Irama's pov
Ero a Milano ormai da qualche giorno, Ludovica l'avevo sentita spesso, la chiamavo raccontandole le mie giornate e lei faceva lo stesso così da sentirci vicino anche se in realtà ci dividevano chilometri.
Era notte fonda e non riuscivo a dormire, la tensione per le selezioni di Sanremo era tantissima, ci stavo davvero scommettendo molto, avevo capito quanto la musica giocasse un ruolo fondamentale nella mia vita e avevo deciso di rischiare il tutto per tutto.
Dopo quei giorni intensi passati con Giulio a provare, provare, arrangiare e provare ancora mi era venuta voglia di scrivere. Sapevo di chi avrei voluto scrivere, ma davanti alle pagine bianche di quel quadernetto mi bloccavo, la mia mano quasi non riusciva a muoversi, quella cosa mi faceva ancora talmente male da non riuscire nemmeno a sfogarmi con l'inchiostro e buttar giù qualche verso. Solo Lori e Ale conoscevano la storia che avrei voluto raccontare, sapevano quanto mi aveva ucciso lentamente dentro, quanto mi ferisse ancora quando la mente mi riportava lì, quanto fosse stato difficile farmi sfogare quella notte.Flashback
Era notte fonda, il mio telefono continuava a squillare da ore intere e lo schermo portava sempre il nome di uno dei due miei migliori amici. Non avevo voglia di parlare con nessuno, dopo quello che mi aveva detto avevo preso la macchina senza aver nemmeno la patente, imboccato l'autostrada e schiacciato sull'acceleratore talmente forte che mi sembrava di sentire il cervello uscire dalla testa. Poi mi ero fermato, così in mezzo al nulla, in una piazzola di sosta e avevo preso a pugni il volante fino a far sanguinare le nocche delle mie mani, urlando così tanto che la voce non riusciva più ad uscire e le corde vocali si arresero. Mi sentivo vuoto, sgombero, come se un pugnale mi fosse entrato nello stomaco ma talmente tanto era il dolore che non ero riuscito a sentire nulla.
Il telefono continuava ad emettere quel suono così fastidioso, lo presi e digitai un semplice messaggio ai miei amici. "Fa troppo male, ho bisogno di voi." Indicando la posizione dove mi trovavo.
Quando arrivarono Ale e Lori mi trovarono con la faccia contro il volante e qualche bottiglia di birra vuota nel sedile accanto, non avevo neanche la forza di aprire la portiera, lo fecero loro al posto mio, portandomi nella loro macchina. Fissai il vuoto per minuti interi, loro non parlavano si limitavano ad aspettare avessi il coraggio di parlare. Gli raccontai tutto, lasciandomi andare alle lacrime e squarciando il silenzio con qualche urlo. Mi ascoltarono in silenzio, abbracciandomi di tanto in tanto, mi stettero vicino abbastanza per non farmi sentire solo, ma nessuno avrebbe mai compreso il dolore che mi stava squartando l'anima in quel momento.E quella notte era come tornare indietro nel tempo e rivivere tutto quel dolore, però sentivo la necessità di scrivere quella canzone e lasciarmi sopraffare dalle emozioni. Quando scrivevo sembravo quasi pazzo. Ridevo, piangevo, urlavo, fumavo mille sigarette una dietro l'altra, strappavo le pagine, scarabocchiavo nervosamente i fogli bianchi.
Era quasi mattina, dalla tenda leggermente scostata riuscivo ad intravedere l'alba che stava nascendo, il sole che si levava nel cielo creando un'armonia di colori quasi poetica, sento il suono del telefono che interrompe i miei pensieri.
"Ieri sera avevi una voce strana, so che hai bisogno dei tuoi tempi ma è tutta la notte che ci penso, stai bene?"
Sorrisi, riusciva a capire se qualcosa non andava solo dal tono di voce e anche questa volta ci aveva preso, era riuscita a leggermi dentro anche se io cercavo di non permetterglielo.
"Avevo bisogno di scrivere una canzone, ma sto di merda, davvero di merda, ho bisogno di vederti."
Dopo qualche minuto mi chiamò e cercò di tranquillizzarmi anche se non me la sentivo di aprirmi e raccontarle tutto, rimanemmo al telefono per molto tempo accordandoci per vederci il giorno dopo.Ludovica's pov
Quella mattina dopo aver sentito Filippo non riuscì più ad addormentarmi, lo sentivo strano e non ne conoscevo il motivo. Aveva una voce rotta, spenta, senza calore come se il dolore che nascondeva dentro di se fosse uscito tutto insieme tra le parole di quella canzone.
La giornata per fortuna passò in fretta, dopo il corso di fotografia presi la macchina e corsi a casa per prepararmi, lo schermo del telefono si illuminò "tra due ore sono lì 🌹" sorrisi istintivamente.
Finii si prepararmi e appena mi avvisò del suo arrivo scesi di corsa le scale. Era lì fermo vicino alla portiera con le mani tra i capelli mentre se li sistemava, aveva il viso di un colorito bianco, delle occhiaie abbastanza profonde e gli occhi leggermente lucidi segno di una notte passata completamente in bianco. Si girò leggermente a guardarmi e sorrise facendo qualche passo in avanti per abbracciarmi.
Salimmo in macchina e per tutto il viaggio non parlammo, arrivammo in villa a casa di Lorenzo che ormai era diventato il nostro rifugio, il posto dove andare quando volevamo confessarci le cose più intime.
Ci fermammo in giardino per fumare qualche sigaretta, uno accanto all'altra con la sua mano che accarezzava dolcemente la mia e i suoi occhi che ogni tanto si perdevano nei miei come per volermi rivelare qualcosa che a parole era troppo difficile da confessare.
Ad un certo punto il mio telefono inizia a suonare, spezzando quel momento magico. Era mia sorella che voleva raccontarmi della sua giornata passata tra scuola, amici e la lezione di pallavolo. Con quella vocina così dolce e melodiosa che sarei stata ore ad ascoltare e quelle risate così pure che ti facevano bene al cuore. "Non me l'hai mai fatta vedere, hai una foto?" Mi chiese, io presi il telefono e aprii la galleria rivelando le centinaia di foto che avevo raffiguranti Celeste, lui lo prese ed iniziò a farle scorrere con un sorriso amaro in volto.
"Quanti anni ha?" "Cinque anni, quasi sei...li compie a dicembre" Scorrendo con il dito fece partire un video e la risata della mia sorellina si diffuse interrompendo il silenzio di quella notte. Filippo rimase lì a fissare lo schermo come se la mente stesse viaggiando da sola, poi appoggiò il telefono e si allontanò entrando in casa. Lasciai passare qualche minuto prima di andarlo a cercare, al primo piano non lo trovai, continuai a cercarlo al piano di sopra e lo trovai fuori dal balcone con la schiena appoggiata contro il muro e le mani infilate tra i capelli che gli sostenevano le testa.
"Una volta mi sono innamorato lo sai, avevo diciassette anni e lei qualcuno in più. La incontrai per caso in un periodo dove la bottiglia di scotch era la mia unica certezza. Era sola, nascosta in una strada buia mentre cercava di medicarsi alcune ferite superficiali. Era una prostituta, l'avevano picchiata perché aveva cercato di ribellarsi agli ordini. Il suo viso mi rimase in mente tutta la notte, il giorno dopo tornai su quel marciapiede e la trovai lì, iniziai a pagarla per portarla via da quel posto e farle passare qualche ora in serenità. Ci vedevamo tutti i giorni, io che cercavo di farla svagare con la mente portandole un po' di tranquillità e lei che mi faceva sentire vivo. Io che attraverso di lei riuscivo a conoscermi meglio e lei che cercava protezione tra le mie braccia- la sua voce tremava leggermente e mentre raccontava queste cose teneva lo sguardo basso rivolto verso il pavimento torturandosi le mani - un giorno mi chiamò e mi disse che doveva vedermi con urgenza, la raggiunsi sperando mi dicesse che aveva deciso di lasciare quel mondo e provarci davvero, superando la paura di venire uccisi entrambi. Entrò in macchina, mi guardò e mi disse "Non so come dirtelo Filo, te la faccio semplice ho deciso di abortire ieri, ero incinta di te, ho preferito non dirtelo perché dovevo risolvere questa cosa da sola e non dipendere da nessun'altro. La mia vita è questa e un figlio avrebbe solo rovinato le cose ad entrambi, tu sei ancora un ragazzino e io non posso scappare dal mio destino." Non c'era un modo per indorare la pillola e rendere questa notizia meno terribile. Lei scappò velocemente dalla macchina e io rimasi lì con le mani sul volante e lo sguardo perso nel vuoto. Un figlio, un bambino capisci? Non aveva neanche pensato di chiedermelo cosa avrei voluto, cosa avrei fatto io di quel bambino, se mi fossi assunto le mie responsabilità nonostante l'età, no lei aveva pensato solo a se stessa, solo al suo pensiero e mi aveva tagliato completamente fuori. Era come se il sangue di quel bambino me lo sentissi scorrere nelle vene senza aver avuto nemmeno la possibilità di poter mettere bocca sul suo destino. Ero un ragazzino, ma questa cosa ebbe la forza di distruggermi e sopraffarmi completamente. Mi sentivo una nullità, inerme, con una forza insignificante come se mille tir con tutto il loro peso mi fossero passati sopra e io non avessi avuto nemmeno l'energia per accorgermene.- si avvicinò lentamente a me e mi si sedette di fianco, io istintivamente gli presi la mano cercando di fargli capire la mia vicinanza - Ludo io quel figlio l'avrei voluto capisci? Ogni volta che vedo un bambino mi viene in mente e penso a come potrebbe essere ora, di che colore avrebbe gli occhi, quale sarebbe il suono della sua voce mentre pronuncia la parola papà, se avrebbe preso il mio carattere o se i suoi lineamenti sarebbero stati simili ai miei- alcune lacrime sfuggirono al suo controllo, allora si alzò andando vicino alla ringhiera del terrazzo asciugandosele velocemente con il dorso della mano e tirando dei lunghi respiri nel tentativo di calmarsi, io mi alzai, mi avvinai a lui e gli presi il viso tra le mani mentre i miei pollici continuavano ad accarezzargli le guance - Solo Lori e Ale conoscevano questa storia, ieri sera avevo bisogno di sfogarmi e mettere nero su bianco queste emozioni è per quello che mi hai sentito un po' giù, perché questa è un'esperienza che mi ha distrutto talmente tanto dentro che non riesco mai a parlarne e non so neanche se sarò mai in grado di superarla. Però su quel bambino non sono riuscito a scrivere nemmeno una parola, ho scritto di lei, di noi, ma di lui cosa potrei scrivere oltre al fatto che l'ho perso? Oltre al fatto che mi è stata negata quella che poteva essere la possibilità più bella della mia vita? Quando prima ho visto i video della tua sorellina, mi si è rotto qualche cosa dentro, come se lo stomaco si fosse contorto, come se una lama mi avesse trafitto squarciandomi la pelle, non ho retto e sono scappato perché farmi vedere così da te mi metteva a disagio. Non vorrei essere così fragile, non vorrei ancora sentire il dolore così vivido come se la ferita fosse ancora fresca. Mi sento come se quel taglio non sarà mai in grado di chiudersi, facendo sempre uscire quel goccio di sangue che continuerà a macchiarmi e che non cicatrizzerà mai." Mi guardò fisso negli occhi, accasciandosi poi a terra con il viso stretto nelle mani e il respiro molto accelerato, mi sedetti vicino a lui e appoggiai il suo volto nel mio grembo accarezzandogli i capelli e cercando di farlo calmare. "Dopo di lei non ho più avuto nessuna, cioè qualche ragazza conosciuta in discoteca, qualche notte di sesso, ma niente di più. Non ho mai più voluto che l'amore prendesse spazio nella mia vita. È per questo che ho una paura fottuta delle sensazioni che mi stai facendo provare tu, perché mi conosco e so cosa significano, so che le emozioni che mi sovrastano quando sono con te hanno un senso; però resta il fatto che ho talmente tanta paura che a volte le paranoie prendono il sopravvento e mi portano a scappare da te e a far finta che il cuore non mi batta all'impazzata quando ti penso.
Ho cercato di scappare all'inizio e di dimenticarmi della sensazione che ho provato perdendomi nei tuoi occhi, ma non ce l'ho fatta, ogni cosa mi riportava inevitabilmente a te e sono arrivato ad una conclusione. Nonostante tutto: le mille paranoie, le ansie, le paure più nascoste, il mio carattere, la mia difficoltà nel legarmi ad una persona, il voler chiudere a chiave i sentimenti il mio cuore tornerebbe sempre da te."
Gli sorrisi, avevo il cuore che batteva all'impazzata e le guance che si stavano tingendo di rosso, lui si avvicinò lentamente al mio viso, incastrò i suoi occhi azzurri nelle miei che al buio della notte sembravano due biglie, iniziò ad accarezzarmi dolcemente una guancia e d'improvviso fece scontrare le nostre labbra in un bacio. Il suo sapore che si mischiava al mio, un istante durato pochi frammenti di secondo che però fu in grado di crearmi mille brividi sulla pelle.
Si allontanò e mi accarezzò i capelli attorcigliandosi le punte tra le dita. "È il secondo" per un attimo lo guardai senza capire, ma lui anticipò ogni mia domanda. "Il secondo bacio rubato, anche dopo la festa a casa di Lorenzo è successo, non avevo saputo resistere, ma tu dormivi e non te ne sei nemmeno resa conto..." Mi disse con un tono un po' deluso nella voce. Lo guardai imbarazzata, con un'espressione divertita in viso e i denti che torturavano il mio labbro inferiore "Non ci posso credere, pensavo di essermelo sognato, avevo la sensazione di aver aperto per un secondo gli occhi e aver sentito le tue labbra appoggiate alle mie, ma pensavo di essermi sbagliata." Lui iniziò a ridere come un bambino, con quella risata che era in grado di illuminare persino il buio mentre io iniziai a dargli piccoli schiaffi sulle braccia e sul petto fingendo di essere molto arrabbiata.
Dopo qualche coccola decidemmo di rientrare perché l'aria cominciava ad avere quel sapore di autunno e quel freddo appena percettibile.
"Domani ho deciso di portarti in un posto molto importante se ti va..." gli sorrisi rispondendogli che mi avrebbe fatto molto piacere poco prima di addormentarmi cullata tra le sue braccia.
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Fino in fondo all'anima|| IRAMA
FanfictionDue sconosciuti. Due personalità opposte. Un incontro casuale che forse li legherà per sempre. Perché le migliori storie nascono proprio così in maniera spontanea. Lei. Ludovica, 19 anni. Una ragazza fatta di sogni e cicatrici incise sul cuore. Prot...