7 - Di cavalli e formiche, Il Grigio Savio, Il Falso Profeta

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CANTO XVIII - DI CAVALLI E FORMICHE

Orfeo abbassò il braccio fantasma in quella forma di scudo in cui si era modellato. Una folata gettò nebbia addosso ai centauri, quando si fu diradata le lance erano abbassate, i corpi immobili.
Fece un passo, lo scudo si ritirò, le sentinelle non si mossero; increspature rigarono la superficie del Nulla seguendo il ritmo del cuore, calmandosi nei secondi in cui rimase fermo a guardarli, poi Pegaso gli trotterellò accanto con le orecchie basse e gli occhietti all'insù fermandosi davanti all'imboccatura della grotta.

Segui il tuo compagno, quivi non c'è pericolo.

Il felide trasalì al suono di quel pensiero estraneo, formulato con la voce di Furr'Mao-Rri trasformata in quella di una cucciola crudele: tu mi stai parlando...
Noi siamo te adesso. Una corrente d'aria gli gettò addosso puzza di serraglio, pesante e appiccicosa mentre si avvicinava al dragoide, quando rialzò gli occhi i centauri erano spariti.

trillò il Nulla rimettendogli le gambe in movimento.

~-_'•

L'odore di stalla era intenso all'interno della cavità, che era rischiarata da torce fissate su entrambe le pareti di un tunnel abbastanza largo da permettere il passaggio di un carro. Un centinaio di iarde più avanti una svolta nascose il chiarore dell'esterno, subito dopo rumore di zoccoli lo fece scattare ad un cornicione che correva parallelo al sentiero quindici piedi sopra la sua testa: le forme dei centauri in fila indiana erano nitide e bianche nella vista al negativo, si bloccarono con le lance strette fra pugni grossi come la sua testa, poi ripresero a trottare sparendo dentro un'altra apertura. Il rumore degli zoccoli si perse in lontananza.
A disagio Orfeo riprese a camminare fiancheggiato da Pegaso, minuti più tardi odore di acqua attenuò quello di bestie accompagnato dallo scrosciare di un ruscello, che scivolò e si attenuò oltre il limite della vista all'allargarsi del passaggio in una camera più ampia: il suolo era scheggiato da tracce sovrapposte di passaggi ripetuti, le fiaccole segnavano la strada infisse a colonne di roccia che sparivano verso l'alto e il nuovo imbocco, dalla parte opposta della caverna, era più stretto; poco più avanti la galleria si strozzò ulteriormente e all'odore di stalla si unirono quelli di legna bruciata e carne arrosto.

Lo stomaco del felide brontolò mentre accelerava; il budello iniziò a salire, tornò in piano, si abbassò, quindi un chiarore frastagliato calamitò i suoi occhi sopra la luminescenza oleosa delle fiaccole.
Si mise a correre, il chiarore ingrandì, il suono di un corno lo raggiunse: neve turbinava nell'aura bianca della luce, l'attimo successivo uscì allo scoperto...ritrovandosi davanti a lance puntate e musi corrucciati.

~-_'•

Al centro dello schieramento dei suoi simili, un centauro fulvo alto dodici piedi¹ sollevò un braccio che era spesso due spanne e una sarissa come il tronco di un alberello. Fasce di bronzo avvolgevano i suoi arti e un pettorale gli copriva il torso tenuto allacciato da quattro catene: non riusciva a nascondere il reticolo di cicatrici che si estendeva fino al muso, invaso da una fitta lana color ruggine di barba e capelli che si confondevano.
Occhi giallognoli striati di rosso si spalancarono sotto un elmo sghimbescio, un nasone paonazzo soffiò nuvolette che puzzavano di vino. "*FROMMM!* PER LE PALLE DI MIO PADRE! Chi sono questi sgorbi?!?".

Risate grossolane si sollevarono insieme al pelo lungo la schiena. "Na-Rukkai, accarezza il gatto!" nitrì un animale appena un po' più piccolo, dal manto color crema e un pizzetto intrecciato che gli arrivava a metà petto; il centauro fulvo sghignazzò scattando con la sarissa, Orfeo si scansò e sollevò il braccio fantasma: il legno ferrato arse come paglia al semplice contatto con la superficie del Nulla.

Orfeo ed Euridice: del perduto AmoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora