CAPITOLO 17 - Pulcite

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"Tutti questi sorrisi potrebbero farmi del male un giorno. Delle volte mi capita di domandarmi se tutto questo mio sorridere sia frutto della mia solitudine, del mio vuoto interiore. E' una cosa impegnativa confrontarsi con se stessi. Eppure quando si comincia, ed io francamente non mi ricordo bene quando, non si riesce a smettere. Potrebbe essere una forma di narcisismo forse, un desiderio nascosto di perfezione. Una mania. Perché spesso sento che non lo sto facendo per me stessa ma per gli altri. Per non dar fastidio. Si ecco il sorridere mi viene per allietare gli altri. Forse un nuovo desiderio potrebbe essere quello di sorridere per me stessa. Ma se proprio devo esser specifica devo aggiungerci qualcosa. Altrimenti mi troverò da sola. A ridere di me. Magari completamente pazza.

Sono in preda alla pazzia anche adesso, mentre scelgo la marca di tonno per la mia pasta, in base al packaging ed alla facilità di apertura. Tutto questo non ha senso. Questa roba non mi fa bene.

Ma si che mi frega, tanto un giorno o l'altro morirò comunque".

Aveva trascorso più di dieci minuti a fissare lo scaffale del cibo in scatola: con i pensieri veloci che toccavano una profondità nascosta sulla quale pian piano voleva fare luce. Sorrise anche alla cassiera, facendo la fila ubbidientemente, lasciando passare due signori anziani con soltanto quattro articoli fra le mani.

Sorridendo. Anche ad essi.

Era tutto giusto. Eppure la sensazione di benessere che compariva in lei aveva la durata di quella dello shopping. Pochi attimi e via. Buone azioni, gentilezza ed empatia apparenti che finivano nel dimenticatoio.

<< Signorina! Signorina! Si dico a lei!>>

La cassiera fece un sobbalzo dalla sedia in direzione della ragazza.

<<Ha pagato ed ha lasciato la spesa alla cassa>>.

<<Oh ... cavolo è vero. La ringrazio, mi scusi tanto sono la solita rimbambita>>.

<<Si figuri! Ogni tanto succede anche a me di essere fra le nuvole,è tanto bello>>

<<A chi lo dice! Buona giornata, è stata molto gentile>>.

Sorrisi. Sorrisi gentili.

Camminava cercando di bilanciare il peso fra le buste di plastica biodegradabili che davano l'impressione di rompersi da un momento all'altro. Pensava alla sua disorganizzazione totale nell'averci messo il contenuto. Lo spigolo della scatola dei cereali risultava la minaccia maggiore.

Decise comunque molto inconsciamente di accendersi una sigaretta ed il livello di difficoltà nel dirigersi verso casa si fece superiore quando squillò il suo cellulare. "Anche se fosse il papa non risponderò, tutta questa tecnologia mi ucciderà".

Fu interrotta da una moto che la sfiorò di pochissimo. Appoggiò le buste a terra ormai esausta. Casa sua sembrava lontanissima.

<<Hei Punk! Stai attenta a dove cammini>>.

Uno dei due ceffi sulla moto si tolse il casco e per una manciata di secondi Bianca non fu in grado di riconoscere il ragazzo e tentò di riprendere il suo cammino nella convinzione che non si stesse rivolgendo a lei.

"Non parlano mica tutti con te Bianca" pensò severa fra sé e sé.

La parola "punk" però risuonò nelle sue orecchie come un segnale costante e si sentì improvvisamente arrossire. Le immagini di qualche sera prima le riapparvero in mente.

<<Sono Samuel, ti ricordi? L'amico di ... >>

<<Sabrina ... Certo che mi ricordo. Il ragazzo dai mille complimenti>>.

Qualcosa senza loroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora