Let's go home~Chapter twenty

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Quella mattina era fredda, nebbiosa, e le nuvole oscuravano il sole.
Sembrava che il tempo stesse riflettendo lo stato interiore di James, Sirius e Alyssa. I tre erano arrivati a Londra nel giro di pochi secondi, la professoressa McGranitt aveva permesso loro di utilizzare una passaporta.
I tre si recarono subito al Ministero della Magia.
I corpi dei loro genitori erano stati stipati insieme a molti altri nell'obitorio dell'edificio, come se facessero parte di una macabra collezione.
Visto che Sirius non era consanguineo di Euphemia e Fleamont Potter, dovette aspettare fuori dalla stanzetta.
Sarebbe bastato che uno dei gemelli andasse nell'obitorio, riconoscesse i genitori, firmasse delle carte, e si sarebbero potute avviare le pratiche per i funerali.
James aveva lo sguardo vacuo, fissava la porta come se potesse inghiottirlo da un momento all'altro. Alyssa, invece, era quasi desiderosa di entrare nell'obitorio. Voleva vedere con i propri occhi le malvagità che Voldemort aveva fatto subire ai suoi genitori. Fu lei ad entrare, non ebbe neanche bisogno di discuterne col fratello.
Le pareti bianche sembravano quelle del San Mungo, austere, fredde.
Al centro della stanza c'erano due barelle di ferro coperte con un telone bianco. Quando il mago addetto scoprì senza troppo riguardo i corpi dei genitori di Alyssa, la ragazza ebbe il violento impulso di schiaffeggiarlo e di ricordargli che quelli sulle barelle fino al giorno precedente erano stati maghi, genitori, figli, amanti, e tante altre cose che facevano di loro le persone che erano.
Erano state.
La ragazza si trattenne e aspettò che l'uomo uscisse prima di posare lo sguardo su Euphemia e Fleamont.
Il cuore di Alyssa mancò un battito.
La ragazza si portò subito una mano alla bocca mentre gli occhi le si riempivano di lacrime.
Aveva sentito dire che la morte somigliava ad un sonno eterno, ma come poteva un sonnellino deformare in quella maniera i volti?
Le palpebre di Euphemia si erano fatte pesanti e coprivano gli occhi castani che per ogni giorno della sua vita, Alyssa aveva sempre visto sprizzare gioia.
I suoi capelli erano in disordine, cosa mai successa prima. Era una sorta di ossessione per Euphemia avere i capelli elegantemente in ordine, fermati con spille o con nastri.
La bocca era tirata, sembrava che la donna dovesse gridare dal dolore da un momento all'altro. Le gote non erano più rosee, ma presentavano il pallore della morte.
Per Fleamont la situazione non era migliore:gli occhi azzurri erano spalancati, ma pieni di paura, i capelli erano scompigliati, la bocca socchiusa, come se la morte lo avesse colto di sorpresa.
Alyssa non riuscì più a trattenere le lacrime, e buttandosi sui due corpi per abbracciarli, scoppiò a piangere a dirotto. Ma il suo sfogo durò poco. Alyssa si ricordò di James e Sirius fuori dalla stanza, così fragili che rischiavano di spezzarsi.
Lei doveva essere forte per tutti, almeno in quel momento. Si passò le dita sotto agli occhi per scacciare le lacrime e prese in mano la penna per firmare quei maledetti documenti. Uscendo dalla stanza, James e Sirius la guardarono con speranza, come se non sapessero che la firma dei documenti era una mera formalità.
La Potter individuò il mago che si era occupato di loro e gli consegnò i moduli.
<Jamie, Sir, andiamo a casa adesso.>Sussurrò la ragazza.

Il giorno dopo

Il funerale si era svolto in una chiesetta vicino a Villa Potter, niente di sfarzoso, niente di volgare.
Erano venuti molti colleghi dei due defunti e molti loro cari amici, in aggiunta anche alcuni studenti di Hogwarts accompagnati dalla McGranitt.
Le amiche di Alyssa non l'avevano lasciata per un secondo, e così lei non aveva lasciato i fratelli, consolati da Lupin e da Minus.
Alyssa non aveva mai smesso di cercare il contatto fisico con qualcuno, le sembrava che il mondo vorticasse sotto i suoi piedi, in attesa che lei perdesse l'equilibrio.
James invece non aveva aperto bocca dalla mattina precedente.
Sirius? Be', Sirius tentava di non far vedere quanto soffrisse, ma quando Alyssa scoppiò a piangere così forte da non riuscire a stare in piedi, pensando che nessuno la vedesse, anche lui non riuscì a fare a meno di versare qualche lacrima.

Alla fine dei funerali le ragazze e i Malandrini erano ritornati a Villa Potter. Avrebbero passato lì la notte, ma nessuno avrebbe festeggiato, come accadeva quando rimanevano tutti lì a dormire.
Alyssa era distrutta e verso la mezzanotte si era ritrovata nell'enorme salone, davanti al camino acceso, seduta sul divano con una tazza di cioccolata fumante in mano.
Guardava il fuoco scoppiettare e ascoltava la melodia che produceva, tentava di distrarsi.
<Amberclaw, come va?>Le chiese una voce meravigliosamente familiare.
<Come vuoi che vada, Lunastorta?>Chiese lei senza dostogliere lo sguardo dal caminetto.
Remus si sedette vicino a lei.
Le prese la tazza dalle mani e la appoggiò sul tavolino lì vicino, costringendo finalmente la ragazza a guardarlo.
I suoi occhi azzurri si erano spenti, sembravano privi della solita luce che li animava. Remus vedeva solo stanchezza e dolore.
Lui le accarezzò il volto dolcemente, la guardava negli occhi e non riusciva a distogliere lo sguardo.
<Non dire niente, ti prego.>Gli chiese con occhi imploranti la ragazza.
A Remus si spezzò il cuore a vederla così consumata dal dolore e la abbracciò.
Alyssa si strinse a lui come se ne dipendesse la sua vita, come se tentasse di far diventare i loro due corpi uno solo.
<Andrà tutto bene Al, te lo prometto.>
La ragazza riprese a singhiozzare, si allontanò da Lunastorta per guardarlo in viso.
<Come può andare bene? Fa così male Rem, non puoi neanche immaginartelo. Sembra di avere un'enorme voragine scavata nel petto. Non li rivedrò più.
Non riesco neanche a immaginare una vita senza di loro, come farò a viverla?!>Chiese Alyssa con la voce rotta in un sussurro.
Remus non sapeva davvero cosa dire. Lui non aveva mai provato un dolore così grande, non aveva idea di che cosa avrebbe fatto sentire meglio la ragazza, così aspettò che facesse lei qualcosa.
Si aspettava di tutto, di certo non che lei si avvicinasse pericolosamente al suo viso e facesse congiungere le loro labbra.
Il bacio aveva un che di amaro, sapeva di lacrime.
Divenne sempre più disperato, come se ad Alyssa servisse per continuare a respirare.
Probabilmente era proprio così.
Ben presto la ragazza si ritrovò a cavalcioni sul ragazzo, lui la teneva stretta per il bacino e le accarezzava la schiena, avvicinandola sempre di più a lui.
Ma poi Remus tornò in sé e la allontanò dolcemente.
Alyssa dapprima non capì.
Non la voleva?
<Ti amo Al, ma non voglio che succeda così. Non voglio essere il tuo tentativo di riempire il vuoto lasciato dalla perdita.>
La ragazza annuì, capendo che il ragazzo aveva ragione.
<Mi dispiace Rem, dico davvero>Mormorò Alyssa ritornando a sedersi sul divano.
Remus le sorrise e la abbracciò.
Rimasero così finché Alyssa non si fu addormentata, allora Lunastorta fece passare un braccio sotto alle ginocchia della ragazza e l'altro dietro la sua schiena, la sollevò e la portò in camera sua. Ma non la lasciò da sola, rimase a dormire con lei quella notte.
Si stese di fianco ad Alyssa e la abbracciò tenendola stretta.
La Potter sospirò nel sonno e si rannicchiò contro di lui, appoggiando la testa sull'incavo del collo di Remus.
Ben presto si addormentò anche il ragazzo.
Alyssa però non trovò pace neanche nel mondo dei sogni, l'incubo non aveva avuto pietà per lei neanche in un giorno così funesto

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