CAPITOLO 12 - STELLA

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"Ci faccio ancora i conti con le tue muraglie...", la sua voce sembra rimbombare sulle pareti per tornare a torturarmi il cervello. Entra da un orecchio e rimane dentro il tempo necessario a farmi risentire ogni piccola sfumatura del suo tono caldo, pacato e provocatorio.
Mi rimetto a sedere guardandolo. Qualche secondo lo passo a specchiarmi nei suoi occhi profondi, espressivi. Lo squadro per bene cercando di capire le sue intenzioni. Direi che fallisco miseramente visto che mi ritrovo a fissargli le labbra analizzando le mie di intenzioni. Con la coda dell'occhio finisco anche a guardargli i pettorali, chiusi in una maglietta nera con un grosso teschio al centro. Ma si può mai mettere una maglietta con un teschio a Natale? Ora, non credo nello spirito natalizio per ovvi e già citati motivi, però non sono così sfacciata o cinica da indossare un teschio e magari anche borchie truccandomi come una punk.

«No, ok, quello sguardo non mi piace», rompo il silenzio imbarazzante creatosi. Continuo a fissargli gli occhi come una guardona sono bellissimi. Chiunque osi il contrario, sta negando di avere una cotta bella e buona per i suoi occhi sexy.

«Quale sguardo?», dice provocandomi. Fessura gli occhi lanciandomi uno sguardo provocatorio d'intesa. Se non altro la malinconia di poco fa possiamo dirla archiviata!

«Maledetto, sai benissimo a cosa mi riferisco!», si mette a ridere tenendosi la pancia e inarcando all'indietro la schiena. La sua risata riempie il salotto. Inevitabilmente vengo coinvolta e rido assieme a lui.

«Hai una bella risata!», dico senza accorgermi che le parole mi sono sfuggite dalla bocca. Smette di ridere per fissarmi. Oh, cielo!

«Lo so, grazie!», rimango interdetta prima di sbuffare una risata. È insopportabilmente egocentrico. Beh, almeno so che, anche dopo il cambiamento, questo lato del suo carattere era realmente una parte di lui.

«Modesto», risponde facendo spallucce.

«Perché negarlo? Sono bello, lo so, ciò non toglie che abbia dei difetti anch'io. Per esempio una delle sue fossette è più piatta, l'altra più scavata, ho un occhio più grande dell'altro, anche se di poco, odio il mio naso e ho un capezzolo più piccolo!», spalanco la bocca sorridendo. Trattengo il respiro prima di dire qualche cavolata. Gli tiro un cuscino e, come se si aspettasse questa mossa, lo para con un braccio.

«Ma stai zitto che sei perfetto. Madre natura con te non poteva fare un lavoro migliore», e meno male che mi sono presa qualche secondo per non dire una cavolata, da notare l'ironia. Detto questo sento una scossa partirmi da dentro. Palesare la bellezza di qualcuno, quando ce l'hai davanti, dà eccitazione e crea suspance, vuoi assolutamente vedere come reagisce quella persona. Lui, appunto, rimane fermo, interdetto per qualche attimo.

«Wow, un complimento, sono lusingato!», gli lancio un altro cuscino tirando dritta la bocca e contraendo i muscoli della fronte. «Scherzi a parte davvero pensi che sia perfetto?», domanda prendendomi per i polsi.

«Certo che lo sei. Sei bellissimo, lo hai detto anche tu», annuisce guardando in basso, come se si riferisse a qualcosa di più che l'aspetto, «Il tuo unico difetto è quello di non credere in te stesso. Insomma, ok, sei figo, ma punti tutto su questo, davvero? Smettila di guardarti allo specchio per come sei esteriormente, prova a vedere chi sei dentro», mi alzo prendendogli la mano. Lo conduco davanti allo specchio in corridoio, dove ci si può specchiare solo il busto. Metto le mani sulle sue spalle forti, le faccio scivolare lungo le braccia mentre lui osserva i miei movimenti.

«Non guardare me, guarda te stesso. Impara ad ignorare gli altri, ci sei solo tu. Sei bello, è vero, lo sanno tutti, lo dicevo anch'io quando ti detestavo, ma non riesci ad accettare di avere più intelligenza di quanta te ne aspetti. Credi in te stesso, Evan, e arriverai dove vuoi!». Adesso il suo sguardo fissa il suo stesso riflesso negli occhi. Le mie mani hanno viaggiato fino a trovare posto sui suoi pettorali duri, lo sto abbracciando da dietro per dargli il sostegno che gli serve mentre riflette sulle mie parole. Quando l'ho capito io avrei tanto voluto che qualcuno mi fosse vicino, per aiutarmi a credere in me, però non c'era nessuno. È brutto per me come lo è per gli altri e un abbraccio può essere davvero un grande aiuto.

Una ragione per innamorarsiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora