13 - Resiliente Solitudine, La Nera Tessitrice

144 5 18
                                    

CANTO XXXIV - RESILIENTE SOLITUDINE

Ogni cosa era cambiata. Ogni cosa era perduta.

Aracne fissò il vuoto desolato del suo sancta sanctorum: la voce della tempesta irrompeva da finestre un tempo chiuse da pannelli di alabastro, scuoteva battenti divelti di bronzo alti quaranta piedi, sibilava attraverso i muri dell'antico sacrario di Zéus minati dall'avanzare inesorabile dei millenni. Turbini di neve danzavano nell'ampia camera quadrangolare come un sipario granuloso che si alzava e si abbassava su bassorilievi sfregiati, statue mutilate, fregi corrosi, are spaccate: reliquie di tempi remoti quando Sogno e Mito erano reali, quando Dei ormai obliati calpestavano il suolo del mondo mortale; colonne di ghiaccio bluastro che avevano riflesso da allora le orge della Nera Tessitrice con sé stessa, restituivano adesso, specchi impietosi, l'immagine affranta di qualcuno che ha scoperto cosa siano sconfitta, caduta e abbandono.

Padrone, dove sei? Perché mi hai lasciata sola?

Ogni cosa era cambiata dopo la liberazione dei Titanès, il cui avvento aveva fatto da sudario alla sua era: nel tentativo di contrastarli aveva riversato la forza di Mi-Ón sul mondo...e nel confronto Mi-Ón era stato annichilito, il contatto col Sire AD3, reciso; e lei, Aracne, la signora di Élade, la guardiana del Tempo dei Mortali, lei avrebbe soltanto dovuto e voluto cessare di esistere, e riunirsi così col suo padrone creatore per contemplare la morte fredda del mondo: null'altro chiedeva a compimento del supremo sacrificio...e invece, per qualche motivo, era sopravvissuta alla sua stessa disfatta soltanto per ritrovarsi sola, svuotata, obliata a sua volta. Questo non è possibile!

Sopraffatta dalla frustrazione, la semidea zampettò giù dal trono e graffiò le pietre ghiacciate del pavimento nel tentativo spasmodico di evocare manifestazioni della sua essenza: ma nessun essere a sua immagine e somiglianza venne creato, nessuna entità con cui intrattenersi come aveva fatto nella solitudine degli eoni, poiché anche gli Infiniti possono soffrire del male oscuro che accompagna il trascinarsi di un'esistenza fine a sé stessa...e ora più alcun trastullo fittizio sarebbe giunto ad allietarla, perché ogni cosa era cambiata.
Lei era sola adesso.

PADRONE! Che cosa è accaduto???

Nessuna risposta: nessuno da cui ottenerla; e quando tentò - ancora, ancora, ancora e ANCORA - di controllare il Nulla, la Nera Tessitrice non vi riuscí...semplicemente perchè non c'era più Nulla da controllare.
"QUESTO NON È POSSIBILE!!!" sbraitò sentendo i suoi numerosi occhi inumidirsi, atroce sensazione per lei aliena in risposta alla disperazione che le montava dentro. "Padrone dove sei! Padrone! DIMMI COSA DEVO FARE!!!".

Alcuno rispose a quell'invocazione gonfia di cordoglio, tranne la voce bianca della tempesta, nel gelo di quel sacello spoglio, sulla cima di quel regno vuoto, all'apice di un mondo che aveva soltanto rallentato il suo disfacimento invece di cedere all'entropia come a un Destino inevitabile.
Aracne si afflosciò, orrido sacco nero, singhiozzando lacrime corrosive.

~-_'•

Orfeo guardò Pegaso che sfumacchiava soddisfatto dopo essersi sbafato il pezzo di pseudocarne: non altrettanto, il suo stomaco rumoreggiò mentre il dragoide gli appoggiava il muso in grembo; sorrise accarezzando le sue scaglie, gocce traslucide brillarono nel pelo della zampa sana e un fremito lo solleticò: io sono immortale...
...e tu ti stai prendendo tutto quanto, non è così?

Orfeo ed Euridice: del perduto AmoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora