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  Accarezzo le nere piume del falco appollaiato sulla mia spalla. I suoi occhi gialli scrutano l'ambiante con attenzione. Guardo verso il basso vedendo solo il mio pancione coperto dall'abito grigio. Una piccola parte di essa ha un guizzo quando il bambino si muove.

Alzo lo sguardo su Lagertha che, pensierosa, sta con le braccia appoggiate al pilastro di legno della struttura diroccata in cui ci stiamo nascondendo. I lunghi capelli bianchi e spettinati seguono la leggera e fredda brezza, lo sguardo perso sulle colline verdi intorno a noi. Se qualcuno la vedesse ora, senza sapere chi è, penserebbe ad una poveretta a cui è stato portato via tutto. Non ha l'aspetto da regina e tantomeno da guerriera.
<<Non posso credere che questa sia la fine della mia storia. Non così, da fuggitiva, costretta a nascondermi>> afferma, innarcandosi in avanti, piegando leggermente le ginocchia. La sua voce è piena di amarezza.

Gli uomini di Ivar ci stanno con il fiato sul collo, passerà poco tempo prima che ci trovino. Mettendola sul personale, preferirei morire sotto la spada del nuovo re di Kattegat che continuare a fuggire come un coniglio braccato dal lupo. Sono una Shield-maiden, non una fuggitiva. <<Non abbiamo un esercito per poter combattere. Martha potrebbe partorire da una giorno all'altro>> afferma Bjorn facendomi stringere nelle spalle, mentre un brivido mi attraversa. <<Ci sarà pure un luogo sicuro in cui rifugiarci>> azzardo, spostandomi i capelli dietro l'orecchio. La Corazza alza le spalle, serrando le labbra. <<Dove andiamo? Cosa facciamo? Ivar ci seguirà fino in capo al mondo>> continua, appoggiando un braccio contro il palo di legno. Il suo sguardo è nervoso, le spalle tese, il corpo un fascio di nervi. <<Andiamo in Inghilterra>> afferma all'improvviso il vescovo Heahmund, attirando l'attenzione di tutti. L'animale sulla mia spalla spalanca le ali e con un balzo spicca il volo, uscendo da un buco nel muro. <<Dove ci uccideranno?>> chiede retoricamente Bjorn, non concordo con quest'idea. <<Probabile, ma non accadrà. Intercederò per voi con re Aethelwulf. Lui vi accoglierà, forse vi chiederà di combattere per lui, e sarà un posto sicuro per i bambini>> dice con voce lineare, senza far trapelare emozioni, guardando i figli di Torvi e me. Abbasso nuovamente lo sguardo, portando le mani ai lati del pancione. Non voglio lasciare la mia terra, la mia casa. Mi ero ripromessa che non avrei mai più intrapreso un viaggio come questo, dopo la morte di Siggurd. E soprattutto non voglio che mio figlio o mia figlia nasca in Inghilterra.
Lagertha si volta. Il mondo sembra essersi fermato. L'unico suono è quello del vento attraverso le fessure tra le pietre. <<Sono stanca di combattere, perciò facciamolo. Andiamo in Inghilterra>> afferma, facendomi sospirare.
Una fitta al basso ventre mi fa serrare gli occhi con forza. Respiro profondamente alcuni secondi aspettando che passi. Sta succedendo sempre più spesso. Secondo Torvi è normale.

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  Facendo attenzione a dove poggio i piedi, cammino con la ciotola in mano. L'aria è densa di odori: il fango, l'umidità delle assi marce del recinto, l'acre puzza dei maiali. Ogni respiro porta con sé un misto di terra e disperazione. Arrivo fino al piccolo recinto dei maiali, appoggiando la ciotola sull'erba umida, facendo passare il braccio attraverso le sbarre. La ragazza incatenata alza leggermente la testa per guardarmi. Il suo viso sporco la rende irriconoscibile, una versione sfigurata di quella che era prima che Ubbe la liberasse.
<<Ti ho portato da mangiare. Non sia mai che tu muoia>> affermo raddrizzandomi a fatica. Il peso del mio pancione rende ogni movimento un piccolo sforzo. Lei si avvicina facendo stridere le catene di metallo, un suono che mi fa rabbrividire. Agita convulsivamente le mani, e le sue pupille azzurre sono dilatate, quasi demoniache. <<Voglio vedere Ubbe! Voglio vedere mio marito!>> grida, la voce roca e le labbra screpolate dalla disidratazione e dal freddo. Le sue urla riecheggiano nell'aria, cariche di una disperazione che fa male al cuore. <<Gli chiederò di venire allora>> rispondo allargando le braccia, cercando di mantenere la calma. Ma la tensione è palpabile, un filo sottile che potrebbe spezzarsi in qualsiasi momento.
Con uno scatto improvviso, mi afferra il braccio, le sue unghie si conficcano nella mia pelle. <<Tu morirai, Martha Halvorsen. Morirai lentamente e in agonia. Hvitserk non ci sarà. Io mi prenderò il tuo bambino>> grida fuori di sé, ridendo come una pazza. Gli occhi iniettati di sangue riflettono una follia che non ha limiti.
Strattono il braccio, riuscendo a liberarmi. Sulla mia pelle restano profondi e sanguinanti graffi, provocati dalle unghie di Margrethe. Ubbe accorre appena in tempo, sorreggendomi prima che io finisca a terra. Gli occhi di Margrethe si illuminano alla vista del marito e gli sorride con una dolcezza che sembra quasi surreale. <<Marito mio, finalmente. Perché mi tenete in catene? Non sono un animale>> supplica con voce melliflua. Lui le prende la mano, guardandola dall’alto con pietà. <<È troppo pericoloso lasciarti andare>> le dice con fermezza. La sua risposta fa esplodere nuovamente la furia di Margrethe.
<<Fate come volete, nessuna catena riuscirà a tenermi qui. Neanche se fossero fatte dai nani>> ci grida dietro, mentre io mi scosto i capelli dal viso e raddrizzo la schiena, tenendomi il braccio graffiato. Il dolore è acuto, un bruciore costante.
<<La mia spada non è stata forgiata dai nani, ma non avrà resistenza quando ti trapasserà la gola>> sussurro a me stessa, assicurandomi che Ubbe non mi senta. Il mio odio verso Margrethe cresce ogni giorno di più, alimentato dalla sua follia e dalle sue minacce.
  <<Cosa ne facciamo di lei?>> chiedo tornando da Ubbe, dando le spalle alla ragazza che continua a ridere sguaiatamente, gridando minacce e insulti. La sua voce è un ronzio fastidioso, una costante presenza oscura. <<Non possiamo portarla in Inghilterra con noi>> dice esaminando l'avambraccio graffiato. Alzo gli occhi al cielo, sbuffando. <<E io che speravo di poterla buttare fuori bordo>> affermo con un piccolo gemito di dolore. La tensione mi sta logorando.Ubbe scuote la testa e stringe un braccio dietro le mie spalle. Con l'altra mano mi accarezza la pancia, sorridendo. Si abbassa quel tanto che gli basta per baciarla, sussurrando al bambino di avere pazienza, promettendogli che troveremo una bella casa per lui. Le sue parole sono un balsamo per il mio cuore, ma non riescono a scacciare del tutto la paura.
Nonostante l'aiuto di Ubbe, ciò che Margrethe ha detto mi fa accapponare la pelle. Non è la prima volta che ciò che dice si avvera. E se avesse davvero il dono del veggente? Potrei davvero morire?

  Appoggio la testa contro al muro, cercando di non pensare alle sue parole. Con la mano fredda accarezzo i capelli biondi del piccolo Erik, il figlio di Torvi, che con la testa appoggiata al mio pancione, sonnecchia stanco. Il suo respiro regolare è un conforto, una piccola tregua dalla mia angoscia. Gli stringo leggermente la manina e chiudo gli occhi anch’io, cercando di dormire a mia volta. Sarebbe più facile se Hvitserk fosse qui.
Il suono del vento che passa tra le assi della casa, il fruscio degli alberi e il rumore dei maiali che grufolano mi tengono sveglia. Ogni tanto, un corvo gracchia in lontananza, un presagio di sventura che mi riempie di inquietudine. Mi sento intrappolata in questo incubo, con solo il battito del mio cuore e i movimenti del bambino a scandire il tempo.

come il sole e la luna 2  ||vikings fanfiction ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora