2 - Incontro, Serpidi, Dolore

173 26 46
                                    

CANTO III - INCONTRO

Orfeo guardò i trojan selvaggi che gli correvano incontro, il manto crespo di eccitazione dalle orecchie alla punta della coda.
Il flauto traverso diventò uno zufolo e le note rigarono l'aria del pomeriggio di ondulazioni verdi e turchesi, gialle e porporine; il branco avvinto lo circondò in un anello tumultuoso, si divise, si raggruppò come un mare in tempesta di colli e code, di schiene e zampe, e mentre riprendeva la sua galoppata verso l'orizzonte una bestia dalla stazza imponente se ne staccò seguita da altre più piccole: uno stallone e le sue giumente, che si fermarono, inquieti, davanti a lui.

~-_'•

Il piffero si plasmò in un violino, lo stallone scalpitò e il musico modulò armonie avvicinandosi alla bestia: lo sguardo dell'animale, che sostenne, era fiero e magnetico il manto di un viola intenso, profondo, la criniera madida accesa di sfumature turchesi. Vibrazioni scivolarono in un canto metallico e incalzante mentre danzava intorno agli animali...poi lo stallone alzò di scatto la testa al cielo, e fu allora che, imitandolo, Orfeo vide una figura alata planare su di lui.

La musica si troncò, lo stallone fuggì inseguito dal suo harem e il felide sentì le orecchie appiattirsi mentre l'essere lo sovrastava sbattendo ali lunghe nove piedi, allargando occhi verdi e rotondi; gambe sottili coperte di penne si distesero, su cui atterrò con una breve corsetta.

~ -_'•

Euridice abbassò le braccia e guardò il terricolo che la fissava, buffo e strano, coperto di piumette sottili color delle nuvole piovose, con quella faccia senza becco, quelle braccia senza ali, quegli artigli tozzi e inutili. Al petto si stringeva una specie di scatolina: non capiva cosa fosse.

"...che hai lì?" gracchiò; fece un passo e il terricolo indietreggiò di altrettanto: le sue piumette si sollevarono in una linea appuntita lungo le braccia e l'odore muschiato a della sua paura la raggiunse, non del tutto sgradevole. Si fermò a sua volta col cuore rapido.

"Chi sei tu?". La sua voce era strana come lui, bassa e tremula quanto la sua era acuta e netta; "Euridice!" rispose sorridendo, "Io vivo nel vento!". Dopo un momento il terricolo fece lo stesso sollevando appena appena le sue guanciotte paffute.

"Io sono Orfeo, e cammino sulla terra-".

"Un terricolo!".

"Un'alata".

"Sei strano...".

"...anche tu!".

"Che cosa hai lì?"

"Ho la mia musica! Ascolta!". Il terricolo avvicinò la scatolina a quella boccuccia piatta come una fessura...e il suono che aveva udito mentre planava tornò a solleticarla come un desiderio reso reale, caldo e avvolgente, impetuoso e irresistibile, profondamente diverso da qualsiasi cosa avesse mai udito in vita sua.
Un brivido la scosse drizzandole tutte le penne: l'attimo successivo le gambe iniziarono a muoversi da sole.

CANTO IV - SERPIDI

Orfeo conosceva gli esseri-uccello che volteggiavano fra le nuvole, ma mai nessuno era sceso dall'alto ad ascoltarlo: loro vivevano nella città con le gambe che solcava le praterie, che aveva incrociato spesso nel suo girovagare senza meta degli ultimi decenni, dove si erano rifugiati per sfuggire alla caccia degli antichi clan e dove erano rimasti, malgrado da secoli queste vie fossero state abbandonate.
Li aveva visti spesso da lontano, ma mai ne era stato avvicinato, dunque aveva pensato fossero immuni al suo canto e al suo incanto...ma, a quanto pareva, non era così.

Orfeo ed Euridice: del perduto AmoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora