Uomo, donna.
Donna, uomo.
Scorreva le dita lungo il collo, i polpastrelli accarezzavano la sua stessa pelle in una sensazione di piacere e voluttà. Si guardava, nuda, davanti lo specchio, il corpo acerbo, braccia e gambe sembravano ancora disegnate con la precisione del tratto di un architetto: le sue gambe e le sue braccia sembravano le vie della perfetta urbanisitica romana, strade sottili che portavano dritto al centro del suo corpo, fino al petto, il cuore, che pulsava sotto strati di carne viva, che ancora doveva modellarsi, piegarsi alle volontà del naturale svolgimento delle cose.
Non c'erano curve, non esistevano, era ancora fin troppo ragazzina per averne, le spalle, i fianchi erano linee dritte e sagomate, il suo viso forse, aveva ancora qualcosa della bambina che trascorreva il suo tempo nei boschi limitrofi a Oslo: le guance rotonde, le labbra carnose ancora ingenue, i suoi grandi occhi a mandorla che brillavano ancora della curiosità infante, il viso come ancora coperto da una giovinezza che riempiva il cuore degli adulti di nostalgia, che la rendeva più bella, desiderabile. Erano i lunghi capelli scuri, che sembravano darle degli anni, renderla più grande, ma era anche il suo sguardo, il suo modo di porsi e parlare: era già sfiorita la giovinezza sotto quella chioma perfetta, che provocava invidia nelle sue compagne.
La testa si piegò di lato, osservò ancora il suo corpo nudo e crudo, girò su sé stessa e si osservò ancora, ancora, ancora."Il corpo pecca una sola volta e supera subito il peccato, perché l'azione è un modo di purificarsi. Allora non rimane più nulla, salvo il ricordo del piacere, o il lusso di un rimpianto. L'unico modo di liberarsi di una tentazione è abbandonarvisi. Resisti, e la tua anima si ammalerà del desiderio delle cose che si è proibite, di passione per ciò che le sue stesse mostruose leggi hanno reso mostruoso e illegale. Si è detto che i grandi avvenimenti dell'umanità si sviluppano nel cervello. Ed è anche nel cervello che si verificano i grandi peccati dell'umanità. Lei, signor Gray, lei stesso durante la sua purpurea gioventù, durante la sua candida adolescenza, ha avuto passioni che l'hanno spaventata, pensieri che l'hanno riempita di terrore, sogni e fantasticherie il cui semplice ricordo dovrebbe farla arrossire di vergogna…"
Aveva imparato quelle parole a memoria, e ancora sembrava che Lord Henry Wotton gliele momormorasse al suo fianco: lei era Dorian Gray, ipnotizzata delle parole di Oscar Wilde, espresse tramite quel personaggio tanto controverso a cui tanto sembrava esser affine.
E arrossì veramente di vergogna: fantasticherie, le passavano per la testa.
Compì un mezzo giro ancora e si fermò improvvisamente, osservò il suo profilo, a labbra schiuse e le pupille rotolarono fra la morbida pelle di gioventù.
Delle mani la presero dalle spalle, la voltarono ancora, le fecero completare il giro: mani da uomo, che ora le scanzavano i capelli, aggiustavano la catenina d'argento, mettendo in bella mostra fra i seni il simbolo del padre."Al giorno d'oggi la maggior parte della gente muore come se fosse subdolamente colpita da un attacco di buon senso. Solo quando è troppo tardi si accorge che le uniche cose che non si rimpiangono sono le proprie follie."
Quella voce calda, tranquilla, fu accompagnata da una carezza lungo il petto, una carezza lungo la spina d'orsale, che la fece rabbrividire.
Si guardò ancora nel suo riflesso, si guardò alle spalle: niente, nessuno.Era una follia, un pensiero folle, forse un capriccio, ma sembrava aver ragione: a che serviva rimpiangere le proprie follie?
Il suo dissennato pensiero fu di vedersi priva di seno, priva dei suoi attributi femminili, per un secondo si era vista più alta, con i fianchi dritti e squadrati, le gambe meno delicate, il petto piatto, il collo lungo solamente più robusto, il suo viso segnato da una mascella più pronunciata, i capelli più corti e fra le gambe dei genitali maschili.
Le sue mani scorsero ancora sul suo corpo, toccarono la pelle più incisive, quasi potesse togliere quel suo aspetto come un velo. Le sue mani sarebbero diventate meno delicate, più grandi, forse perfino più rozze.
Perché soffermarsi a pensarlo?
Perché non farlo?
Lo voleva, era la sua follia, non la voleva rimpiangere in eterno.
Lo voleva, lì, ora, adesso, subito.
E accade, semplicemente, forse perfino a fatica ma successe: i suoi lunghi capelli neri, le solleticarono le spalle, mentre mano a mano diventavano più corti, le mani che a coppa riprendevano le forme dei seni si appiattirono su propri capezzoli, le sue spalle diventarono più larghe, senza perdere la loro gracilità, i fianchi si allargarono diventando un tutt'uno con il busto, le gambe erano aitanti malgrado la loro magrezza. Le mani, più grandi, non così rozze come si aspettava scesero a coprire le intimità che non era abituata a sentire o a toccare sul proprio corpo.
Le sue iridi algide si scontrarono nella propria immagine, e si riconobbe improvvisamente in quel fisico estraneo con uno sguardo: il naso lungo, dritto, che finiva lievemente all'insù, le labbra carnose, sopracciglia, fronte, zigomi erano rimasti gli stessi, e sembravano essersi adattati a delle linee meno morbide, dure, ben marcate.
Deglutì, sulla sua gola andò su e giù il suo pomo d'adamo. Alzò il collo, i capelli corvini si ribaltarono all'indietro, osservò quella pallina fra la gola, la toccò con le dita, sorrise, sorpresa: e chi se lo aspettava?
Rise perfino, e si rese conto che la sua voce aveva delle note più basse, profonde: non era ancora la piena voce maschile.
Aveva piegato la natura al suo volere e ne era felice.
Gli piaceva quel corpo, gli piacevano quelle sembianze, le adorava quando le sue forme femminili.-Non puoi chiamarti Astrid. -
Mormorò al proprio riflesso, le dita toccarono e sporcarono lo specchio, lei sorrise in attimi di silenzio. Il nuovo nome fu come se gli giungesse dalle spalle, un sussurro di quella intensa voce:
"Aster."
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OPHIS
General FictionLa vita è una sensazionale melodia di morte, si può esser musicisti o strumento. Si può scegliere di esser la graziosa mano che si adagia fra le corde, si può esser in balia di quelle mani, che venerate come dee dell'amore, ci permetteranno di esser...