8. Una scomoda verità

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~Kaleo - Save yourself ~

Garber, Oklahoma
Sam aveva trovato lavoro come barista in un Pub appena arrivato in città. Gli piaceva quel posto, era abbastanza sperduto per non rischiare di incontrare qualcuno che lo conoscesse ma allo stesso tempo gli permetteva di fare una vita normale con tutto quello che implicava.
Aveva cambiato nome in Kit, si era inventato un passato fittizio e cercava di ricominciare sperando che quella volta sarebbe andata meglio di quando si era iscritto all'università di Stanford.
Gli mancava il brivido della caccia e l'adrenalina che il pericolo scatenava, ma doveva rinunciare a tutto. Da solo non sarebbe mai riuscito a resistere alle sue vecchie dipendenze e visto quello che era successo con Dean e Alex non voleva più il loro aiuto. Essere normale era l'unica soluzione, aveva imparato la lezione dopo l'ultima volta e non avrebbe più commesso gli stessi errori.
Solo una cosa lo turbava, da quando era arrivato in Oklahoma aveva sognato Jessica più di una volta. Il senso di colpa per la morte della ragazza lo tormentava ancora, era bruciata viva sul soffitto di camera loro ormai quattro anni prima eppure si sentiva in colpa come il primo giorno. Aveva fatto di tutto per dimenticarla, era andato avanti con la sua vita, era tornato a cacciare con Dean e aveva vendicato la sua morte. Aveva recuperato il rapporto con Alex e avevano dato una seconda chance alla loro relazione, ma una parte di lui era rimasta legata alla bella studentessa bionda di Stanford.
Jessica lo tormentava forse più che in passato quando gli faceva visita nei suoi sogni, gli parlava come se fosse reale e sapeva tutto quello che lui pensava e viveva in quel periodo.
Anche quella notte Jessica parlò con lui e tentò di convincerlo che non c'era speranza, che le persone non potevano cambiare e fu proprio grazie a quelle parole, che la vera Jessica non avrebbe mai detto, che Sam capì che qualcosa non andava.
«Chi sei?» chiese il ragazzo alzandosi dal letto mentre il corpo della giovane spariva in una nube di fumo e al suo posto compariva un uomo.
«Tu sai chi sono. Mi hai liberato» disse lo sconosciuto ancora seduto nella piccola stanza che Sam aveva preso in affitto.
Sam non poteva credere che fosse reale, non capiva come avesse fatto a trovarlo e se lo vedeva voleva anche dire che aveva trovato un tramite. Lucifero era pronto a scatenare l'apocalisse.
«Ho dovuto usare dei trucchetti per entrare nella tua mente e ancora non so dove sei» disse l'angelo caduto rispondendo alla domanda silenziosa. Si era impegnato tanto per trovare qualche umano da usare come contenitore, eppure era solo all'inizio del suo piano.
«Cosa vuoi?» chiese Sam incredulo e arrabbiato.
«Mi hai fatto un grande favore liberandomi, ma ho ancora una cosa da chiederti» disse Lucifero alzandosi dal letto e avvicinandosi al cacciatore «Questo corpo, Nick, riesce a malapena a contenermi. Tu sei il mio vero tramite, solo tu».
Sam era spaventato, era stato dannato fin da quando era un neonato, lo avevano usato e ucciso, drogato e usato ancora e solo adesso scopriva il vero motivo. Tutto quello che era accaduto a lui e alla sua famiglia non era casuale e non se lo erano nemmeno andati a cercare. Qualcuno aveva già deciso per lui e ora più che mai sentiva di non avere scelta, eppure il ricordo di Jessica che fino a pochi istanti prima era accanto a lui, lo fece sperare.
«No» disse in un sibilo.
«Oh, si» replicò Lucifero sorridendo tranquillo «Io ti troverò e tu mi lascerai entrare. Ovunque tu andrai riuscirò a raggiungerti, non c'è modo per sfuggirmi e alla fine cederai».
«Scordatelo».
«Sam, tu sei il prescelto» disse l'angelo con tono pacato.
Non c'era nulla di minaccioso in lui, non sembrava malvagio e vendicativo come i racconti fanno credere, ma è proprio per questo motivo che il Diavolo è così pericoloso. Riesce ad ingannare dicendo la verità, non mentre ma manipola e promette l'inimmaginabile, ma alla fine di tutto il guadagno è solo il suo.
«Ti conosco meglio di quanto tu conosca te stesso. Dirai di si e saremo una cosa sola» disse sicuro e sorridente Lucifero prima di andarsene e liberare la mente di Sam dall'illusione.

Kansas City, Kansas. 2014
La capanna di Dean e Alex non era quella dove il cacciatore era stato legato. Era accogliente e calda, come se avessero provato a trasformarla in una vera casa. Mobili fatti con pezzi di ricupero erano appoggiati alle pareti affiancati da pile di libri e i disegni del bambino erano appesi come quadri alle assi di legno. Al centro della stanza un grande tavolo era coperto da mappe e fogli di vario tipo. Quello era anche il centro operativo di tutto il campo. Dean aveva provato a spostarlo in un'altra baracca ma Alex non aveva voluto, lei partecipava a tutte le riunioni e farle a casa sua sarebbe stato più comodo soprattutto perché non doveva portarsi il piccolo ovunque o lascialo alle vicine.
Quando tutti furono arrivati, tra cui Chuck, Castiel e un altro paio di soldati fidati, il Dean di quel tempo presentò a tutti il vecchio se stesso.
«Ecco cosa avevi di diverso stamattina» esclamò Alex rompendo il gelido silenzio calato nella stanza, anche se nemmeno lei sapeva bene con quale dei due Dean parlare. «Aspetta un momento. Tu sei andato via senza dire nulla!» esclamò puntando il dito contro il Dean del suo tempo.
«Ascolta, piccola. Dormivi, non volevo svegliarti» disse lui con tono quasi supplichevole.
Il vecchio Dean sorrise, non così stranito da come stava andando la conversazione «Dobbiamo anche ricordarci di fare qualcosa che ci ha chiesto» aggiunse.
«Grazie» sibilò il suo simile.
«Ce l'hai?» chiese Castiel intromettendosi nel discorso, prima finivano quella riunione prima poteva tornare nella sua capanna dove due ragazze fantastiche lo stavano aspettando.
Il nuovo Dean tirò fuori da un borsone la Colt e il vecchio lui la riconobbe subito. La pistola era stata data a Lilith da Bela secondo quello che i Winchester del 2009 sapevano, ma la verità era un'altra. Crowley, un demone degli incroci intento alla scalata sociale, l'aveva ottenuta con uno scambio e la custodiva piuttosto gelosamente. Quando il demone era morto la pistola era passata di mano in mano fino a quando Dean non l'aveva recuperata.
«Ora che si fa?» chiese Chuck continuando a guardare la pistola posata sul tavolo.
«Andiamo a uccidere il diavolo» rispose Dean infilandola nella sua fondina e chiudendola dentro una credenza.
«Si parte all'alba. Se non ci sono altre domande vado a controllare che sia tutto a posto per domani» concluse sbrigativo arrotolando le mappe.
Il Dean del passato era dubbioso, sentiva che c'era qualcosa che non andava e si conosceva troppo bene per non capire che l'altro Dean stava nascondendo qualcosa, ma sapeva anche che non gli avrebbe detto cosa.

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