CAPITOLO 21- Paure

78 8 0
                                    


Inspiegabilmente una delle prime cose che apprendiamo da piccoli é la paura.
Non importa di che tipologia essa sia. "Non toccare che scotta! Non correre che ti fai male! Non si dice, non si fa e non si chiede..."
I nostri leciti "perché" ricevono una castrata risposta che contiene il vero seme della paura.
"Perché sì" o "Perché lo dico io" qualsivoglia.
Cresciamo con la paura di sbagliare e della brutta figura. Come dei buoni maratoneti riduciamo la nostra vita al percorrere una corsa prestabilita nei tempi migliori. Ci alleniamo costantemente a ridurre gli errori il più possibile, a frazionare il tempo minimizzando gli sprechi; ci sentiamo felici quando rientrando nelle nostre dimore, chiudendo la porta, sospiriamo per avercela fatta a fare la minor fatica possibile. Ridiamo di chi invece é alle prime armi, di chi é caduto in sbagli più o meno gravi, traendone soddisfazione piena.
L'autostima in una vita "impaurita" si nutre delle "disgrazie e difetti "altrui.
La competizione é la benzina di un processo di paura.
Ma perché abbiamo così paura di non farcela?
Vorrei anche parlare della paura di "riuscire", che si sta facendo grossa strada fra le nuove generazioni, la quale credo sia ben peggiore.
Vorrei poter evitare di dire che la nostra vita non gira attorno a questi processi, malgrado fossero molto contorti e ramificati. Ma se dovessimo riassumere la grande tristezza che ci circonda potremmo usare proprio queste due parole.
Successo e paura.
Potremmo approfondire l'argomento documentandoci su molte malattie psicologiche come il delirio d'onnipotenza e le sue sfaccettature.
Tutto questo sembra alquanto noioso ma doveroso, soprattutto nello sfortunato caso in cui non riuscissimo ad avere successo in nulla. O così credessimo.
Il "fallimento" può essere una delle cose più fortunate d'aver il piacere d'incontrare anche ripetutamente.
Non é poi così sbagliato abbandonarsi agli errori ed alle "sconfitte", sembrando goffi e distaccati da tutto ciò che di macchinoso ci circonda. Bianca non poteva  sopportare nessun tipo di fallimento, malgrado conducesse una vita piuttosto "normale". Le succedeva spesso di sentirsi profondamente inadatta alla vita circostante attraverso le "voci" che assorbiva nei luoghi più disparati. Prendeva appunti e ripeteva, sbagliando indiscutibilmente, in tutti i modi. Il non comprendere la propria unicitá, rispettandola ed arricchendola é la sfortuna più grande di qualsiasi essere umano.

<<Non é questione di: non si cambia mai>>
Ci fu una breve pausa
<<In realtá non si cambia proprio mai. O si diventa sé stessi, o ci si tradisce>>.
Bianca lo stette a guardare chiudendosi lo spolverino rosa chiaro sovrapponendo i lembi e rimanendo a braccia conserte. Il primo freddo autunnale fece in suo esordio qualche giorno prima.
Giovanni l'osservò come uno zio preoccupato per la nipote.
<<Dove c'incontriamo domani?>> disse lei.
<<Incontriamoci alla Pinacoteca, domani sera l'entrata é gratuita>>
<<Andata, Giovanni io volevo...>>
Lui l'interruppe finendo per lei la frase: <<sono io a dovermi scusare Bianca, sono contento che tu sia venuta. Il mio orgoglio e sempre un po' difficile da tenere e bada>>
La ragazza sorrise <<parlare con te mi fa molto bene>>.
Giovanni si alzò dalla panchina, raccogliendo i sacchetti di carta che contenevano i muffin al cioccolato che i due avevano divorato fra le loro discussioni profonde.
Si salutarono stringendosi le mani e lui si diresse verso la stazione.
Pochi secondi più tardi fu il suono di un clacson a distogliere lo sguardo della giovane dalla figura di Giovanni.
L'audi nera che aveva sostato con le quattro frecce in zona autobus era scintillante, così tirata a lucido che sembrava uscita da poco dal concessionario.
Giovanni le dava giá le spalle ed alzando la mano senza voltarsi accennò un: <<a domani>>.
Marco usci dall'autovettura con il suo solito portamento elegante, andando incontro alla ragazza.
<<Pulce! Fatti vedere, come sei bella!>>
La fece girare su sé stessa e l'osservò con aria divertita.
<<Che fai ti sei messa a parlare con i barboni?>>
Scoppiò il una risata che Bianca trovò offensiva. Il suo cambio d'espressione fu netto ed il ragazzo se ne accorse immediatamente.
<<Che vorresti dire?>> disse lei agitandosi, con le mani che iniziarono a tremarle e la voce un po' rotta in gola.
Fu combattuta per molti secondi sul cosa poter aggiungere. Decise poi d'ignorare l'argomento per puro imbarazzo. Ma si sentì in colpa subito dopo per non aver protetto il suo amico.
<<Mi fai fare un giro?>> fece cenno con il capo verso la macchina e gli prese la mano.
<<Ti piace?>>
<<É bellissima! Nuova?>>
<<Più o meno, ora andiamo o faremo tardi!>>.
La macchina era così piena che sembrava stesse per esplodere.
Vi caricarono tutto l'occorrente, Bianca dovette spostare il tulle di una sottogonna per potersi sedere.
<<Preso tutto?>>
<<Si!>>
Sfrecciarono poco fuori Milano, il paesaggio circostante, appena lasciata la cittá era a dir poco fiabesco: la natura accennava le prime sfumature giallo-arancioni. Raggiunsero piuttosto velocemente quello che sarebbe stato il set del servizio fotografico.
<<Devo dire che i tuoi amici stanno bene>> fece il segno sfiorando piú volte il pollice contro l'indice dall'alto verso il basso.
<<Si cara,lo devo ammettere, lui sta proprio bene>>
Jack scese la scalinata proprio in quel momento. Sorrise alla vista dei due.
<<Welcome to  the paradise>> aprì le braccia, poi un inchino elegante per fare gli onori di casa.
Aiutò i ragazzi a montare lo stendino e ad appendervi alcuni vestiti.
<<A destra mettiamo quelli di Sabrina,gli altri sono i miei>>
Vi allegò alcuni bigliettini sulle grucce per non confonderli.
Salutò Alessio e gli altri del corso che erano arrivati poco prima.
Arrossì alla vista di un gruppetto di ragazze che si sbrigarono a salutare Marco. Guardó poi i suoi vestiti con aria di chi ha creato qualcosa che non é minimamente all'altezza della situazione. Avrebbe voluto incamminarsi verso casa, spingendo il suo stendino sparendo per sempre.
<<Hei Biá, stai bene?>> una voce soffiò via leggermente i suoi pensieri.
<<La truccatrice é al piano di sopra se vuoi parlare con lei del make-up. Tra poco ti portiamo su gli abiti e ti faccio conoscere tutte le ragazze che poseranno>>.
<<Hai una sigaretta?>> disse Bianca a Jack.
Il suo viso fece spazio ad un sorriso comprensivo: <<certo, vieni. Da questa parte>>.
Il lato nord della villetta di brianza di Jack dava su un giardino d'altri tempi.
Non per altro avevano deciso di scattarci delle foto: un piccolo colonnato ospitava dei roseti, le aiuole che circondavano una fontana a gradinate erano tempestate di fiori coloratissimi. La veranda arredata in stile shabby chic dove Bianca nella sua fantasia avrebbe potuto passar ore ed ore a leggere.
<<Mia madre ha insistito perché organizzassi anche un aperitivo. Ti va di fermarti?>> disse Jack mentre la ragazza osservava meravigliata il giardino incantato.
<<Di sera é anche più bello>>.
<<Questo posto é bellissimo. Non lo so, vediamo più tardi. Grazie Jack per averci ospitati>>.
<<Figurati! E poi sarei un folle a rifiutare tante belle ragazze in un posto solo>>.
Salì le scale e fu finalmente in uno dei saloni più grandi della casa.
