CAPITOLO 33 - STELLA

0 0 0
                                    

L'umidità mi avvolge come un abbraccio caldo mentre scendo dall'auto. Sento i pantaloncini appiccicarsi sulla pelle. Avrei proprio bisogno di un cambio!

Attraversiamo la strada gremita di macchine decappottabili o con lo stereo al massimo. Avvicinandosi al lungo mare si sentono le urla dei bambini sommate al chiacchiericcio dei numerosi adulti; mentre più ci avviciniamo alla spiaggia più il mio naso è pervaso dall'intenso profumo di creme solari e oli abbronzanti. Inalo l'aria appena raggiungiamo il porto, c'è odore di mare, di pesce. Le barche attraccate fanno rumore sull'acqua, con l'infrangersi delle onde, alcune urtano fra loro provocando un fastidioso fischio stridulo fra le boe attaccate ai fianchi.

Alcuni clacson suonano a qualche scellerato in motorino o in bicicletta che si azzarda a tagliare la strada, altri frenano improvvisamente a causa dei pedoni che attraversano in un punto dove le strisce pedonali non sono presenti.

Tutti questi rumori mi fanno girare la testa, in più ci si mettono anche il via vai di persone e gli odori forti del porto. Ingoio della saliva sentendo un giramento di testa improvviso e poi una fitta alla testa, la sento come una martellata al cervello. Mi fermo aggrappandomi al braccio di Evan.

Appena riapro gli occhi il suo viso è a due centimetri dal mio.

«Tutto bene?», chiede preoccupato guardandomi. Annuisco mentre strizzo gli occhi e poi li riapro lentamente. Faccio una smorfia colta da un'altra fitta. Le gambe tremano qualche secondo, il mio cervello sta elaborando troppe cose tutte insieme. La grande mano di Evan si poggia sulla mia schiena guidandomi verso la barca del padre. Tira a sé la barca puntando i piedi contro un paletto in ferro battuto. Allungando la gamba, con un balzo, sale sull'imbarcazione, poi allunga la passerella, la percorre venendo a prendermi.

Vado a sedermi per riprendermi un attimo, si sentono ancora gli schiamazzi ma sono più lievi, al contrario non riesco a vedere bene la baia ma solo le barche accanto a questa. Ci sono yatch, barchette per escursioni di poche ore, piccoli pescherecci, e una manciata di imbarcazioni simili alla nostra. Il motore si accende sovrastando i miei pensieri, guardo il molo allontanarsi mentre andiamo al largo, isolandoci da tutto. Incrocio le braccia sul bordo e ci poggio la testa sopra, perdendomi nel guardare come il mare si apre al nostro passaggio. Dopo qualche minuto – potrebbero essere venti, non so – ci ritroviamo in mezzo al mare, nel blu. Qualche pesce ci nuota attorno incuriosito dalla barca, ignaro del possibile pericolo.

«Ti capita ancora spesso?», domanda Evan sedendomisi di fianco. Qualche tempo fa è successo che uno dei suoi compagni, Tate Cols, mi buttasse per terra. Battei così forte la testa contro il pavimento che svenni e dovetti essere ricoverata in ospedale per una commozione cerebrale con un grave ematoma al cervello. A quanto mi hanno raccontato l'ematoma fece una gran fatica a riassorbirsi, così rimasi in coma farmacologico per qualche tempo, se avessi fatto qualche sforzo avrei potuto danneggiare seriamente le normali funzioni cerebrali, e probabilmente adesso non starei camminando sulle mie gambe. Sì, perché il trauma cranico ha danneggiato la parte del cervello in grado di far muovere gli arti inferiori; ho dovuto fare molta riabilitazione ed armarmi di pazienza per riuscire a percepire una carezza, o anche solo il tessuto dei pantaloni. Ho saputo anche che, per tutto il tempo in cui sono rimasta all'ospedale, Evan era lì, al mio fianco. Ascoltava i medici riguardo la mia condizione ed anche quando hanno deciso di smettere di somministrarmi i farmaci per il coma, lui era là ad aspettare il mio risveglio, benché ci abbia messo un po' prima di farlo. A quanto pare avevo bisogno di riposo!

Appena sveglia ricordo la straziante consapevolezza di non sentire le mie gambe, i medici dissero che ero giovane e quindi, vista l'età avrei ripreso sensibilità e mobilità se avessi seguito un rigido programma di riabilitazione. Così è stato, con tantissimi esercizi. Ho recuperato mobilità e sensibilità, anche se, a detta degli esperti, per il resto della vita potrei soffrire di perdite temporanee del senso del tatto proprio nelle gambe, specialmente quando sono stanca, perché ora i recettori sensoriali delle stesse sono più lenti, essendo stati danneggiati, inoltre potrei anche avvertire dei giramenti di testa a causa dello sforzo.

Una ragione per innamorarsiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora