Tabula rasa

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"Dimmi, da quando sei nato, hai mai detto una volta la verità?„

Jonathan si sentiva stranamente tranquillo. Nei mesi precedenti, nonostante tutto stesse andando secondo i piani, attendeva con ansia e trepidazione il momento in cui Clarissa avrebbe riacquisito la memoria. Sapeva che prima o poi sarebbe successo, era solo una questione di tempo. Dopotutto, quella era stata solo una soluzione temporanea. Poteva solo sperare che il momento sarebbe stato propizio, che non sarebbe avvenuto troppo presto. Ora, finalmente, era accaduto, e Jonathan si sentiva molto più calmo di quanto non si sarebbe aspettato. Sarebbe bastato dire a Clarissa la verità... nella giusta dose. Dopotutto, i migliori bugiardi sono quelli in grado di mescolare perfettamente realtà e menzogna.
«Quella sera decisi che avrei trovato un modo per aiutarti a dimenticare il dolore. Fu la Regina Seelie a offrirmi un'inaspettata soluzione, quando le andai a fare visita».
Clarissa si agitò spalancando gli occhi.
«Aspetta, cosa? Ma le Seelie sono alleate con i Nephilim! Perché avrebbe dovuto aiutare te?»
«Il Popolo Fatato esiste da prima che i Nephilim e i mondani popolassero questo mondo. Come credi che siano sopravvissuti così a lungo, sorellina? Saltare sul carro del vincitore è la loro specialità».
Lo sguardo di sua sorella si coprì di disprezzo, il che rischiò di farlo sorridere divertito.
«Capisco. E quale era questa soluzione?»
Jonathan scavallò le gambe e si passò una mano tra i capelli prendendo tempo, assicurandosi di mostrare un nervosismo che non sentiva.
«Ebbene... ogni cinquant'anni le Seelie sono capaci di produrre una complessa pozione che, in maniera non troppo diversa, ma più potente di quella utilizzata da uno stregone, rende possibile cancellare e modificare i ricordi di qualcuno a proprio piacimento. Quando te l'ho proposto, all'inizio hai rifiutato subito, ma dopo qualche giorno ti sei convinta a dimenticare e a provare ad avere una vita normale, tranquilla, da Shadowhunter, insieme a me. Quella che avremmo avuto, se non fossimo stati separati da bambini. Una tabula rasa, insomma. Avremmo ricominciato da capo. Solo che tu non lo avresti saputo, o meglio, non lo avresti ricordato. Mi hai fatto rinnovare il mio giuramento, anzi, i miei tre giuramenti, dopodiché hai bevuto la pozione, e ti sei addormentata. Il resto della storia lo conosci».
«Già, lo conosco...», mormorò Clarissa abbassando lo sguardo, senza dubbio ricordando il giorno in cui si era svegliata ed era stata convinta da Jonathan di aver battuto la testa durante un allenamento.
A Jonathan, invece, venne in mente lo scambio avuto con la Regina Seelie quando, dopo che Clarissa aveva finalmente accettato di bere la pozione, si era recato a prenderne l'antidoto, di cui solo la Regina conosceva la formula.
«Una volta dimenticato tutto potrai farle credere ciò che vuoi, Sebastian Morgenstern. Come hai intenzione di approfittarne?»
«Non lo farò».
La Regina alzò un elegante sopracciglio in segno di stupore.
«No?»
«Quando Clary è venuta da me di sua spontanea volontà ho deciso di cambiare il mio obiettivo. Ho capito di avere ancora una speranza di avere finalmente una famiglia, e non voglio gettarla. Non mi importa più distruggere il mondo, ora che ho qualcuno con cui abitarlo, e con cui governarlo. E non voglio forzarla contro il suo volere. Le dirò la verità sul nostro legame. Tuttavia, se in futuro dovesse nascere qualcosa di più, non sarò certo io a oppormi...»
«E per quanto riguarda il resto della tua promessa? Davvero non ucciderai Jonathan Herondale e il resto della sua banda?»
«Ho promesso che io non li avrei uccisi. Se uno di loro muore accidentalmente in una battaglia contro uno dei miei Ottenebrati non è certo colpa mia». I due si scambiarono un sorriso divertito.
Quest'ultima parte della storia Jonathan si assicurò di non raccontarla, così come il fatto che, se l'antidoto era effettivamente una fabbricazione del Popolo delle Fate, ciò che aveva fatto perdere la memoria a Clarissa non era altro che una pozione di sua madre. Per qualche motivo dubitava che sua sorella avrebbe preso bene il fatto di aver ingerito una creazione di Lilith.
La voce di sua sorella spezzò il silenzio che si era creato, scuotendolo dalle sue riflessioni.
«Jonathan?»
«Sì, Clarissa?»
«Dove eri la notte scorsa?»
«In Inghilterra».
«A fare cosa?»
Lo guardò fisso negli occhi, diffidente, aspettandosi una menzogna da un momento all'altro. Jonathan era ad un bivio: lasciar credere a Clarissa che in questi mesi aveva davvero abbandonato tutti i suoi propositi contro i Nephilim e che quando si assentava stava solo viaggiando. Sicurezza. Oppure dire a sua sorella la verità, e sperare che i mesi passati insieme fossero abbastanza perché ora lei lo ascoltasse e non decidesse di abbandonarlo. Rischio.
Ma Jonathan, per quanto calcolatore e machiavellico di natura, aveva sempre amato una scelta avventata, l'adrenalina del rischio. Non avrebbe mentito, non stavolta. Non ora che poteva infine muovere la pedina che forse gli avrebbe fatto fare scacco matto, e sperare di ottenere ciò che si era reso conto di aver sempre voluto. No, stavolta la verità sarebbe stata decisamente più utile.
«Ho controllato l'andamento dell'attacco all'istituto di Londra».
Clarissa strinse le labbra ma continuò a chiedere, cercando di mantenere la calma, cercando di capire.
«Se non vuoi più distruggere il mondo, allora perché continui ad attaccare gli istituti?»
«Ho bisogno di un esercito più grande».
«Ma perché? A che scopo?», domandò Clary con voce stanca.
«Perché ho un nuovo progetto, sorella. E una proposta da farti».

«Ma se non vuoi più distruggere il mondo, allora per cosa userai i tuoi Ottenebrati, Sebastian Morgenstern? Cos'è che desideri ora?»
Il sorriso di Jonathan si era fatto più affilato.
«Una rivoluzione».

~~~*~~~
Bonsoir! Per caso c'è ancora qualcuno che segue questa storia?

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