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8 mesi dopo...

Lascio cadere l'ultimo telo bianco nel cesto in vimini. Passo la mano contro la fronte lasciata scoperta dalla bandana che mi tiene indietro i capelli. Recupero il cesto e rientro in casa, lasciandolo sul tavolo. Con un verso divertito Johannes richiama la mia attenzione. Lo guardo sorridermi con un bicchiere tra le mani. Mi inginocchio e come un fulmine lascia da parte il giocattolo per gattonare verso di me. Lo prendo in braccio facendolo girare e ridere e gli riempio la faccia di baci.
<<è incredibile la somiglia con suo padre>> afferma Torvi iniziando a piegare i teli asciutti. Annuisco osservando bene il mio bambino. Stessi capelli biondi e mossi, stessi occhioni grigio - azzurro, stessa testardaggine del padre. <<hai ragione. Sono due gocce d'acqua>> affermo poggiando di nuovo il piccolo a terra. Con dei versetti di curiosità raggiunge a gattoni il bicchiere con cui giocava prima e lo porta alla bocca, masticandone il bordo.
<<grazie per avergli dato un occhio>> dico, aiutando la donna a piegare una grande coperta. <<è mio nipote, come avrei potuto dire di no>> afferma sistemando le stoffe nella cassapanca <<torno dai miei figli. Ci vediamo più tardi>> afferma lei appoggiando la mano sulla mia spalla. Saluta il bimbo e esce da casa.

Stiamo per lasciare il Wessex per tornare a Kattegat. Con il passare del tempo, avevo perso la speranza do tornare a casa, ma adesso mi sembra di vivere in un sogno.
Guardo mio figlio e non posso non pensare a Hvitserk. Cosa penserà di lui? Sarà felice di conoscerlo?
Lui sbadiglia e si strofina gli occhi con le mani strette a pugno. Mi guarda e alza le braccia, sorridendo stanco. Lo raggiungo prendendolo in braccio, appoggia la testa tra la mia spalle e il collo mentre si succhia il pollice. Inizio a canticchiare una ninnananna di Helga. Ondeggio da destra a sinistra, camminando per la stanza. Gli accarezzo la schiena, sorreggendolo da sotto al sedere con il braccio. Una volta assicurata che Johannes stia dormendo, lo lascio sul letto e lo copro dalle pellicce morbide.
<<esperta di spada e ottima mamma>>
Afferma una voce alle mie spalle. Mi volto di scatto trovando una persona che mai mi sarei aspettata. Una lunga cicatrice le solca la guancia e i capelli bianchi sono corti. Le corro in contro, stringendola in un forte abbraccio.
<<oh Lagertha, pensavo fossi morta>> lei ridacchia stringendomi a sua volta <<Ho la pelle dura, ci vuole molto di più per uccidermi>> scherza, ma la cicatrice che ha sul viso sembra voler dire il contrario. E' vero, la sua fama gareggia con le Valchirie, ma ora mi è sempre più chiara la sua semplice umanità. Guarda alle mie spalle, puntando gli occhi sul bambino biondo che dorme avvolto nella pelliccia.
Allargo un braccio, facendole capire di potersi avvicinare. Così fa. Si siede sullo sgabello accanto al letto e lo osserva sorridendo. Mi sdraio accanto a lui, gli accarezzo i capelli spostandogli alcuni ciuffi dalla fronte. <<Johannes Lothbrok. C'è da aspettarsi grandi cose da lui>> afferma la donna pensando davvero a quello che ha appena detto.

****

Ubbe solleva Johannes da sotto le braccia, lasciandolo sul ponte della nave. Il mio falco si posa accanto a lui, gli fa da guardia quando io sono fin troppo indaffarata. Il piccolo lo accarezza malamente, ma nessun verso di fastidio esce dal suo becco.
Stringo la mano a Ubbe e percorro la passerella traballante. Aiuto Torvi a tirare su l'ancora e suo marito libera gli ormeggi sul pontile.
La nostra nave pian piano si allontana dalla riva, in mezz'ora la costa inglese è solo una decorazione all'orizzonte. Prendo mio figlio tra le braccia, avvicinando i cautamente al parapetto. Lui sporge la mano verso l'esterno e gridi di stupore escono dalle sue labbra piegate in una O quando, quasi subito, le basse onde gli colpiscono la manina. Ridacchio, baciandogli la guancia paffuta.
Il vento ci scompiglia i capelli, le goccioline salate bagnano i nostri visi.
<<sarà un viaggio tranquillo>> afferma Ubbe, guardando il cielo limpido e azzurro.
<<cosa farai una volta tornati a Kattegat>> chiede Lagertha sedendosi accanto a me. Alzo le spalle scuotendo la testa <<sistemerò la mia vecchia casa. Magari ricomincerò da dove avevo lasciato>> rispondo vagamente, perdendomi a osservare il sole tramontare all'orizzonte. Intorno a noi non c'è nulla se non distese sterminate di acqua salata che luccica sotto i raggi arancioni del sole.
<<e con Hvitserk?>> chiede ancora. Se era la mia attenzione che voleva, ora ce l'ha a pieno. <<Non so più nulla di lui. Non so se è vivo o morto. Se si è sposato o se si è innamorato di un'altra donna>> rispondo bisbigliando.
Guardo mio figlio sorridendo; è beatamente addormentato tra le mie braccia, la mano stretta alla mia, le lunghe ciglia come le mie che gli accarezzano la pelle. In Inghilterra non avevamo preoccupazioni, nessun senso di angoscia che opprimeva il petto all'idea di poter essere pugnalato nel sonno. E' un vichingo, ma l'idea che cresca in una città in guerra non mi piace per niente. Mi rende tremendamente in ansia.

****

In lontanaza si vedono le montagne e gli alti fiordi. Il vento soffia da ovest, spingendo con più facilità la nostra barca verso casa. Johannes indica con il dito la terra ferma e sorride felice. <<si piccolo, quella è casa>>.
Ammainiamo le vele e procediamo a remi verso la costa sabbiosa. Non possendo rischiare di beccarci gli arceri di Ivar abbiamo optato per attraccare a qualche ora di cammino dalla città. Aiuto a scaricare quelle poche cose che abbiamo e, restando con i piedi nell'acqua afferro mio figlio che, gentilmente, Torvi mi passa. Lui si stringe al mio collo, spaventato per il luogo in cui si trova e che non conosce. Trainiamo la barca sulla spiaggia e prendiamo il cammino verso le montagne rocciose. Oltre a quelle, Kattegat ci aspetta.

E' passato così tanto tempo che quasi non ricordo quelle mura su cui facevo la guardia, quelle strade affollate di mercanti provenienti da ogni dove con ogni tipo possibile di oggetti in vendita. Con il tempo ho iniziato a sentirne la mancanza di questo luogo e delle persone che in esso abitano.

Attraversando sentieri che attraversano i boschi, che costeggiano i fiumi e le valli, intravediamo le bandiere sventolanti e le grida delle persone. Tutto intorno a noi ci sono corpi a terra, fuoco che divora l'erba secca, frecce conficcate negli scudi a terra. Un brivido mi attraversa la spina dorsale e stringo il mio bambino con l'intento di proteggerlo da una forza invisibile.
Superiamo il portone spalancato ed è ovvio, ai nostri occhi, che una battaglia si è appena conclusa. Ormai il mio cuore mi batte nel petto ad un ritmo incontrollato, milioni di pensieri e sensazioni mi attraversano la testa.
Girando per l'ultimo vicolo, una folla festeggiante ci si para davanti impedendoci la visuale di coloro che stanno al centro. Alcuni ci fanno spazio, altri siamo noi a doverli spostare. Poi, lo vedo. E' abbracciato a Bjorn e insieme festeggiano la loro vittoria contro gli uomini di Ivar.
Sposta lo sguardo su di me e si paralizza, come se avesse appena visto un fantasma. Essenso però nascosta dalle persone potrebbe avermi scambiata per qualcqun'altro. Lascio Johannes a Torvie e avanzo così che Hvitserk mi possa vedere bene. Un sorriso malinconico nasce sulle sue labbra e gli occhi gli si fanno lucidi. Gli corro incontro e lui mi stringe tra le braccia. Respiro il suo profumo che tanto mi è mancato e non sono più in grado di trattenere le lacrime. Mi accarezza i capelli e alzo la testa per guardarlo <<sei qui. Sei viva. Mi sei mancata così tanto amore mio>> afferma asciugandomi le lacrime con i pollici. <<anche tu mi sei mancato tantissimo>> affermo. Con un sorriso si fionda sulle mie labbra, baciandomi dopo un'eternità. Mi ero quasi scordata come fossero morbide del sue labbra, che saporo avesse la sua bocca. Lo guardo, il suo viso tra le mani, sorridendo come una ragazzina <<hai deciso di farti crescere la barba?>> dico, accarezzandogli il mento coperto da una corta barbetta <<ti piaccio?>> arriccio il naso e piego la testa di lato <<mmm... si, sembri una capretta>> affermo e lui torna a baciami dolcemente.
Mi sento richiamare da Torvi e a malavoglia mi stacco dal mio uomo appena ritrovato. Lei avanza con Johannes in lacrime tra le braccia. Me lo passa e subito si stringe a me. Gli bacio la fronte e guardo il giovane vichingo davanti a me. Guarda il bambino e poi guarda me, le labbra dischiuse in un'espressione indescrivibile. <<lui... lui è?>> balbetta e annuisco. <<si Hvitserk. Lui è Johannes>> gli dico. Il piccolo lo guarda, semi nascosto dalla mia spalla, con il suo stesso sguardo. <<Posso?>> chiede e annuisco, passandogli il piccolo. I due si guardano per alcuni istanti, Johannes studia suo padre come a vedere se di lui ci si può fidare, Hvitserk guarda suo figlio come se stesse sognando. Johannes appoggia le manine sulle guance del padre, lo accarezza e appoggia la testa nell'incavo del suo collo. Una lacrima scappa al giovane uomo che stringe me e il piccolo a se. <<Abbiamo un bambino Martha. Io e te>> sussurra, baciandomi la testa.
Chiudo gli occhi, facendomi più stretta a loro. Come se avessi il terrore che da un momento all'altro possano sparire, dissolversi come fumo.



Ecco l'ultimo capitolo. Ovviamente la storia non finisce qui, aspetteremo chissa quanto per la prossima stagione e, quindi prossimi capitoli.
Un bacione a tutti!

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