12 - Solitaria Epifania, Immortale Fragilità, Inevitabile Resa

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CANTO XXXI - SOLITARIA EPIFANIA

Il vento oltrepassò la barriera indebolita del firewall e lo investì come un colpo di mazza; Orfeo indietreggiò, socchiuse gli occhi, sollevò il braccio davanti al muso...ed era bella la vista della conca glaciale nell'oro cristallizzato del giorno che muore.

Il felide risucchiò aria sottile scoprendo i denti al bassopiano che si svelava: strali di sole penetravano i turbini di ghiaccio sopra una distesa a perdita d'occhio di dune bianche, onde di uno sconfinato mare immobile da cui si staccavano guglie di roccia congelata scolpite in forme contorte dal vento dei secoli, in cui sprofondavano seracchi corrugati simili a colossali imbuti, attraverso cui si strappavano faglie oscure irte di punte come bocche affamate; e su ogni cosa dominava il mastio dell'abisso verticale spaccando in due il cielo e il mondo intero: era quello il suo obiettivo...e la vista che appariva e spariva dietro la bufera, per quanto meravigliosa, soltanto un altro ostacolo da superare.

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Il vento rinforzò, Pegaso lo raggiunse e lo guardò di sotto in su con le ali ripiegate: ma sfuggì i suoi occhi il falso profeta superandolo, il collo offerto ai fendenti delle raffiche, il cuore che rimordeva all'unisono dell'anima. Povero amico mio, non è posto per te questo! Perché ti infliggo una tale prova?

Rallentando respinto strinse il pugno alla cosa meravigliosa che scottava e fumava sopra il vello soffice del petto: luce puntinata di grigio, come una nebbia di interferenza, si disperdeva dal reticolo di crepe che attraversava l'intera superficie intorno ad un disegno di spaccature più marcate a forma di otto coricato. Noi siamo Infinito...
Il felide lasciò ricadere il suo prodigio e rabbrividì; ogni cosa era cambiata e lui aveva compreso, come in una sorta di epifania, di essere immortale - e di non esistere più in realtà, perché la sua forza vitale era stata assorbita un po' per volta dal prodigio con cui era entrato in simbiosi: se dunque un tempo era stato Or'Furr-Jo della Contea, adesso non lo era più...e contemporaneamente lo era ancora, ne era la rappresentazione, l'astrazione, l'icona, e lo accettava nella sua assurda enormità, perché c'erano stati cambiamenti...

...anche se nessuno poteva dire con certezza cosa fosse avvenuto al mondo e alle cose.

Ma è questo ciò che avviene al passaggio di un'era pensò sentendosi piccolo e triste, chiedendosi, perso nei vortici che lo battevano, se Chéirōn avesse consapevolezza di essere invecchiato e ringiovanito, se Achilléus sapesse di non essere sempre stato un u-mann dai muscoli bianchi e la capigliatura color grano battuto...e subito dopo esserselo chiesto si rispose: così era e ció che era stato non importava più.

Affamato d'aria, il petto si dilatò con dolore e Orfeo riprese a camminare piegando la testa alla tormenta e all'insensatezza del tutto; nessuno sapeva cosa fosse successo, ma c'erano stati cambiamenti e lui era di nuovo integro, immortale e solo, e conosceva la vera natura di sé stesso e del mondo: nulla più che un fragile sogno meraviglioso, un'alchimia di calcoli e ricordi rubati a coscienze che non erano più da migliaia di anni. Un instabile miraggio computazionale dove ogni cosa, lui compreso, era formata da elaborazioni in divenire di dati fini a sé stessi.
Tutto questo non ha senso e nemmeno importanza. Io devo trovarti, devo salvarti, devo riparare un errore. Il vento lo provocò filtrando oltre la barriera del firewall e il felide si nascose dietro il bavero del mantello: nient'altro che una solitaria epifania, quella che aveva vissuto...e che lo aveva soltanto reso più saldo nei sui propositi.

Orfeo ed Euridice: del perduto AmoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora