CAPITOLO 3 - Di magia e fortuna

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<<Perché non ristrutturano questo posto?>> chiese Bianca mentre percorreva la scalinata.

<<Sembra un posto dimenticato da Dio ed invece è solo molto usurato dal tempo e dalla troppa gente di passaggio>> rispose Sabrina con tono pacato ma con l'aria di avere la testa da tutt'altra parte.

La stazione ferroviaria che collegava la periferia al centro di Milano era un grosso cubo di cemento dalle più svariate sfumature di grigio provocate dallo smog e dall'incuria. Erano ormai sei mesi che le due frequentavano lo stesso corso e fra loro c'era una sintonia caratterizzata dalla positività. Sebbene volessero entrambe apparire professionali ed intelligenti, c'era sempre un sottofondo di battute e di sguardi comunicativi che trasformavano ogni situazione in leggera ed allegra.

Sabrina era molto bella, sfoggiava un'invidiabile caschetto nero, il suo taglio d'occhi era un po' orientale, i suoi movimenti delicati e composti. Sceglieva ed abbinava perfettamente i suoi outfit e Bianca le ripeteva spesso che la città di Milano era il posto perfetto per lei: impazziva per lo shopping e per le serate.

Bianca non faceva che ripensare alla sera precedente.

<<Ragà vi prego, smettetela di ridere ed aiutatemi a trovare qualcosa da mettere! Ci saranno molte persone importanti domani ed io finirò per fare le solite figure>>. Odiava essere troppo appariscente, sebbene frequentasse un corso di moda.

Aveva così riunito tutte le coinquiline nella sua stanza, se ne stavano appollaiate chi sul suo letto e chi sulle sedie. Maria prese in mano la situazione e dopo una dozzina di abiti scartati, le suggerì di indossare una camicione/vestito color bianco ed un legghins; Donatella aggiunse un paio di scarpe nere col tacco. I volti delle ragazze cambiarono espressione quando Bianca finalmente fu pronta.

<<Vai Bià!>> urlò Giorgia: <<facci una sfilata!>>. La serata prese una piega piuttosto grottesca, le ragazze si trasformarono in attrici comiche improvvisando una passerella in pigiama e tacchi alti fra il corridoio e la stanza di Bianca. Il chiasso era tanto che la signora del piano di sotto minacciò tre volte di chiamare le forze dell'ordine. 

La giovane si bloccò ad osservare le sue coinquiline divertirsi, nel pieno della gioia e della spensieratezza. Non riusciva ad esprimere la gratitudine che provava per il tanto affetto. 

"Pronta!" pensò.


Il treno era in ritardo di soli quindici minuti, Sabrina salì per prima. 

<<Le altre sono già arrivate, ci aspettano al padiglione B della fiera>> disse cercando posto a sedere fra i vagoni come un segugio in perlustrazione.

Il paesaggio offerto dal finestrino fu una periferia cupa e silenziosa; il tempo sembrava essersi fermato fra le migliaia di palazzi in serie. Gli intonaci evidentemente usurati dal tempo di colore giallognolo e marrone, le vernici delle grate che circondavano i giardinetti sembravano intrappolare le persone in un tempo indefinito. Tutto sembrava immutato da almeno cinquant'anni . 

"Forse fra quei palazzi non c'è alternativa. O forse così ti fanno credere. Eppure tutti meriterebbero un posto migliore di questo dove poter vivere ". Il chiacchiericcio nella testa di Bianca si era fatto forte: forse empatia, forse spirito d'osservazione, forse di più. Troppo presto perchè potesse prenderne piena coscienza.

<<Pulce sei bellissima oggi, dovresti sempre prepararti così>> disse Sabrina rompendo il silenzio. Era da quando si erano conosciute che Sabrina la chiamava in quel modo. Probabilmente perché era più piccola ed anche perché l'insicurezza e l'ingenuità di Bianca i suoi tratti distintivi principali.

Qualcosa senza loroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora