di spade, ma continua ad avere le idee stupide e patetiche di un adolescente. Jaime gli sta affianco e continua a comportarsi da vero padre, anche se lo vedo quel leggero strato di sofferenza che copre i suoi occhi quando si sente chiamare "zio" da suo figlio.
Passo per le cucine e noto che tutti sono già in fermento per preparare il banchetto di questa sera.
Pare che la ragazzina Targaryen e suo fratello si stiano dirigendo ad Approdo del Re, ma con qualche anno di ritardo dal funerale del loro fratello maggiore.
Mi dirigo nel tempio di Baelor per pregare gli Dei, come ogni mattina, nonostante loro non siano decisi ad ascoltarmi. Cerco di farmi forza e pregare per me e Jaime, anche se ultimamente prego solo per la sua mano assente e prego perché loro possano dargli lo stesso talento nella mano sinistra.

Le parole di Tyrion continuano ad echeggiarmi nella testa, come se fossero delle piccole mosche in fermento.

"Cersei, guarda che l'ho capito, sai? L'ho visto come vi guardate tu e Jaime. Sarò anche nano, brutto e odorante di vino, ma non sono cieco, nonostante le mie iridi non abbiamo entrambe lo stesso colore". Quel piccolo mostriciattolo continua a versare del vino nella sua coppa, mentre io lo guardo in modo distante, assente.
"E con questo?" Non riesco neanche a negare per quanto forte possa ardere il mio sentimento per lui.
"Considerala come... una mia garanzia". Mi minaccia finendo di scolarsi il vino che aveva versato poco prima nella propria coppa, per poi dileguarsi. Da quel giorno non ho visto più il suo orribile naso mozzato tra le mura.

Finito di pregare, le mie guardie mi accompagnano nelle mie stanze, dove chiedo immediatamente un bagno caldo con tanto di odori agli agrumi e sali da bagno.
Do un'occhiata fuori dalla finestra, la stessa che da sul cortile, dove incrocio lo sguardo di Jaime, intento ad allenare la sua mano sinistra.

Le mie serve mi aiutano a togliere tutti i vestiti che indosso e una di loro li porta subito nel piano di sotto dove poi li avrebbero lavati e stesi.
"Deve essere dura per voi perdere un marito così giovane". Dice una mentre inizia a strofinarmi la pelle talmente forte da farla arrossire.
"Oh, ma vedrete mia signora, ci saranno molti uomini disposti a chiedervi la mano, ne sono certa!" Aggiunge l'altra che mi strofinava dolcemente i capelli con del sapone agli agrumi, come per riassicurarmi. Ma in realtà ne sono pienamente consapevole che ci sono uomini, fuori queste mura, che sono disposti anche a tagliarsi un arto, se servisse, per consegnarmelo in dono, ma l'unico dono che sono disposta ad accettare davvero è quello di Jaime.
Buffo, comunque, come il discorso continui a distanza di anni. Forse perché pensano che adesso, senza mio marito al mio fianco, io mi senta sola, forse mi sarei sentita sola, smarrita, distrutta,... se si fosse trattata della morte di Jaime, forse sarei morta con lui sia moralmente che fisicamente perché troppo grande il dolore che mi sarei portata dentro, forse è questo che tutti si aspettano.

Scelgo un abito da sera, adatto ad una donna di alto rango, che le mie serve aiutano ad infilarmelo, dopo aver esageratamente stretto il mio corsetto.
Mi specchio, mentre altre di loro mi acconciano i capelli in due grandi trecce che poi legano sopra la mia testa. Mio padre non aveva accettato il fatto che una signora come me, sua figlia, potesse avere un'acconciatura da uomo. Lui ne è consapevole che io ho sempre desiderato essere uomo, per questo motivo gli dava fastidio vedere i miei capelli in un taglio simile. Però adesso non ha più importanza. Gli dei sono sempre stati crudeli con me e sono nata donna, per questo ho imparato a conoscere e ad accettare i poteri e le armi di una donna.

Mi trovo nella Sala Grande, circondata da cavalieri, lord e le loro mogli, intenti a prendere posto intorno ai tavoli di legno di quercia lavorato, sopra i quali ancora ci sono solo boccali di vino e delle coppe sparse per tutto lo spazio disponibile, ancora senza compagnia.
Prendo posto sul piccolo trono proprio accanto a quello centrale, dove c'è ancora l'assenza di Joffrey. Nel trono che si trova simmetricamente al mio, si siede mio padre, pronto a scrutare ogni minimo dettaglio con il suo sguardo freddo e penetrante.
Mio fratello Jaime è seduto proprio accanto a me, ma per lui v è un trono più piccolo del mio, datogli dal titolo guadagnatosi come Capo delle guardie.
Infine per Tyrion, gli è stato riservato uno dei posti che si trovano lungo il nostro tavolo, dato che l'unica cosa che ha di alto rango è il titolo di Lannister, e poi gli è possibile ingollarsi molteplici coppe di vino e far scivolare le sue tozze e schifose mani lungo le cosce delle servette che servono le portate del banchetto, con non troppa visibilità.

La noia già riesce a prendere il sopravvento sulla mia mente, ma non permetto di farle prendere anche il controllo del mio corpo, perciò resto immobile aspettando l'arrivo degli ospiti.

Il Maestro Pycelle entra lentamente nella Sala Grande, cercando la mia attenzione dato che il re ancora non è pronto per ricevere messaggi. Sicuramente mio figlio ha preferito guardare il suo riflesso nello specchio piuttosto che riceve Pycelle.

"Mia signora, gli ospiti sono pronti a riceverla nella Sala del Trono". Mi sussurra all'orecchio, per poi dileguarsi.

Cammino a passo molto svelto per raggiungere la Sala del Trono, tenendo il mento alzato e i lembi del vestito per evitare di inciampare.

"Allora sposiamoci. Ti prego, Cersei, sposami".
"Quale folle riesce a fare questa proposta alla propria sorella?"
Lui con un ghigno disegnato sul volto, si avvicina al mio orecchio, tanto per sentire il suo fiato caldo sul collo. "Io" mi risponde, ripendendo ad accarezzarmi sul ventre, questa volta.
"Oh, fratello, quanto vorrei accettare, ma..."
"...ma un piano già riesce a nascere nella mia mente. Ci sposeremo Jaime, è una promessa".

Riesco a raggiungere la sala senza troppe difficoltà, con un sorriso malizioso disegnato sul volto.

La sposa sbagliata. #Wattys2019Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora