̶C̶A̶P̶I̶T̶O̶L̶O̶ ̶I̶

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Yoongi in quei tempi dormiva poco e quelle poche volte in cui riusciva a prendere sonno, dormiva male. Non che la cosa fosse importante per lui, era semplicemente qualcosa a cui pensava molto spesso di notte, quando gli altri dormivano. A volte si alzava dal suo materasso, scostava le coperte dal suo esile corpo e si dirigeva davanti ad una finestra senza vetri; ed era lì, in quella posizione, che attendeva lo scorrere del tempo. Quando il sole si innalzava rischiarando il cielo, lui e i suoi compagni uscivano dalla tetra e mal ridotta abitazione, ognuno per conto proprio, col pensiero di rincontrarsi solo quando la giornata stava per volgere al termine, nello stesso e medesimo luogo in cui erano, ormai, abituati a ritrovarsi. Il biondo avvolse il suo corpo in un parka dal tessuto tinto secondo motivi militari, prima di lasciarsi gli altri alle spalle; fu il primo ad uscire quel giorno.

Non aveva ben chiara l'idea di come avrebbe passato quella giornata, d'altronde era un giorno semplice, normale, uguale a quelli precedenti e uguale anche a quelli futuri. Fece mente locale cercando di ricordare cosa avesse fatto il giorno prima, ci mise un po' per ricordare che aveva passato quasi tutta la mattinata a vagare per la stazione centrale di Seul e dintorni, girovagando per i binari e talvolta, sedendosi su qualche panchina vuota, trovata per caso con l'intento di osservare tutti quelli che mettevano piede in quel luogo. Ma si disse che non gli andava, non voleva andare in un posto, che con la massima probabilità che ci potesse essere, avrebbe visto quella stessa sera.

Ricordò che molto probabilmente Namjoon sarebbe stato lì per un tizio che gli aveva promesso una grande quantità di roba che gli avrebbe fruttato un sacco di soldi. Tuttavia, Yoongi stava ancora meditando sulla richiesta fattagli dal ragazzo, passare più tempo con lui gli avrebbe sicuramente portato dei benefici, come ad esempio le tasche colme di soldi e non di sigarette ammaccate. Ma le tasche dei suoi pantaloni erano comunque tutte forate, quindi si disse che sarebbe stato comunque tutto inutile. Optò quindi per il fiume Han, anche se amava andarci di notte, non aveva comunque nient'altro di meglio da fare. Quando arrivò sul ponte di Hannam, diede dall'alto una fugace occhiata alle acque del fiume, placide e calme come sempre, si sedette solo quando arrivò fino alle sue sponde. Era sorprendente il fatto che qualche volta di tanto in tanto, in quel posto ci trovasse degli studenti, avvolti dalle loro splendide e perfettamente stirate, divise. Ogni volta che il biondo li notava, non riusciva a far a meno di pensare che non tutti gli studenti erano poi così ligi al dovere come spesso facevano credere. La sua mente viaggiò per qualche momento che sembrò essere infinito, ricordò i tempi in cui anche lui indossava una divisa, ma la sua, a differenza di quella che indossavano quei ragazzi che sedevano solo di qualche metro più a destra rispetto a dov'era lui, era di un blu scuro che volgeva al nero. Non ricordava se avesse mai marinato la scuola, probabilmente lo aveva fatto ma lui, al contrario della maggior parte degli altri ragazzi della sua età, non aveva mai avuto la presunzione e l'ipocrisia di definirsi come qualcuno che ovviamente non era. Aveva sempre immaginato che la sua vita non sarebbe stata delle migliori, che non avrebbe mai fatto grandi cose e la vista di come si era ridotto, non faceva altro che confermare le sue passate teorie. Ma Yoongi non era un tipo che amava piangersi addosso, la sua vita, per la maggior parte delle persone presenti sulla faccia della terra, sarebbe stata classificata come squallida e priva di significato. Un difetto della natura. Forse lo era realmente, lui questo non avrebbe mai saputo dirlo con certezza ma anche se così fosse stato, a lui non importava comunque. A lui, in linea generale, non importava niente di qualsiasi cosa, dalla più futile, alla più significativa.

Qualcun altro avrebbe potuto definire la sua condizione come un male di vivere e forse questa era la teoria che maggiormente trovava riscontro con la realtà; poiché molte erano state le volte in cui aveva meditato su quanto altro tempo avrebbe dovuto vivere in quelle condizioni. Il suo desiderio di autodistruzione aveva iniziato a manifestarsi quando frequentava ancora la scuola ma solo dopo aver finito gli studi parve toccare il suo apice. Da quel momento, concentrò la sua intera vita su quell'unico pensiero, tutto roteava intorno a quell'idea e ogni suo gesto era volto al raggiungimento di quel fine. E non era il solo a pensarla in quel modo, la maggior parte di loro, erano entrati in quel circolo vizioso per lo stesso motivo e il fatto che non lo avrebbero ammesso liberamente mai, davanti a nessuno, era un'altra questione. In Corea, tutti dovevano fingere di essere persone perfette che si erano ritrovate in una determinata condizione per sfortuna o per caso. Che non avrebbero mai pensato che da un gesto stupido, sarebbe potuto venire tutto quello che si ostinavano a voler vivere ogni giorno. E no, non era affatto così e di questo il biondo era consapevole. Lui stesso aveva fatto tutto da solo, con la spietata e fredda consapevolezza che solo chi sapeva cosa stava facendo, aveva.

R̶E̶G̶R̶E̶S̶S̶I̶O̶N̶  │SOPEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora