LA SCOMPARSA DI GINA

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AVVERTENZA. Se avvii la musica, coglierai meglio l'atmosfera dell'epoca.

 - A dodici anni Gina fu mandata a servizio dai De Domincis - continuò la nonna - sarebbe dovuto toccare a me, ero la più grande, ma come ti ho già spiegato, ciò che non capiamo ci spaventa, e ciò che ci spaventa lo allontaniamo... è poco bello da dire di una madre, però è così che andò.

- Tua mamma cacciò zia Gina perché le faceva paura?

- Per l'esattezza: faceva paura il suo inspiegabile potere. Così quando mio cugino Fausto, che già da alcuni anni lavorava come giardiniere presso i De Domincis,  ci disse che cercavano una signorina per il periodo estivo, mamma non ebbe dubbi e mandò Gina. Io sarei stata più utile lì per la mietitura, mi disse mentendo.

- Chissà quanto ti sarà mancata!

- Molto. Ma ci tenemmo in contatto epistolare e questo un po' alleviò l'amarezza di saperla lontana.  

- Ogni quanto vi scrivevate? - chiesi incuriosita.

- Una lettera a settimana. Verso la fine di agosto mi arrivò la sua ultima missiva. La lessi e ne rimasi assai turbata.

- Perché?

- Mi scrisse che, mentre piegava le canottiere del commendatore, aveva fatto una scoperta orrenda riguardo a quell'uomo che credeva il più pio che avesse mai incontrato... e aggiunse che mi avrebbe raccontato tutto a voce, che forse era meglio. Nelle due settimane successive non mi arrivò nessuna lettera. Ma non me ne stupii. Era già capitato e pensai che avesse avuto da lavorare più del solito. Ci pervenne un telegramma a inizio settembre: lunedì Gina sarebbe tornata a casa. Andammo tutti alla stazione a prenderla. Ma lei non arrivò.

- Aveva perso il treno? - chiesi con poca convinzione.

- Così pensammo. Ma quando non giunse né col treno successivo, né con quello ancora dopo...  mamma cominciò a preoccuparsi.  La mattina dopo mandammo un telegramma direttamente al commendatore; e lui ci disse che Gina aveva preso il treno come programmato. Era stato lui stesso ad accompagnarla alla stazione.

Nonna si zittì. Stava per dire: E da quel giorno di Gina non sapemmo più niente. Ma non ce ne fu bisogno, ormai avevo capito tutto. Rimanemmo in silenzio. A lungo. Finché nonna non si alzò: - È ora di pranzo - sospirando - forza,  mangiamo. E poi andiamo al cinema!

Confessioni di una prof stronzaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora