CAPITOLO 63

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《Perché? Perché non me lo hai detto prima?》Ero furente, con i pugni serrati lungo le gambe e il naso arricciato.

Il volto di Gideon rimase impassibile, ma il suo sguardo era bloccato nel mio, con un accenno quasi di sfida.
In questo momento, nei suoi confronti, provavo solo rabbia allo stato puro, che presto si sarebbe trasformata in disprezzo.
Per un mese ci eravamo preoccupati per lui e per la sua incolumità. Avrei accettato qualsiasi rischio pur di saperlo salvo, e anche Rubyo, che sarebbe stato abbastanza maturo da lasciarsi alle spalle ogni divergenza passata.

Eppure ora, quasi mi pentivo di aver penato per una persona del genere. Egoista e immatura.

《Hai ragione.》Raccolsi il sacco con indifferenza.《È stato uno sbaglio accoglierti.》

Non lo guardai neppure, me ne andai e basta.

Come in simbiosi con il mio umore, il cielo iniziò ad annuvolarsi. A breve avrebbe piovuto e, a giudicare dalla dimensione dei nembi, non poco, rendendo l'oceano troppo agitato per essere riattraversato con una barca.

Sarei romasta su quell'isola più a lungo di quanto sperassi.

Ma ora non avevo altro tempo da perdere, dovevo trovare Rubyo al più presto, solo allora avrei pensato alle mosse successive.

Solo una cosa era certa, non lo avrei mai abbandonato.

Per un secondo indugiai, guardandomi alle spalle.

Serrai la mascella.

Anche Gideon aveva bisogno di aiuto, ma si era appena condannato con le sue stesse mani.

Tornai sui miei passi per la terza volta, dirigendomi sul lato opposto dell'isola. Fortunatamente Erling era relativamente piccola e in poche ore, l'attraversai quasi tutta.

Ma fu proprio questo dettaglio ad abbattermi maggiormente.

Era da ore che camminavo sotto la pioggia scrosciante, incrociando percorsi già precedentemente battuti, e di Rubyo non c'era alcuna traccia o, se mai ci fosse stata, la pioggia l'aveva cancellata.

Inciampai su una radice scivolosa, cadendo nel fango.
Rimasi immobile per un momento, scossa dal contraccolpo, inginocchiata sotto i fulmini.

Sferrai un pugno al tronco al mio fianco. Il grido che emisi mi fece bruciare la gola. Era secco e breve, ma carico di frustrazione.

Non stavo concludendo nulla, girando in tondo per ore ed abbandonando Rubyo al suo destino.

Ma io al destino non credevo.
Sarei stata io stessa a modellare il mio futuro a mio piacimento.

Mi alzai nuovamente, facendomi forza sulla coscia dolorante per la fatica giornaliera.
In un attimo fui nuovamente in piedi, ignorando il bruciore ai polpacci e il peso dei vestiti bagnati ricoperti di fango.

Presi a correre, schivando qualsiasi ostacolo mi si parasse davanti, con i polmoni che mi bruciavano e l'affanno che mi premeva sulla testa.

Attraversai tutta l'isola in una notte, senza sosta, ma non trovai né Rubyo, né Gideon.
Quest'ultimo aveva abbandonato quell'abbozzo di accampamento che aveva creato, lasciando dietro di sé solo un cumulo di ceneri bagnate.

Quando iniziai a cercare un riparo momentaneo, mi risultava difficile reggermi in piedi.
La pioggia aveva diminuito la sua intensità, ma mai aveva smesso di beccare il suolo impregnato.

Optai così per un incavo roccioso, simile ad una grotta. Ne avevo viste tante simili a questa, ma in nessuna avevo pensato di addentrarmi. Rubyo non ci sarebbe mai entrato solo e di sua spontanea volontà, e se qualcuno lo avesse obbligato, le voci si sarebbero sentite da fuori.

Eppure sembrava scomparso.

Mi accasciai alla parete, trovando finalmente un momento di tregua dalla pioggia. I vestiti sgocciolanti ticchettavano sulla roccia, mentre i capelli bagnati e sporchi di fango mi si appiccicavano fastidiosamente in faccia.

Avevo i brividi.

Nella grotta, il fango stava iniziando a seccarsi, incrostandosi sulla pelle e sugli abiti, aumentando la sensazione di freddezza. Alitai sulle dita insensibili, sfregandole.
Non tentai neppure di accendere il fuoco: ogni tentativo sarebbe stato inutile.

Vacillai tra il sonno e la veglia più volte, temendo che, se mi fossi arresa alla stanchezza, al mio risveglio, l'ipotermia non mi avrebbe fatto riflettere più lucidamente.

Abbandonai quell'insenatura solo quando le luci dell'alba si rifletterono sul suolo impregnato.
Di nuovo, con i muscoli più indolenziti di prima, ripresi per l'ennesima volta a vagare tra scogliere e boscaglia, finché un ginocchio non cedette sotto al peso del corpo.

In un movimento involontario mi accasciai al suolo, non senza un sussulto di stupore per l'improvvisa caduta.
Cercai di rimettermi in piedi aiutandomi con la corteccia rugosa di un tronco, ma la caviglia si piegò stremata, storcendosi.

Ripiombai a terra.

Avevo ripreso a tremare, o forse non avevo mai smesso, e la vista perse spesso la focalizzazione.
Di questo passo non sarei durata a lungo.
Poi, un pensiero improvviso, mi fece assalire dallo sconforto.

Se, come aveva detto Gideon, una guardia imperiale avesse preso Rubyo, a quest'ora si sarebbe già incamminata verso il palazzo.

Forse avevo sbagliato tutto fin dal principio.

Ma ora mi trovavo davanti ad un bivio: incontrare Dollarus e salvare Gideon, o andare nel Regno Imperiale e salvare Rubyo?

I giorni prima dell'incontro con Dollarus erano sufficienti per prendere una sola delle vie.

Cosa dovevo fare?
Chi dovevo salvare?

Non lo sapevo e in quelle condizionemi non sarei stata in grado di prendere una decisione di cui dopo non mi sarei pentita.

L'unica cosa razionale che riuscii a pensare, fu quell di costruire una zattera.

Se fossi rimasta, avrei già avuto un mezzo per andarmene il più velocemente possibile, se non fossi rimasta, sarebbe stata l'unica alternativa possibile per saggiungere la terra ferma.

Spinta da questo nuovo obiettivo, mi diressi in spiaggia.
Mettere i piedi sulla sabbia non aiutò di certo la mia andatura barcollante. Costeggiai buona parte del perimetro in cerca di grossi tronchi o rami che la tempesta avesse spezzato e presto raggiunsi il fondo della scogliera sulla quale mi ero involontariamente arrampicata appena arrivata sull'isola.

Mai avrei potuto immaginare che, proprio lì sotto, coperto da un tetto roccioso privo di pareti, ci fosse Rubyo.

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