CAPITOLO 7 - Hayez

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Il pianto che aveva trattenuto per ore ed ore si era finalmente liberato, le lacrime scendevano silenziose, a piccoli intervalli veloci.

Il museo era semivuoto.

Le sue paure avevano formato un grosso groviglio fra mente ed occhi.

Nonostante le lacrime le annebbiassero la vista, il suo sguardo non si era mosso.

Il quadro di fronte a Bianca rappresentava uno dei baci più famosi della storia.

Una mano si appoggiò delicatamente sulla sua spalla.

Bianca non si voltò. Continuò ad osservare il quadro, catturata da un miscuglio di emozioni.

<<Credi che si amino davvero?>> disse Bianca che aveva tutta l'aria di sapere a chi appartenesse la mano che stringeva la sua spalla.

Quella che fu una breve pausa aumentò il senso di sfiducia nell' animo di Bianca.

Chiuse lentamente gli occhi: "Ti prego non lasciarmi qui anche tu", pregò fra sé e sé.

<<Dipende cosa s'intende per amore>> disse una voce maschile familiare.

<<Esiste un amore che possa durare per sempre?>> aggiunse Bianca riaprendo gli occhi.

<<Esiste l'amore che senti, fidati di ciò che senti>>.

"Perché dovrei fidarmi di ciò che sento, se tutto mi porta a fare una gran casino" pensò Bianca.

La mano si staccò lentamente dalla sua spalla.

La figura che riusciva ad intravedere con la coda dell'occhio le era rimasta comunque seduta accanto.

<< Che cosa ti spaventa tanto Bianca?>>.

Il senso di vuoto che non riusciva a controllare si fece sentire. Arrangiò una risposta veloce, per ingannare se stessa:

<<Vedi la piccola figura che s'intravede nella penombra, la figura che sembra spiare i due giovani che si baciano, ecco quella mi spaventa>>.

<<Non c'è nulla di giusto o di sbagliato, se è Sbagliare ciò che ti spaventa di più al mondo>>.

"Perché sei qui Giovanni?" pensò Bianca mentre fece per voltarsi verso di lui per la prima volta da quando erano seduti.

<<Non sei sola Bianca>> .

Lasciò la sala dal pavimento e dalle sedute in legno scuro prima che Bianca potesse dire qualcosa.

La Pinacoteca di Brera era ormai semi deserta ed in procinto di chiudere.

Rimase ancora ad osservare il bellissimo dipinto, rilassando finalmente le braccia, distendendole dietro di sé.

Le figure che stava osservando scaturivano in lei un profondo senso di nostalgia.

Pensò a Giovanni, a come poteva averla trovata.

La guida invitò gentilmente Bianca ad uscire.

<<A che ora chiudete il negozio?>> disse lei aprendo leggermente la porta della grande stanza dove venivano venduti libri e souvenir.

<<Chiudiamo fra quindici minuti, ha tutto il tempo per dare un'occhiata>> rispose gentilmente uno dei commessi.

Comprò un biglietto regalo con la foto del "Bacio di Hayez" sulla prima facciata.

Fece un sospiro e scese le scale della Pinacoteca che davano sul cortile interno.

Il colonnato circostante e la grande statua di Napoleone al centro, diedero la sensazione a Bianca di essere in un'altra epoca.

L'atmosfera dei musei le faceva sempre venire le farfalle allo stomaco.

Quel museo era diventato uno dei suoi preferiti.

Si divertiva a passeggiare incuriosita fra le aule del piano terra che ospitavano gli studenti dell'accademia delle belle arti. Le piaceva intrufolarsi nei laboratori o sbirciare dalle porte. I lavori e gli atteggiamenti degli artisti erano davvero invidiabili ed ammirevoli per lei.

Una delle prime volte che c'era stata, sempre da sola, un ragazzo in mezzo al cortile le aveva offerto una canna, come si offre un caffè.

<<No grazie mille, cominci sempre così le tue giornate?>> rispose divertita.

<<Hai d'accendere almeno?>> aveva detto lui sorridendo.

La cosa che preferiva al mondo era passeggiare, soprattutto quando il suo animo era leggero e riusciva a fregarsene degli eventi: programmati o meno, dipendenti da lei o meno.

Pensava a quei momenti come dei piccoli regali di felicità che si poteva permettere.

"Questa settimana mi regalo qualcosa che mi piace, che non costi nulla",era diventato il suo mantra, lo aveva letto su uno dei libri del suo autore preferito.

E così si era sforzata di desiderare il più possibile momenti felici che non comprendessero denaro. Che non comprendessero oggetti.

Era un compito tanto difficile quanto soddisfacente. Quando uno dei suoi desideri finalmente si realizzava, si sentiva felice più che mai. Tanto felice da esser spesso incompresa.

Era ciò che le era successo quel primo pomeriggio di giugno.

Una cartomante fra i vicoli di Brera si offrì di farle le carte per poco più di cinque euro.

Bianca rifiutò.

Dopo quella domanda, la tristezza e la confusione si fecero di nuovo spazio fra torace e stomaco, lentamente.

La pioggia aveva iniziato a cadere, si preoccupò di chiudere la zip della sua borsa.

Lo sguardo cadde sul suo biglietto nuovo, accanto a lui, la lettera di Luca che aveva dimenticato di togliere.

Il desiderio di quella mattina aveva funzionato, ma per troppo poco tempo. La magia e l'entusiasmo svanirono in pochi attimi.

"Forse ho sbagliato. Forse sono stata troppo frettolosa".

Sentiva la stanchezza premere sul suo viso.
Guardò il suo orologio da polso, e la sensazione che il tempo si fosse fermato cessò fra un ticchettio e l'atro. Doveva tornare alla vita programmata e fortunatamente era in orario.

"Non guarderò il telefono, non oggi" pensò prima d'incamminarsi.

Qualcosa senza loroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora