CAPITOLO 16

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«Principessa! Correte! »

Rubyo urlava alle mie spalle, sporco e pieno di graffi, mentre salda tra le mani impugnava una spada.

Avevo il fiatone. Il lungo vestito a strati di seta, raso e tulle mi aveva fatto più volte inciampare e, adesso che lo tenevo sollevato, erano ben visibili i lividi sulle gambe, che mi dolevano per i colpi presi. Rapidi ma impacciati sotto al tulle, i miei piedi erano scalzi e sanguinavano per la corsa su strade dissestate. Mi fermai, respirando ampie boccate per cercare di riprendere fiato, mentre la bocca veniva pervasa da un fastidioso sapore ferroso.

«Non fermatevi ora! »

Rubyo mi prese per mano e con uno strattone mi ritrovai nuovamente a correre. Ora eravamo nei giardini, a confine con la cinta muraria di quel palazzo dalla quale non ero mai uscita.

«Salite. »Rubyo mi pose i palmi delle mani, uniti a formare un gradino. «Non abbiamo tempo! Stanno arrivando! »Sentii l'armatura delle guardie imperiali tintinnare da lontano. «Abbiate fiducia in me. »

Quelle parole, dette in quel momento e con quel tono, erano esattamente ciò di cui avevo bisogno.

«Non posso lasciarti indietro! »Tuttavia io ero ancora titubante.

Ma Rubyo, determinato, fece quello che non mi sarei mai aspettata in un momento simile: si inginocchiò ai miei piedi, portandosi un pugno sul cuore.

«Da oggi in poi io sarò il vostro scudo, la vostra spada, la vostra proprietà. La vostra vita prima della mia e io non avrò esitazione a sacrificarmi in cambio della vostra salvezza. Quindi usatemi e consideratemi come un oggetto; riponete in me tutta la vostra fiducia e io mai, vi tradirò. Questo è il mio giuramento. »

L'immagine si fece improvvisamente sbiadita e il giovane, ma già maturo, volto di Rubyo, si sostituì ad un cielo stellato. Mi costò un immenso sforzo riaprire gli occhi e, ancora presa dal torpore del sogno, ci vollero alcuni secondi prima di realizzare dove mi trovassi.

«Ben sveglia, Favilla. »Echeggiò tra le onde la voce di Gideon.

Con un mugugno provai ad alzarmi, ma ero in pessime condizioni per farlo da sola. Degli stracci, a mo di benda, mi avvolgevano il petto e la spalla del braccio ferito, scendendo per tutta la lunghezza e raggiungendo il polso rotto. Le gambe e le ginocchia graffiate e abrase avevano già smesso di sanguinare, tuttavia i muscoli continuavano a risentirne.

«Hai anche una costola incrinata. »Aggiunse Gideon, mentre, prendendomi il braccio sano e la schiena, provava a sollevarmi.

Ritrassi in fretta la mano, guadagnandomi uno sguardo accigliato di Gideon.

«È-È sporca. »Bisbigliai.

Inizialmente Gideon non parve capire, ma gli bastò lanciare un occhiata per comprendere a cosa mi stessi riferendo: il sangue secco mi sporcava ancora tutta la mano, i vestiti e probabilmente anche il volto.

«Dammi la mano. »Quello di Gideon era un ordine, ma il tono con cui lo disse fu così dolce da non sembrarlo.

Ancora inginocchiato al mio fianco, allungò il braccio verso il mare, dal quale si sollevò una bolla d'acqua che rimase fluttuante nell'aria all'altezza della sua testa.

Poi, con una calma sconcertante, prese un brandello di stoffa dal sacco e lo lasciò scivolare nella bolla dove quest'ultimo prese a rotolare su se stesso, seguendo il flusso delle acque che mai si era interrotto.

Pochi istanti dopo, quando il panno impregnato divenne pesante e smise di muoversi, Gideon lo recuperò dalla bolla, passandomelo delicatamente sul palmo della mano per ripulirlo. Fissai come ipnotizzata, senza mai batter ciglio, la stoffa sporcarsi di rosso, mentre il mio palmo tornava alle sue sfumature rosee. In quell'istante scomparve anche l'ultima goccia di adrenalina che mi era rimasta in corpo, lasciando libero spazio a ansia, angoscia, paura e infine l'ultimo e il peggiore: il senso di colpa. Fu allora che mi abbandonai ai sentimenti, lasciando che una, sola e calda lacrima, abbandonasse, silenziosa, il suo rifugio.

«Ho ucciso un uomo. »Lo sguardo fisso, fermo nel mare aperto.

«Voleva ucciderci. »Le parole di Gideon risultarono ovattate alle mie orecchie, tappate dal rimorso.

«Senza pietà. »Continuai, come se la voce di Gideon non mi avesse mai raggiunta.

«Aveva ferito Rubyo. »Mi accarezzò delicatamente il viso, asciugandolo dalla lacrima e ripulendolo dal sangue, poi nascose in fretta il panno sporco, come un assassino che nasconde le prove del proprio omicidio.

«Passerà? »Domandai con un filo di voce, mentre il mio sguardo indugiava ancora sul mare increspato.

Volsi lo sguardo solo quando notai Gideon scuotere la testa in risposta alla mia domanda.

«Com'è stata la tua...prima volta? »

Il suo viso si colorò di espressioni contrastanti di tristezza e rabbia, dolore e rimorso, mentre nella sua testa riaffioravano i ricordi.

«Ero ancora un bambino, la prima volta... »Alzò gli angoli delle labbra in una smorfia amara. «Stavo solo cercando di fare amicizia, ma ho finito per far affogare un innocente. Ho provato ad aiutarlo... »Si interruppe, scuotendo la testa, mentre gli occhi appannati dai ricordi avevano perso il loro naturale luccichio. «Ma con il tempo ho imparato ad ignorarlo e prima che me ne rendessi conto, la mia vita aveva preso una piega nuova, per cui uccidere era diventata la condizione della mia sopravvivenza. »Tagliò corto lui, visibilmente provato dai ricordi.

«Grazie. »Dissi con un filo di voce, fissando intensamente Gideon negli occhi, che ora mi guardavano sbarrati.

«A cosa devo questo onore? »Tornò subito lui, con il suo solito tono scherzoso, fingendo di non capire.

«Per esserti... aperto con me... È la prima volta, sai? »Bastarono pochi istanti, e il luccichio nel suo sguardo cambiò in qualcosa di più cupo e misterioso, ma allo stesso tempo attraente e pericoloso.

«Infondo lo capisco. »Con la testa fece cenno al corpo disteso di Rubyo, che aveva visibilmente ripreso colorito in volto.

Mi accigliai a quella sua improvvisa affermazione.

«Cerchi di dimostrarti una donna forte e senza paura, sempre pronta all'azione, con una mente logica e razionale sempre in funzione. Ma infondo sei più debole di quanto non ti piaccia ammettere. Troppo buona per uccidere, troppo spaventata per vedere le persone morire.»

In un attimo di silenzio quelle parole mi pervasero come l'acqua in una spugna, raggiungendo il profondo della mia anima e in un istante tutte le mie certezze crollarono, facendomi sentire debole e insicura, impedendomi di evitare l'avanzata di Gideon.

«Chiunque desidererebbe proteggerti. »

Quelle parole risultarono improvvisamente così seducenti sussurrate nell'orecchio, mentre il labbro inferiore di Gideon mi sfiorava il lobo, provocandomi lunghi brividi.

«Sei rossa. »Mi stuzzicò infine il Kelpie, una volta allontanatosi e distesosi sulle braccia.

Dall'espressione sul suo volto e dal suo tono sembrava che non fosse successo nulla e che quegli attimi prima fossero solo frutto della mia immaginazione.

«È per questo che mi chiami Favilla. »Cercai di accerchiare la situazione.

«Intendo in volto. »Tornò lui sul punto, deciso.

«È il freddo. »Non mi arresi, provocando un ghigno sulle labbra di Gideon.

«Tieni. I Kelpie non soffrono il freddo. »Mi pose la sua giacca, che accettai, nonostante fosse ben consapevole della situazione.

Infatti avevo mentito e in quel momento provavo dannatamente caldo.

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