Some tea?

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I'd probably still a d o r e you
with your hands
around my neck.

Deve combattere, e sperare di riuscire a prendergli lo stilo e avere abbastanza tempo da usarlo.
Si è allenata per mesi, è quasi al suo livello, può farcela.
Stringe più forte il coltello tra le dita, regola il respiro, posiziona le gambe. Rimane immobile per un secondo. E attacca.
Mirò alla giugulare, il coltello un'estensione della mano. Non fece in tempo ad avvicinarglisi che si ritrovò a terra, senza neanche sapere esattamente come ci era arrivata. Gli passò tra le gambe e si rialzò velocemente sperando di piantargli la lama nella schiena, ma lui si voltò immediatamente e le bloccò il polso con una mano, facendole cadere il coltello, mentre con l'altra preparava il prossimo colpo. Il potente calcio alla bocca dello stomaco di Clary lo colse inaspettato e lo costrinse a lasciarla e indietreggiare di qualche passo.
Ora con le spalle alla porta, la ragazza ne approfittò per uscire e scese le scale due gradini alla volta, sentendoselo alle calcagna. Arrivò fino alla grande cucina, prese un bicchiere sul lavandino e quando si sentì afferrare da dietro glielo scagliò contro, mancandolo di qualche centimetro. Il rumore del vetro che andava in mille pezzi la assordò per un istante e si ritrovò a chiudere istintivamente gli occhi.
Quando li riaprì, Jonathan le stava stringendo entrambi i polsi tenendoli attaccati al muro e le bloccava le gambe con una delle sue. Aveva il respiro lievemente affannato e la stava fissando negli occhi con qualcosa che somigliava molto all'orgoglio.
«Tempo scaduto. Certo che sei migliorata,» affermò con un mezzo sorriso, «all'inizio non eri così veloce».
«Con all'inizio intendi quando mi hai rapita, cancellato la memoria e fatto credere che questa fosse la mia vita?»
Il sorriso sparì velocemente dalle sue labbra che ora formavano una linea dura.
Ormai riconosceva le sue espressioni, il modo in cui contraeva la mascella, in cui aggrottava le sopracciglia: aveva appena detto qualcosa che lo aveva fatto infuriare.
«Non sai nemmeno come stanno le cose, e subito pensi che io ti abbia  presa e portata via con la forza stile uomo delle caverne, non è così?»
Era delusione quella che vedeva sul suo volto?
«Ma forse, dopotutto, avrei dovuto aspettarmelo. Io sono il cattivo della situazione, dico bene?»
Clary non solo non sapeva che dire, ma non sapeva neanche cosa pensare.
Cosa diavolo stava succedendo? Ora che aveva riavuto la memoria, si aspettava di ritrovare il vecchio Sebastian crudele e spietato, ma chi era quello di fronte a lei? Chi era questo ragazzo rancoroso, deluso, stanco, che però non sembrava affatto intenzionato a farle del male?
«Se ti lascio andare, credi di riuscire a non tentare di uccidermi e ad avere una conversazione civile con me?»
Lo fissò qualche secondo per poi annuire, e lui la lasciò immediatamente e si allontanò di qualche passo.
«Ti va del tè?»
«Pensi davvero di potermi calmare con un po' di tè?»
«Di solito funziona.»
Clary tacque, improvvisamente conscia di quante piccole cose lui potesse aver imparato su di lei in questi cinque mesi in cui erano stati una famiglia. Finta. Una finta famiglia, basata su bugie e nient'altro. Non devi lasciarti ingannare, Clary.
«Lo prendo per un sì, allora,» concluse Jonathan dopo qualche secondo di silenzio.

Pochi minuti dopo, erano seduti uno di fronte all'altra al tavolino della sala, separati da due tazze fumanti di tè verde.
«Dunque, mi pare di aver capito che non ricordi esattamente tutto, no? Non ricordi cosa è successo quella sera.»
«Proprio così. So solo cosa è successo prima e dopo.»
Jonathan fece una smorfia.
«In poche parole l'angelo ti ha fatto ricordare solo ciò che gli faceva comodo, ovviamente. Tipico. Lo capirai tra poco», aggiunse vedendola aggrottare le sopracciglia.
«Direi di iniziare a riempire il tuo vuoto con un po' di dura verità allora, che ne pensi? E bevilo quel tè, se avessi voluto davvero ucciderti a quest'ora saresti morta.»
La ragazza, arrossendo, si decise ad assaggiare la bevanda. Era davvero ottima, come sempre.
Jonathan la osservò ancora un po' attraverso le lunghe ciglia chiare prima di iniziare finalmente a parlare.

«Ma cos'è successo esattamente, Robert?»
«Non lo so, mi hanno solo detto di convocare tutti i rappresentanti degli Istituti per un'assemblea straordinaria del Conclave.»
«D'accordo, arrivo.»
«Mamma, cos'è tutta questa agitazione? Dove stai andando?» chiese Isabelle vedendo sua madre sfrecciarle davanti.
«Devo andare, riunione speciale del Conclave», rispose Maryse concisamente.
«Così all'improvviso? È successo qualcosa di male?»
«Ancora non lo so.»
«Vengo con te», disse con decisione la ragazza.
«No, resta qui con Jace. Sarò di ritorno tra poco», ordinò con durezza Maryse, e prima che Isabelle potesse ribattere uscì.
La giovane Nephilim si risedette sulla poltrona con un lungo sospiro. Cos'altro era successo ora?

Da daaan! Stavolta ci ho messo relativamente poco, no?
Avevo pensato di scrivere qualcosa a proposito degli eventi di Parigi, ma poi ho deciso di lasciar perdere: troppo è già stato detto e troppo ci sarebbe ancora da dire. In situazioni come questa, la prima cosa da fare è informarsi accuratamente, mentre in questi giorni la mia bacheca di Facebook si è riempita di persone che aprivano bocca tanto per darle fiato. Se volete esprimere la vostra opinione siete liberi di farlo nei commenti e io vi risponderò con la mia, ma vi prego non dite che 'tutti i musulmani andrebbero ammazzati, sono una cultura sbagliata!!1!!', perché non rispondo di ciò che potrei scrivere.
A parte questa parentesi seria, non so quando aggiornerò con il prossimo capitolo, sinceramente, ma ci tengo a dire che non lascerò in sospeso la storia e che siamo a poco più di metà.
Grazie ancora una volta a tutti quelli che mi seguono/scrivono!

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