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La nebbia ricopre il sottobosco desolato. Il silenzio mi circonda, e insieme a lui il freddo pungente. Cammino lentamente, andando a tentoni, facendo scivolare le mani sui tronchi degli alberi ricoperti di muschio scivoloso. In lontananza proviene il suono ritmato dei tamburi, il battere inferocito delle armi sugli scudi e le urla di acclamazione dei soldati. Inciampando in radici e sassi arrivo al limite della foresta, vicino alle capanne alla periferia di Kattegat.

Nel bel mezzo della piazza un uomo che si regge in piedi a fatica mi osserva. Il viso dipinto di bianco, rosso e nero. Una corona di ossa gli incornicia la testa e il sorriso agghiacciante mostra i denti bianchi. Alza un braccio verso di me e mi sento tremare, come se avessi il corpo bloccato in un blocco di ghiaccio. Una mano si posa sulla mia spalla con un tocco leggero. Girandomi mi ritrovo il sorriso di Rebecca a scaldarmi il cuore. Con un balzo le stringo le braccia al collo chiudendo gli occhi <<sei viva! Mi sei mancata così tanto>> le sussurro tra i capelli biondi mentre il suo abbraccio mi stringe << anche tu amica mia>> risponde. Quando riapro gli occhi il viso che ho davanti non è più quello della dolce e tenera Rebecca, ma quello di Margrethe. Questa, afferra la mia spalla e affonda una lama nel mio ventre. Sento la pelle squarciarsi e il sangue colare velocemente sulla mia veste bianca. <<ti avevo avvertita. Ora mi riprendo ciò che mi hai tolto>> sussurra a denti stretti spingendomi a terra. Con un tonfo finisco a terra. Il cuore batte lentamente, la vista si appanna e il respiro è quasi impercettibile. Giro la testa a sinistra spalancando gli occhi, già pieni di lacrime, nel vedere il corpo senza vita di Ivar.

Un tuono mi scuote dall'incubo, risvegliandomi. Mi metto a sedere con un grido ritrovandomi tutta sudata e febbricitante. La porta della stanza si spalanca e Ubbe mi corre incontro, salendo sull'enorme letto. Avvolge le braccia intorno al mio busto, accarezzandomi la schiena e la pancia. <<ho avuto un incubo orribile Ubbe. Ti prego rimani qui con me. Ti prego>> dico tra i singhiozzi, facendomi piccola contro il suo corpo. Affonda la mano tra i miei capelli lasciati liberi dalle solite trecce. I singhiozzi si uniscono alle gocce di pioggia che battono velocemente sui vetri delle finestre decorate. Gli racconto ciò che ho visto, rivedendo quelle orribili immagini come se le stessi sognando proprio adesso. <<era solo un sogno Martha>> afferma facendomi stendere sotto le coperte, sti sdraia alle mie spalle, accarezzandomi il braccio. Inizia a canticchiare una vecchia canzone che parla di un uomo e del suo viaggio di ritorno a casa da una terra lontana in cui ha combattuto. Abbandonando la mente a quelle parole, mi rilasso completamente fino ad addormentarmi.

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Alzo lo sguardo su Torvi e Ubbe che, sotto gli occhi sconvolti dei sassoni, si allenano con le spade. Sorrido quando la donna canzona il compagno dicendo che è troppo lento. Continuo ad affettare la mela prendendo un pezzo per me e un pezzo per il falcone sulla mia spalla. <<non solo credono in dei inesistenti, ma lasciano che le loro donne combattano>> bisbiglia un uomo al suo vicino. <<e non solo ci permettono di combattere, partoriamo i nostri bambini nei campi di battaglia e li battezziamo col sangue di un cinghiale>> affermo fieramente lasciandoli scandalizzati. Mi rigiro il coltello nella mano lasciando che il succo appiccicoso del frutto mi coli sulla mano. Il falco stride minaccioso verso di loro, puntandoli con i suoi occhi gialli. Con un movimento veloce del polso lancio il coltello alla mia sinistra facendo conficcare la sua punta nella parete ricurva di una botte, a pochi centimetri dalla testa del primo dei due uomini. Un leggero ghigno nasce sulle mie labbra mentre questi, stizziti e spaventati, se ne vanno lasciando le loro malelingue lontano dalle mie orecchie. Alzo la testa dall'altra parte della piazzetta dove una giovane donna molto elegante mi sta fissando. Le sue guance si tingono dello stesso rosso del suo abito e, abbassando la testa e chiudendosi nelle spalle, cammina verso il portone del palazzo. Continuo a seguire la sua figura elegante finché non la perdo di vista.

<<Ti devo parlare>> esordisce improvvisamente Ubbe apparendomi a fianco. Scendo dal muretto e lo seguo verso la stanza che il re ci ha lasciato per il tempo libero. Lo seguo in silenzio guardando le sue spalle che con regolarità si alzano e si abbassano. I suoi passi spediti risuonano sulla pietra del pavimento, le nostre ombre tremolano sulle pareti. Si ferma davanti la porta di legno e mi guarda dall'alto prima di aprirla <<promettimi solo che non darai in escandescenza>> dice afferrando la maniglia <<se dici ciò, vuol dire che mi arrabbierò Ubbe>> affermo lui sbuffa appoggiando le mani sulle mie spalle <<prometti>> dice appoggiando la punta del naso al mio, come facevamo da bambini con suo padre. Ripeto il suo gesto accettando di non arrabbiarmi.

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<<TU COSA?>> grido ascoltando le sue parole. Ubbe si abbandona sul tavolo <<avevi promesso che non avresti dato in escandescenza>> piagnucola, la testa ancora nascosta tra le braccia incrociate sulla superficie di legno <<mi hai appena detto che vuoi diventare un cristiano. Cosa avrei dovuto rispondere? Bravo amico mio?>> grido sentendomi tradita. Voltare le spalle ai nostri dei per un altro dio? Anche se Odino non è presente, così come gli altri sembrano averci abbandonato, non gli dà il diritto di fare una cosa del genere. <<Anche Ragnar non credeva più nei nostri dei>> inizia ma lo zittisco con uno schiaffo in pieno volto. <<Tuo padre non ha mai smesso di credere Ubbe. Non lo avrebbe mai fatto>> affermo, tenendo un tono tranquillo ma i miei occhi castano scuro sono concentrati sui suoi azzurri. La porta alle mie spalle si apre lentamente e Torvi infila la testa all'interno della stanza. <<mi dispiace disturbare, ma il re ci attende>> dice. Sciolgo le spalle e prendo un respiro mentre Ubbe la ringrazia. Torno a sedermi e strofino gli occhi con le dita, chiedendo a me stessa perché mi trovo sempre in questi casini. Lui si inginocchia davanti a me, appoggiando le braccia sulle mie ginocchia e mi prende le mani tra le sue <<deluderti, è l'ultima cosa che voglio>> sussurra inarcando le sopracciglia e guardandomi dal basso. Questo sguardo, quello che rivolgeva al padre quando combinava qualche guaio, non lo vedevo da anni. Appoggia la mano sul pancione e sorride leggermente <<aspetti mio nipote e voglio essere presente per lui. Voglio fare lo zio modello>> ridacchia per alleggerire un po' la tensione ma non mi sento in vena di ridere. <<potrai mai perdonarmi?>> chiede sospirando. Per quanto mi è possibile mi sporgo verso di lui, afferrandogli la lunga e complessa treccia, gli tiro indietro la testa <<se questo è ciò che vuoi, non ho nulla da perdonarti>>.

come il sole e la luna 2  ||vikings fanfiction ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora