18.

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Il grande Twyn Lannister, vestito con un'armatura oro colorata in alcune parti di rosso, giace disteso su un manto nero decorato da una cornice di ricami dorati. La sua testa poggia su un morbido cuscino di velluto nero, altrettanto decorato con dei ricami in oro. 
Sui suoi occhi chiusi vi sono poggiate due pietre con sopra disegnati degli occhi con delle iridi verdi smeraldo, tipiche dei Lannister. Perfino gli occhi disegnati sulle pietre riescono ad essere più vivi rispetto ai suoi reali occhi. 
Mi avvicino alla sua testa e ne bacio la fronte, forse l'unico bacio che ho mai dato a mio padre per tutta la mia vita fin che io ne ho memoria. Dopo di me, Jaime fa lo stesso.
Il suo corpo è ricoperto da oli profumati che si diffondono in tutto il tempio affinché possano coprire al meglio l'odore della morte. 
Jaime, fermo accanto a me, ha anche saltato il suo allenamento quotidiano per stare vicino a sua sorella e nostro padre. Quest'ultimo si meritava proprio di morire da solo, ma in questo momento voglio stargli vicino più tempo possibile, perché vederlo così, sembra quasi una persona amorevole. 
Mio marito e la sua sorellina non si fanno vivi neanche adesso che c'è il funerale del suo vecchio Primo Cavaliere. Chissà in che guai si sono cacciati.

Dopo aver pregato per mio padre, mi reco nelle stanze di Varys, bisognosa di informazioni.

"Mia Signora, perché non andiamo nei Giardini a fare due passi?" Mi invita lui, con la sua solita vocina aggraziata.

Lui mi prende sottobraccio. 
"Voglio sapere tutto sui due Targaryen, tutto. I loro movimenti, le loro usanze, i loro cibi preferiti,... tutto."

"Avete fatto una buona scelta a venire da me. Per prima cosa, so che dormono insieme, ma penso che ciò sia irrilevante, Mia Signora..."

L'eunuco mi provoca, aspettando una reazione di sorpresa da parte mia, tuttavia non reagisco affatto. So benissimo che lui sa qualcosa e so anche che, come sta cedendo così facilmente delle informazioni a me, le può cedere a chiunque altro con la stessa facilità.
Non che mi interessi. Ormai si pettegola su di me e Jaime ogni giorno, che differenza fa se quelle voci diventano realtà? 
E poi, se il mio piano dovesse andare come voglio io, non importerebbe più granché se la gente sa o no.

"Varys, l'ho già detto, mi interessa tutto. Dove sono posizionate le stanze della ragazzina Targaryen e di suo fratello?" 

"Dalla'ala opposta alla vostra, Mia Signora."

"Bene. E quali stanze affiancano le loro?"

"Solo quelle dei servi dei due e delle ancelle di lei, Mia Signora."

"Sai qualcos'altro di interessante, Varys?"

"Non adesso, ma posso chiedere ai miei uccelletti di indagare, se volete."

"Si, lo voglio."

Dopo esserci fatti un altro giro nei Giardini, parlano del più e del meno, mi affretto ad arrivare nelle fucine.
Attraverso tutti i fabbri che sono concentrati nello sfornare armi pregiatissime, facendomi strada tra tutti i tavolini di legno dove sono poggiate cataste di lame pronte ad essere lavorate. Stringo il cappuccio sulle guancie, così che nessuno possa riconoscermi.
Apro la porta che si trova infondo alle fucine e faccio irruzione di soppiatto. All'interno, come pensavo, ci sono numerosi uomini incappucciati che attorniano il tavolo di mogano. Tutti che si differenziano tra di loro per altezza e corporatura, tuttavia, l'abbigliamento è lo stesso.
Come pensavo, l'uomo che è venuto nelle mie stante è solo un loro messaggero.
Levo il cappuccio dalla testa, poggiandolo morbidamente sulle spalle.

"Mia Signora, è pronto." Dice uno di loro con la voce soffocata dal cappuccio, mentre scosta delle tende da quelli che apparentemente sembrano barili.

"Bene." Mi avvicino ad essi. "Come posso vedere cosa contengono?"

Uno di loro apre la valvola e ne fa uscire del contenuto verdastro che fa cadere all'interno di una coppa.  
Dopo aver verificato la "pozione", getto sul tavolo un sacco pieno di monete d'oro che appena poggiano sulla superficie emettono un rumore assordante sbattendo tra di loro. 

"Agirete in questo modo..." 

Dopo aver spiegato dettagliamente il mio piano agli uomini incappuciati, mi dileguo nello stesso modo di come sono andata, dicendo loro come una sorta di raccomandazione: "Spero che tutto quell'oro voi possiate spenderlo per delle buone cose." "Come ho fatto io." 

Quando il sole è ormai sceso per dare posto alla luna, Jaime entra nella mia stanza silenziosamente. 

"E' stata una giornata faticosa." Afferma massaggiandomi le spalle con la sua mano sinistra. 
Come dargli torto! Però mi sento sollevata adesso come non mai.
Mi giro di scatto per coglierlo di sorpresa, riuscendoci. Stringo il suo viso tra le mie mani e lo avvicino al mio, così da poter far baciare le nostre labbra e far intrecciare le nostre lingue.
Tutto questo al chiarore di luna, proprio davanti alla finestra. Ormai non importa più nascondersi, sono libera dal fato e libera da ogni restrizione ora che mio padre non è più qui con noi ed ora che, per una buona volta, gli Dei sono dalla mia parte.
Mi sfila delicatamente la camicia da notte, facendola scivolare per tutto il mio corpo e facendola atterrare sul pavimento, perciò la scosto con i piedi.
Io faccio lo stesso con le sue vesti. Slaccio il cinturone, slego i nodi della sua camicia e gliela sfilo dolcemente mostrando i suoi addominali duri e scolpiti su cui vorrei dormire ogni notte per l'eternità.
Adesso che siamo nudi come vermi siamo pronti per amarci tutta la notte, desiderosi che gli Dei ci ammirino e ci riconoscano come i due amanti che hanno sconfitto il fato.

Mi sveglio di soprassalto, a causa delle lamentose urla provenienti dai corridoi di tutto il castello. Jaime, pronto con la spada in mano, guarda confuso verso la finestra, dove gigantesche fiamme verdi illuminano il cielo scuro, bruciando parte del castello. 
Indosso immediatamente la camicia da notte e raccolgo i miei capelli in una lunghissima treccia con molta calma.

"Era questo di cui mi parlavi?"

La sposa sbagliata. #Wattys2019Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora