Blake (undici)

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Le parole che non diciamo si trasformano in silenzio, ma non un silenzio qualunque, esso è assordante, tanto da renderci schiavi di noi stessi e della paura che ci ha impedito di pronunciare quelle parole.

Non diamo mai la giusta importanza alle parole, si dice che esse sono destinate a volare attraverso l'aria che respiriamo, pensandoci bene, tuttavia, l'aria che respiriamo ci permette di vivere e, forse, alcune di quelle tante parole mai pronunciate sarebbero state il nostro ossigeno.

Noi respiriamo ogni frase, ogni singola parola altrimenti non saprei spiegarmi per quale ragione alle volte proprio grazie ed esse riusciamo a sentirci vivi.

Sono prigioniero del mio silenzio e probabilmente lo siamo un po' tutti, chissà quante volte avremmo potuto dire la cosa giusta ma siamo rimasti in silenzio, solo per il timore di ritrovarci feriti e pieni d'illusioni.

Viviamo più d'illusioni e di momenti mai esistiti, ci aggrappiamo con ferocia al pensiero di come sarebbe stato se avessimo reagito contro noi stessi, ma non facciamo mai in modo che quello che desideriamo davvero, si avveri.

Noi esseri umani siamo fatti male, io più degli altri, poiché sarei il campione delle parole mai pronunciate e delle azioni mai svolte per amore. Dovevo impedire a Clary di andarsene, ma non l'ho fatto, di nuovo.

Il giorno in cui mi resi conto di amarla, sapevo che, nascondendole i miei sentimenti, l'avrei persa. Conoscevo anche le varie conseguenze del mio silenzio, tra cui quello di essere costretto a guardarla amare un altro, invidiando ogni gesto, ogni carezza che avrebbe riservato a quello sconosciuto.

Era facile quando erano solo pensieri, quando ancora lei dedicava tutta sé stessa alla nostra amicizia. Scontrandomi con la realtà però ho compreso che non sono in grado di controllare e gestire la mia gelosia né tanto meno quello che provo per lei. Ogni volta che un ragazzo come Tom o Marco le si avvicina e sulle sue labbra compare un sorriso, sento una voragine aprirsi all'interno del mio petto, sembra farsi spazio tra le mie costole e non esiste alcuna distrazione in grado di farmi dimenticare che lei non è mia.

Il giorno in cui la vidi per la prima volta, non quello in cui mi trasferii nella casa di fianco alla sua quand'ero solo un bambino, mi riferisco alla prima volta in cui i miei occhi, guardandola, intuirono che quella ragazza era ovunque e in ogni parte di me e non avrei desiderato altro per il resto della vita.

Quel giorno mi sentii così fortunato ad averla conosciuta, malgrado fosse sempre stata al mio fianco.

Forse è proprio questo a renderla così speciale, la sua costanza nella mia vita.

E se avessi detto a Clary che non è solo attrazione quella che provo nei suoi confronti, ora non sarei qui, seduto su un lettino dell'infermeria al fianco di una ragazza per cui non provo nulla, soltanto affetto, niente d'incomparabile all'amore che mi tiene legato alla mia Susie.

«Ti fa male la spalla?» Mi domanda Harriet, provando a porre fine al mio silenzio.

«No, per niente. Adoro non giocare, adoro dover rinunciare agli ultimi minuti fondamentali di una partita» Rispondo di getto, senza misurare le parole.

«Preferivi rimanere insieme a lei?» Chiede furibonda sfoggiando un atteggiamento infantile e, per i miei gusti, fin troppo soffocante.

«Sì, dannazione!» Esclamo perdendo qualsiasi barlume di pazienza.

«Ho bisogno di Clary. Stavamo parlando...»

«Di voi due, della vostra relazione e di come mi hai tradito con lei» Mi ammonisce, riuscendo ad ammutolirmi con poche parole.

«Come lo sai?»

«Non cerchi neanche di negarlo?» Chiede retoricamente, allontanandosi da me con amarezza.

All my life ~ (Da tutta una vita)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora