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Duole lo scheletro dell'anima

Capita di soccombere, il fastidio infetta ogni striscia di pelle Il sole nero volta le spalle al languore del mezzogiorno
È faticoso essere Camminare impettito e dispensare finti momenti di annullamento della percezione
Oggi zoppico inciampando nel gradino rotto di me stesso Sulle lastre di un pavimento non adatto a sorreggere il peso di una stanchezza corroborante
Piove una tristezza senza espedienti per contrarietà di fiducia Non ho idea di dove girare a meta nebbiosa Invischiato nel paradigma dell'incrocio Aspetto, supino al convulso tuono lamentoso, un ripristino di armatura
Duole lo scheletro irrigidito dalla coorte di oscurità Non vuole ascoltare la costrizione di dover continuare in maniera decente Ribelle, bloccato da diverse magagne che spingono in un unico luogo Scorre non una goccia salmastra, distillato della profonda involuzione avvicinata
Detesto il perbenismo impeccabile della perfezione ostentata e la distorsione contraria La massa conglomerata in cui raramente figura qualcuno e nessuno ti figura Attaccati alla futilità del seguire la fiumana senza cuciture Incollati ai gusti viziosi e ingannatori esposti come assoluto a cui aspirare e convergere E non solo ciò... Ma questo porta a sterrati di distanza dal pilastro iniziale Diversivo malato per accecare la realtà dell'attenzione
Senza capacità di drizzarmi, capita di soccombere Un altro giorno sprecato nell'immobilità di un dolore difficile con cui dimorare La luna timida sullo sfondo del pizzicore languido della notte oscura

Oggi zoppico nella collisione di una parete sfaldata in un incastro arrugginito
A presto
(...Cronache di un disperato dolente...)

Tomas Dispert

Cronache di un DisperatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora