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7.

Le ore di attività fisica mattutina erano le più strazianti. Le piccole cacce al tesoro non lo divertivano molto visto che a lui toccava solo seguire il resto del gruppo, e stare all'ombra di Abraham significava solamente muoversi a ogni suo singolo ordine. Solo la sera prima aveva spuntato il decimo giorno passato al Campus e al primo Venerdì del Fuoco era riuscito a cavarsela alla meglio con quelle piccole gare di indovinelli. Erano le uniche in cui fosse bravo, ma per qualche strano motivo, la voce gli moriva in gola, così che la sua squadra aveva sempre il punteggio più basso.

A poco a poco, ad Abraham sarebbe toccato fare i conti con la realtà e capire che non avrebbe potuto cambiare ogni cosa di suo fratello, poteva solo aiutarlo o dissimulare, laddove possibile, non cancellarne gli sbagli o l'incapacità cronica.

Quella mattina l'aveva fatto attendere alla Torre di Vedetta, dicendogli di dover sbrigare alcune questioni di cui, però, non fece parola. Quando Tyler inforcò il binocolo e lo puntò verso il retro della camerata, vide il resto dei Lupi riunirsi e imboccare una delle vie che conducevano al boschetto. Dopo un'oretta, al loro arrivo, un pick-up ne attirò l'attenzione.

Matisse e Lucas si erano diretti ai cancelli d'entrata.
Quando tutti videro il grosso omone pieno di tatuaggi sceso dal rottame arrugginito per poco non dimenticarono di respirare. L'omone grugnì verso i ragazzi che l'osservavano a metri di distanza e, senza mezzi termini, domandò dov'è che fosse un certo Jonson.

Tyler dovette lottare per non cedere a Toby il dominio del binocolo. Aumentò lo zoom e lo costrinse a far silenzio. Il forte sole alle loro spalle li rendeva quasi invisibili per i pochi che avrebbero potuto vederli da sotto.

«Il mio bambino mi ha detto che, l'anno scorso, ci sono stati degli stronzetti, qui, che l'hanno infastidito. Ve lo dico bene, chiaro e tondo: io sono il suo papà, e non avrò problemi a spaccarvi i denti o a torcervi il collo se la cosa dovesse ripresentarsi.»

Abraham fu l'unico a farsi coraggio, quando perfino Matisse e Lucas rimasero immobili.

«Si chiamava Jason, signore. L'abbiamo cacciato via non appena potuto. Io sono Abraham Hydley e capeggio nella squadra dei Lupi. Suo figlio sarà in una botte di ferro, e ci dispiace se l'estate scorsa non siamo riusciti a fare di meglio. Speriamo che senza Jason nessun problema possa ripresentarsi.»

L'omone soppesò le sue parole, poi fece un cenno al figlio per comunicargli di poter scendere. Lui stesso arrancò zoppicante fino al retro del pick-up da cui prese il borsone del piccoletto.
Abraham gli tese la mano.
«Me ne occuperò personalmente.»

Mantenne la sua parola. Per giorni il ragazzetto fu la sua ombra. Non c'era un luogo in cui andassero senza lui, né una colazione o pranzo o cena in cui mancasse. Durante le attività del gruppo, il piccolo Jackie camminava al fianco di Abraham con la lena di un cucciolo che segue i passi della sua mamma. A volte rimanevano in disparte e, dal modo in cui ridacchiava, si intuiva quanto riuscisse a star bene in compagnia dell'Alpha.

Hidewood (Parte 2/2) ↠ [🌈 LGBT+ STORY]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora