I-Fa, Ammira.

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Suo padre mantenne la promessa, al suo quinto compleanno le regalò la collana che lei tanto bramava. Quelle volte in cui il padre metteva piede nella loro piccola casa di legno ad Oslo, lei alzava lo sguardo fino al petto di lui, fissava i serpenti intrecciati fra loro: smeraldo erano le loro squame, i loro occhi, rubino di uno, d'oro dell'altro, fissavano la sua piccola figura, la sua pelle chiara e liscia, morbida di gioventù, che si modellava sullo scheletro dai lineamenti graziosi e particolari, di una bellezza non comune.

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Si ritrovava a mormorare davanti al genitore, il quale lasciava che le sue labbra si sendessero in un sorriso lieve; le carezzava la testa con le lunghe dita, intrecciava i capelli morbidi e scuri fra i polpastrelli.
Loki non amava ripetersi, la bambina non poteva ricordare quella promessa fatta alla nascita, per questo rimaneva zitto, lasciava parlare le sue agili mani da bugiardo, anche perché le parole gli servivano a ben altro.
La figura del dio, la si vedeva spesso, ma per poco tempo. Perseguitato dagli dèi che sedevano sul trono di Asgard, perdeva quel poco tempo che aveva a disposizione per rimanere con sua figlia, a mormorarle nell'orecchio le basi della loro cultura, le loro storie, la loro tradizione, quello che era giusto e sbagliato:

-Asi e Vani, sono la nostra rovina Ásfríðr. Temono me, temono te, temono il nostro potere e tutta la nostra stirpe. Loro verranno uccisi, e la nostra famiglia divverrà la prima, l'unica. Io andrò sul trono di Asgard e mia sarà.- quando pronunciava quelle parole, il dio con la figlia fra le braccia, respirava lentamente, puntava lo sguardo altrove, si perdeva nei suoi pensieri e quando la bambina chiedeva lui:

-Ed io?-
lui rispondeva distante
-Tu sarai al mio fianco, ma solamente se sarai in grado di guadagnarti la mia fiducia. -

Ma l'aveva già conquistata.
Era una bambina intelligente, assimilava tutto ciò che le veniva insegnato e lo metteva in pratica con particolare mestizia.
Aveva imparato che il lavoro di sua madre era recitare, il che voleva dire fare il cantastorie, interpretare persone nuove ogni giorno in un teatro diverso, davanti alle macchine da presa che catturavano le immagini per portarle davanti a schermi immensi, quelli del cinema, oppure schermi più piccoli, quelli della televisione.
Aveva imparato che era questo il motivo per cui rimaneva sempre da sola a casa, con una donna sconosciuta di nome Sigyn: non era cattiva, era buona con lei, ma litigava spesso con sua mamma, il motivo non lo aveva ancora capito.

-Tua mamma è una sciocca. – diceva dopo ogni lite – Non capisce i pericoli che corri. Non capisce niente. – si inginocchiava di fronte a lei, la afferrava per le spalle piccine – Non capisce niente, e tu non la meriti.-

Anche il padre litigava spesso con sua mamma, alzava la voce così tanto, lasciando che si diramasse nelle pareti e nelle ossa della figlia, rimbombando fra le sue orecchie e facendola tremare di paura negli angoli della casa dove si nascondeva, per ascoltare le loro discussioni, curiosa, cercando di imparare qualcosa.

- SEI UNA CRETINA! PARLARE DI NOSTRA FIGLIA, COSI' IN TELEVISIONE, RIVELARE LA SUA IDENTITA' AL MONDO INTERO! RIVELARE AI MIEI NEMICI I MIEI PUNTI DEBOLI!
DOVREI SOLAMENTE UCCIDERTI! PORTARTI VIA ASTRID! NON SEI UNA BUONA MADRE PER LEI! SPERO CHE LEI LO CAPISCA DA SE'!-

Sì, lo capì da sé.
Per questo ad ogni suo rientro a casa, Francis Rose Barker, non riusciva a ricevere neanche un abbraccio da sua figlia, che la guardava torva, le dava forzatamente un bacio sulla guancia, per poi scappare fra le braccia di Sigyn, chiedendole un'altra storia di eroi ed eroine della loro terra.

Astrid amava suo padre e odiava sua madre. Come non aveva sopportato stare un mese di più nel suo grembo non aveva sopportato la sua presenza, il suo amore. Spesso quella le diceva di far amicizia con i bambini del suo quartiere, sempre, Astrid faceva il contrario, rintanandosi in casa, a giocare da sola, a sfogliare i libri che il padre gli regalava, senza avere la capacità di leggere qualcosa, si limitava a guardare le figure, le lettere latine e runiche, che sapeva distinguere solo dalla forma ma non decifrarle.
Per questo, Francis Rose, il giorno del suo quinto compleanno organizzò una grande festa a sorpresa nella loro casa in una delle belle vie di Oslo. La bambina era andata a giocare fuori all'aria aperta, accompagnata da Sygin, ma quando rincasarono, attraversando la porta di casa, furono travolte da un boato di auguri, coriandoli e facce di sconosciuti.
La bambina era confusa e spaventata, la donna alle sue spalle ribolliva di rabbia.
Ad Astrid non piaceva la presenza di tutte quelle persone, ma la gratificava l'aver sulla loro bocca il suo nome, enunciato in mille toni di voce diversi. Fu presa dai bambini e coinvolta in giochi, che però non gradiva.
Fu festeggiata davanti ad un enorme torta di compleanno rosa, che trovò orribile.
Le intimarono di spegnere le candeline, e con la paura di esser travolta da quella folla di persone che la madre aveva riunito in salotto, lo fece senza pensare, e proprio qualcuno, in quel preciso istante, da lontano urlò: - Esprimi un desiderio!-

OPHISWhere stories live. Discover now