Jack e Marco la seguirono, portando gli abiti con un pò di fatica.
Aiutò le make up artists a sistemare tutti il loro occorrente ma non fece in tempo a voltarsi che la riconobbe, stava parlando com Sabrina.
Provò un certo fastidio nel vederla. Marco doveva averla invitata come fotomodella. Il suo fisico per altro era perfetto, come i suoi capelli, le sue unghie ed il suo sorriso. Nulla in quella ragazza non andava pensò Bianca. Provando non poco imbarazzo, sentì crescere un sentimento d'invidia nei suoi confronti.
Finalmente Sabrina si voltò e notò che Bianca le stava fissando: <<Pulce! Che bello vederti! Quando sei arrivata? Hai già conosciuto Melody?>>.
<<Ciao ragazze! Si, proprio l'altra sera!>>
<<L'ho vista prima io é!>> disse Sabrina divertita.
<<Va bene Sabry, il meglio solo per te!>> le strizzó l'occhiolino e si allontanò con la scusa di scegliere la ragazza che avrebbe posato con i suoi vestiti.
Perlustrò la zona e d'improvviso Incrociò Laura. Italocroata, dai lineamenti decisi, zigomi ben disegnati, occhi allungati e gambe infinite.
Fecero subito amicizia, Laura era una ragazza molto solare e semplice. Bianca la scortò a vedere i vestiti, con il timore che non potessero piacerle.
Quando vide nella modella tanto entusiasmo si ricredette e la stessa collaborò anche nella scelta del trucco, proponendo varie idee.
Improvvisamente Sabrina gridò dal giardino: << Pulce sei l'ultima! Forza scendete che noi abbiamo quasi finito>>.
Appena Bianca finì di allacciarle la cerniera dietro del vestito la guardò fare una passerella e pensò che il suo lavoro non era venuto poi tanto male.
L'espressione sicura e fiera di Laura la rallegrò.
Scesero per lo shooting e la modella si divertì molto a scattare con il fotografo su supervisione di Bianca.
Non aveva mai partecipato a nulla di tutto ciò e ne fu felice.
Girò l'angolo fra il bagno ed il guardaroba, voleva prendere la giacca a Laura che ormai non riusciva più a nascondere il tremolio dal freddo.
"Serve una pausa" pensò Bianca. Mentre frugava fra una montagna di capispalla e spolverini fu bloccata dalle risate che provenivano dalla cucina. Si avvicinò con cautela e rimase di pietra. Si nascose un poco per evitare che si accorgessero della sua presenza. Scherzavano e sorridevano, Melody aggiustava accuratamente la camicia a Marco, e lui di tanto in tanto si indietreggiava di qualche passo. "Bene" pensò la ragazza, "non se la fila moltissimo". Improvvisamemte peró la ragazza perfettasi allungò sulle punte e lo baciò stringendolo a sé come una sanguisuga.
La confusione fu tale che Bianca rimase lì come una rampolla per qualche secondo finché non udì le grida di Laura.
<<Bianca! Sei riuscita a trovare la giacca?>>
Si riprese dalle immagini confuse e si diresse in giardino. Si diresse verso Laura e fotografo, diede la giacca a Laura con aria cupa : <<per me può bastare così, é tutto perfetto>>.
<<Ma pulce, manca il tuo abito da sposa, qualche scatto va fatto!>>
<<Lo faremo un'altra volta. Io purtroppo devo scappare, Sabry ci pensi tu agli abiti?>>
L'amica non capì ma senza fare troppe domande fece si con la testa.
<<Grazie Laura, sei stata un mito. Lasciami il tuo numero che nei prossimi giorni ci sentiamo>> l'abbracció forte ma la modella non capiva cosa stesse succedendo. Le digitò il numero sul telefono prima di vederla scomparire in tutta fretta.
Jack la vide lasciare la casa e provò a dirle qualcosa per fermarla rincorrendola.
"Non sono abbastanza" ripeteva continuamente nella sua testa, ignorando tutto ciò che le stava accadendo intorno.

Qualcosa senza loroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora