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   Scendiamo nella piazza centrale del piccolo castello, nel Wessex. Le persone ci osservano e mille  pensieri diversi sì possono intendete nei loro volti. Gli uomini portano le mani ai fianchi, pronti per impugnare le armi alle cinture. Le donne sussurrano tra loro e nascondono i bambini dietro le proprie gonne, come se spiriti malevoli fossero appena scesi dal cielo per rapire i loro pargoli.
Scesi dal cielo o saliti dall'inferno.
  Le guardie ci spingono verso una porta che conduce ad una stanza e ad una rampa di scale a chiocciola. Veniamo condotti così nei sotterranei, imprigionati in una cella sporca e umida, lasciati nell'attesa di qualcosa. <<Non potete rinchiuderci qui>> affermo avvicinandomi alle sbarre, attirando l'attenzione di una delle guardie. Questa si volta, osservandoci uno ad uno come cani rabbiosi. <<Non c'è altro posto qui per voi>> risponde con sdegno, soffermandosi con lo sguardo su Ubbe. Quest'ultimo avanza di un passo ma Lagertha lo ferma con il braccio. <<Voglio parlare con il re>> continuo, incalzante, stringendo le sbarre tra le mani. L'uomo non mi degna di risposta se non una risata appena accennata. Poi si volta e se ne va, seguendo i compagni su per le scale.

  Con il dito traccio segni imperfetti sul pavimento polveroso. La mano che sorregge la mia testa mi duole, a causa del troppo tempo passato in questa posizione scomoda. <<Quanto è facile ingannare le persone?>> chiede Ubbe, incrociando le braccia contro la porta a sbarre. Tira un pugno alla parete accanto a lui seguiti da un calcio ad un secchio. A ogni suo movimento le catene che tiene intorno ai polsi tintinnano. <<Siamo caduti in trappola>> continua appoggiando le spalle al muro <<Il vescovo Heahmund ci ha tradito>> concorda Bjorn torturandosi le pellicine intorno alle unghie. <<Non credo che lo abbia fatto>> sussurra pensierosa Lagertha, passandosi il pollice sulle labbra. <<Come sarebbe tornato a casa altrimenti? Gli serviva una barca e un equipaggio. E noi glieli abbiamo forniti>> afferma Bjorn sbattendo la testa contro la roccia alle sue spalle, sbuffando. <<Io non riesco a credere che la grande Lagertha si sia fatta fregare per amore>> continua guardando la madre dal basso, con una nota di rabbia negli occhi.
  Improvvisamente la porta al piano di sopra si spalanca. Il suono metallico è vibrante, rimbalza intorno a noi amplificandone l'intensità. Passi pesanti giù per le scale, sempre più vicini. Alcuni soldati entrano nella stanza, aprendo la porta della gabbia, sollevandoci di peso e trascinandoci con loro. Ci scortano come prigionieri pericolosi lungo i corridoi del castello fino alla sala del trono.
  Restando in piedi accanto a Ubbe e Torvi, osservo il giovanissimo Re Alfred seduto sul trono. Ci guarda uno per uno, soffermandosi su di me per un istante. <<Io so chi siete. E so che potreste essere utili al mio regno, se sarete disposti a combattere con il mio esercito contro le forze dei vostri compatrioti>> afferma il re con tono serio e molta convinzione nella voce. Ci cattura, ci tratta come prigionieri e avanza anche pretese. Bjorn raddrizza le spalle e sospira. <<Solo se voi ci concedete le terre dell'Anglia orientale che Re Ecbert ha concesso a Ragnar>>. Afferma il figlio di Lagertha osservando il Re dritto negli occhi. <<Ho tutte le intenzioni di onorare le promesse di mio nonno. Ma prima dovrete mostrare il vostro onore>> continua Alfred, alzandosi e unendo le mani in grembo. Bjorn fa per riprendere parola ma la madre lo interrompe. <<Accettiamo la vostra richiesta>>. Gli occhi ora sono tutti puntati su di lei. Alcuni istanti di silenzio pervadono la sala.
Alfred ci ringrazia e fa segno alle sue guardie di liberarci. Con non poca esitazione e fastidio ubbidiscono. Mi massaggio i polsi arrossati e segnati in diversi punti. <<Essendo alleati, potrete usare il palazzo reale come desiderate. I miei servitori saranno anche i vostri. Avremo cura anche dei due bambini che sono con voi>> afferma il sovrano con gentilezza facendo segno a due donne di avvicinarsi. Le due ci invitano a seguirle e così facciamo dopo aver ringraziato con un segno del capo.

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   La luce del sole viene riflessa in bagliori colorati dalle enormi vetrate. Dei passi riecheggiano nella sala vuota e volto la testa per vedere il re avanzare verso di me. Si siede accanto a me, sulla mia stessa panca, e rivolge il segno della croce al crocefisso davanti a noi.
Sospiro. Mi sono sempre piaciute le chiese, sono silenziose e perfette per pensare.
  <<Non mi aspettavo di trovarvi qui>> rompe il silenzio, mentre la sua voce risuona tra le pareti di pietra. <<C'è pace tra queste mura>> dichiaro semplicemente, guardando l'altare ricoperto di candele. Lui ridacchia guardandosi le mani strette in grembo, attirando la mia attenzione. Lo guardo aspettando una risposta alla sua risata <<È strano vedere una come voi in una chiesa>> spiega, guardandomi negli occhi. <<Non fraintendete le mie parole, siete cresciuta qui, potete andate dove volete ma..>> si blocca passando la mano tra i capelli. <<Ma non sono come voi>> finisco la sua frase. Attendo alcuni secondi prima di alzarmi. La sua mano afferra la mia e mi volto. <<Non andate vi prego. Mi è mancata la vostra compagnia>> afferma. Torno a sedermi accanto a lui.
<<Avete il viso di una persona in fuga>> affermo guardandolo. Un mezzo sorriso nasce sulle sue labbra e sospira. <<Mia madre vuole che io mi sposi. Ma la mia priorità è la mia gente e il mio regno. Anche se nel mio cuore c'è già una fanciulla. Da molto tempo. Ma dubito che mia madre approverebbe tale unione>> spiega vago, guardando le candele davanti a noi. <<Voi siete sposata?>> domanda, guardandomi. Scuoto la testa e sospiro. Lui corruga la fronte e alzo le spalle. <<È... complicato>> sussurro.
  Il silenzio cala tra noi, in sottofondo la vita continua fuori dalla chiesa. Per diverse volto lo becco a fissarmi, probabilmente volendo dire qualcosa, ma tornando subito dopo ad osservare il pavimento. <<Anche voi avete un viso triste. Cosa vi impedisce di sorridere?>> chiede appoggiando i gomiti sulle ginocchia e guardandomi. Mi perdo nei suoi occhi da angelo per alcuni istanti prima di abbassare lo sguardo, portandolo sulla parete difronte a noi. <<Prima o poi la nostra guerra finirà. Perderemo tanto, tutti. Quando questa guerra sarà finita, festeggeremo per molte notti e molti giorni. Ma non credo che sarò lì per vederlo>> affermo a voce bassa, come se ammetterlo potesse renderlo reale, accarezzandomi involontariamente il ventre tondo. <<Io sarò nel Valhalla con la mia famiglia e tutti quelli che non sono più qui>> spiego come se avessi già programmato il mio futuro. Come se stessi raccontando una storia che so a memoria.
Il re mi ascolta con attenzione, assimilando ogni parola. <<Avete una strana visione del paradiso>> afferma stringendomi la mano, i suoi occhi che vagano dai miei occhi alle mie labbra. Ritiro la mano come se mi fossi bruciata. <<Mia madre versa ancora molta ammirazione in voi Martha>> dice all'improvviso, tornando in sé e alzandosi. Mi tende la mano per aiutarmi a fare lo stesso. Ora, che siamo uno difronte all'alta posso vedere meglio quegli occhi gentili. <<Cosa volete dire?>> chiedo. Fa per rispondere ma le porte della chiesa si spalancano, mostrando due soldati affannati per la troppa corsa. I due uomini mi guardano male, probabilmente per il fatto che una come me stia in un posto come questo, e per giunta con il re. Quest'ultimo si schiarisce la voce, sistemandosi la veste. <<Re Alfred, vostra madre vi attende nella sala del trono. La vostra futura moglie sta per giungere a palazzo>> lui annuisce, prima di voltarsi. <<Per qualunque cosa, io vi darò tutto l'aiuto possibile>> dice stringendomi la mano tra le sue. <<Vi conviene andare vostra maestà, i vostri obblighi vi attendono>> affermo, allontanandomi per qualche passo. Lo saluto con un rapido inchino e supero le guardie con l'intento di raggiungere la stanza che mi è stata data.
  Alfred non è più il bambino malaticcio che ho conosciuto tempo fa, quando vivevo qui con mio padre. Ora è un uomo con un'importante corona sulla testa. Un tempo avrei riso se mi avesse detto che sarebbe diventato Re. Ora non so più neanche se fidarmi di me stessa. I miei compagni non accettano l'idea di dover "lavorare" per Alfred, specialmente visti i precedenti dei sassoni nei nostri confronti. Vorrei poter dire che possiamo fidarci, ma non so neanche io chi sia ormai. Una cosa è certa: non abbiamo molte altre scelte.

come il sole e la luna 2  ||vikings fanfiction ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora