CAPITOLO 2 - STELLA

6 2 2
                                    

Mi siedo al mio posto in tribuna. Come abbia fatto Alessandra a trascinarmi qui? Chi lo sa! Sta di fatto che ci è riuscita alla grande. La motivazione che ha utilizzato è stata di volermi portare un po' fuori, ma la sua partita non mi sembra un buon modo per uscire e staccare un po'. 
Dopo la conversazione al telefono mentre ero al museo ho deciso, saggiamente o meno, di ignorarlo. Ovviamente, sono costretta a vederlo tutti i giorni a scuola, evitare i suoi sguardi è diventata la mia priorità, però ho smesso di cercare di evitarlo e ho chiesto gentilmente a Cols se potesse seguirmi fra una lezione e l'altra per non lasciarmi da sola. Ho anche organizzato le giornate in maniera diversa; mollando alcuni corsi facili o noiosi e prendendo parte di altri, pomeridiani, di livello super avanzato. Grazie a questo cambio ho scoperto che i corsi pomeridiani sono frequentati perlopiù da persone senza diploma, lavoratori senza un'istruzione ben definita. Mi va bene così, almeno nessuno sta a prendermi in giro, ciascuno si fa i fatti suoi, segue la lezione e poi se ne torna a casa. I professori sono più o meno gli stessi, e gli orari molto simili. Alla fine ho lasciato solo tre corsi mattutini spostandomi a quelli pomeridiani, perciò, al posto che andarmene a casa alla una e seguire le tre lezioni la mattina, rientro circa per le tre, in questo modo arrivo dopo a scuola e sono tre ore in meno che lo vedo aspettarmi fuori dalle aule. Lui entra alle otto, io alle undici. Anche se alcuni giorni devo entrare lo stesso alle otto, perché, comunque, seguo dei corsi importanti per il mio futuro che si tengono di mattina. Sono soltanto tre, i giorni della settimana in cui entro a scuola alle undici ed esco alle tre.
Il succo è che, non voglio ritrovarmi a stretto contatto col mio ex ragazzo, nonostante l'idea di vederlo non suscita nessun brivido particolare. Non ho problemi a vederlo, solo a stargli vicino perché...se trova una buona occasione per avvicinarmisi, lo fa. Quando ho lezione la mattina spesso ho la sensazione che mi segua. Ignorarlo funziona, ma come posso farlo se mi parla a due metri dal viso? Sarebbe terribilmente scortese e, ahimè, non sono abituata ad esserlo. Al contrario, sono un'esperta nello scansare e schivare le persone, peccato che lui non voglia andarsene, continua a provarci. La mia apatia mi permette di emarginare il dolore, tuttavia ho dovuto allentare le redini, ero troppo distante anche dai miei stessi amici. Così quando gli sono vicina, con le difese basse, non riesco ad essere obbiettiva. Mi manca e non ammetterlo sarebbe stupido, però deve rimanere tutto così.

Dunque, tornando al presente, ho finito per cedere all'insistenza di Alessandra assecondandola e venendo alla partita con lei. Di solito non è una che frequenta gli stadi, però gioca suo fratello nella quadra avversaria e non poteva non fare il tifo per lui. Ravvio la sciarpa, il vento di questa sera è gelato. Le luci da stadio ci accecano immediatamente. Il quadrante elettronico dei punti è stato sistemato coi nomi delle squadre che giocano, attualmente però è solo un grosso orologio che segna, appena sotto, il countdown all'inizio della partita. Il megaschermo è acceso, hanno fatto delle prove per controllarne il funzionamento, adesso sta mandando in loop vari filmati che le varie squadre fanno per mostrare i giocatori e gli allentamenti, insomma intrattengono i tifosi dandogli qualche ripresa degli allenamenti, fra poco, lo stesso schermo, riprodurrà la partita intera, con possibili restringimenti sui giocatori osservati dai college. Si, ci sono degli osservatori pronti a stringere mani e dare borse di studio ai ragazzi, perciò, le telecamere, focalizzeranno la loro attenzione principalmente sui calciatori i cui nominativi sono stati selezionati per la borsa di studio. Le cheerleader cantano e provano la coreografia nelle loro succinte divise. Vederle mi dà il voltastomaco, soprattutto se penso a quello che hanno fatto e a ciò che ho dovuto fare per assecondare i loro capricci. Il prato verde, ben tagliato, è diviso da linee bianche che vanno a delimitare il campo, creando una sorta di muro invisibile per i giocatori. La confusione delle chiacchiere della gente invade i timpani. Ho sentito delle trombette e si vedono alcuni striscioni, soprattutto nelle ultime file, dove le spettatrici non possono essere notate se non in questo modo. Un coro acclama la squadra ospite, la mia amica si alza, urla e batte forte le mani. Fanno tre giri di campo, penso per comprenderne i confini e poi rientrano nello spogliatoio femminile, adibito per il loro arrivo. Mentre li guardo correre penso a cosa ci faccio qui. Non capisco niente di cacio!

Una ragione per innamorarsiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora