CAPITOLO 27 - ELENA POV

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Sono all'università da un paio di ore e mi sento sempre osservata, cosa che mi fa stare in agitazione, fino ad ora è andato tutto bene con la mia trasformazione ma non uscivo più di tanto da casa e soprattutto non mi facevo vedere in luoghi che mi accomunano a Davide, ma anche se speravo che tutto si fosse cancellato con il passare degli anni, non posso essere stupida e mettermi il prosciutto avanti agli occhi, le cose non sono cambiate da cinque anni fa e di sicuro qualcuno che si ricorda di me e di quella notte c'è.

Impaurita dai miei stessi pensieri, mi avvolgo nel mio cappotto, ormai il freddo si inizia a far sentire e la mattina non penserei mai ad uscire di casa con un semplice golfino, e questa consapevolezza mi fa rabbrividire ancor di più del fresco venticello che si crea nel piccolo cortile della facoltà dove sto aspettando l'arrivo di Megan.

La sensazione di essere osservata non mi fa restare calma e di conseguenza continuo a fare avanti e indietro sul piccolo selciato che  circonda il piccolo albero posto al centro dell'area.

"Ele se continui così potresti consumerlo il percorso, ti vedo fare avanti e indietro da quando ho svoltato l'angolo che conduce qui, quindi renditi conto che sono tre minuti buoni vista la lunghezza infinita di questo corridoio odioso" mi rimprovera gesticolando.

"Buongiorno anche a te" sogghigno mentre la rimprovero a mia volta con il semplice tono di voce.

"Si buongiorno, ora mi dici che ti prende?" mi chiede avvicinandosi.

"Nulla, mi sento solo un po' strana" non ho intenzione di parlare di quello che mi preoccupa con qualcuno, la mia situazione è già complicata così, senza che nessuno sappia del bagaglio oscuro che mi porto dietro. Non so se avrò mai il coraggio di aprirmi con qualcuno, ma il problema principale non è neanche il parlarne ma le conseguenze che questo potrebbero esserci.

"Quando ti sentirai di parlarne io sono qui, con me ti puoi confidare" cerca di consolarmi lei.

"Ma non ho niente davvero" provo a persuaderla nel modo migliore che conosco.

"I tuoi occhi parlano Elena si vede che c'è qualche cosa che ti turba, non prendermi in giro, non sono qui per giudicarti o cose simili, se mai vorrai ti offro solo il mio sostegno e una spalla su cui poter contare. Ti chiedo solo di essere sincera e non spargere certe cretinate, odio essere presa in giro e da te non me lo aspetto propeio" ammette lei fermandosi e vedo il suo viso contorto in una smorfia di sofferenza.

Non sono una brava persona in questo momento, ma tempo sia per la mia che per la sua incolumità, quindi mi tocca dargli una piccola parte di verità.

"Non ho niente contro di te e so che posso fidarmi, anche se ci conosciamo da poco mi hai fatto entrare nella tua vita come se fossi una di famiglia, ma cerca di capirmi lo faccio per tenerti al sicuro, ho delle persone che vogliono farmi del male, mi cercano da anni ma io ero un po'... Come dire, ero chiusa in un guscio, di rado uscivo di casa e non avevo voglia di vivere questa vita, che anche grazie a te ho capito di poter amare ancora come tale" le dico stringendo in un abbraccio di cui ho bisogno più io che lei.

"Elena perché non chiedi aiuto? La giustizia potrebbe toglierti da questo problema, lo stoking oramai viene punito" cerca di dire lei.

"Non è così facile, siamo in una città dove la legge non è tutto; dove regna l'ipocrisia, dove chi vede fa finta di essere cieco, dove chi sente fa finta di indossare le cuffia o i tappi alle orecchie. Siamo una società di omertosi, mi ci metto io in primis, ma la paura sovrasta tutto" le dico sinceramente, bloccando il suo flusso di parole infinite.

"Non so cosa ti sia successo ma non ti ho mai vista tanto agitata quanto oggi" ammette rammaricata.

"Semplicemnte mi sento troppo esposta e forse la mia insicurezza si sta facendo sentire" affermo poco convinta.

ULTRAS - L'amore tra gli spalti Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora