CAPITOLO 26 - Lino, pastello, azzurro

81 6 0
                                    

Si arrotolò un'altra volta nella coperta di pile e dal divano allungò la mano per spegnere la sveglia del cellulare, aveva solo schiacciato un pisolino dopo la serata sapendo che poche ore più tardi sarebbe dovuta partire. La cucina aveva qualcosa di magico quando un filo di luce la illuminava la mattina presto. L'attraversó in modo goffo ed assonnato: si preparò un té e mise qualche snack nella sua borsa assieme al libro che aveva appena iniziato : "l'Alchimista di Paulo Coelho".
Si osservò nello specchio prima di farsi una doccia ed il suo trucco colato rivelava pian piano il suo vero volto, si struccò e si sentì immediatamente libera da un personaggio che la imitava in modo elegante e pettinato.
Lasciò un biglietto all'amica appena fu pronta: "Buona domenica , grazie per ieri sera. Ti voglio bene", uscì osservando il piccolo atrio annusando il profumo dell'appartamento che ormai era impregnato di un misto delle loro essenze.
"Chissà dov'é casa mia" pensò.
Fu felice quando si accorse di essere puntuale con l'anticipo che aveva programmato, aveva un po' di tempo per cercare Giovanni.
Uno degli ultimi messaggi di Luca era piuttosto tenero.
"Non vedo l'ora di averti fra le mie braccia piccolina, a domani".
Rispose solo quando fu seduta sulla metro in direzione della stazione:
"Arrivo presto, mi manchi".
Sapeva che si sarebbe arrabbiato perché non gli aveva risposto la sera precedente, ma allo stesso tempo per qualche strano motivo la fece sorridere.
Domenica mattina, Milano e stazione non erano sicuramente un ottimo connubio e se ne accorse quando percorse le scale mobili.
Era tutto terribilmente affascinante, la calca di persone che si spostavano o arrivavano da tutte le parti d'Italia e del mondo.
Le parole di sua madre risuonarono nella sua mente: "le stazioni mi mettono sempre tristezza". Le immagini di lei e sua madre sedute in un treno mentre quest'ultima piangeva le comparvero come se le stesse vivendo in quel momento.
Quando Bianca era piccola con i fratelli e la madre trascorrevano abitualmente le vacanze a Stoccarda, in Germania dalla zia ed ogni volta che ripartivano per tornare in Italia le due donne piangevano come se qualcuno portasse via loro una parte importante di vita.
Si riprese dalla visione quando le parve di vedere Paul lontano fra la folla, senza pensarci due volte prese a correre schivando le persone e chiedendo ripetutamente scusa.
Quando arrivò nel punto dove aveva visto la figura dell'uomo sì guardò intorno con affanno. Ma di lui non c'era traccia: "Devono essere allucinazioni" pensò "forse ho bevuto troppo ieri".
Il suo biglietto indicava la carrozza numero 12 e dovette ritirarlo fuori dalla tasca molte volte dato che non riusciva a ricordare le due cifre: "devo essere ancora ubriaca, non mi rimangono in mente neanche due numeri".
Immediatamente si ricordò di aver dettato il suo numero a Samuel: "chissà se lui se la cava meglio" pensò sorridendo.
Il suo posto nel treno era quello verso il corridoio e non vedeva l'ora di essere all'altezza del lago di Garda per godere della vista di uno dei paesaggi che preferiva della tratta più o meno verso Sirmione.
Le poltroncine erano di un blu scuro piuttosto rilassante agli occhi e al tatto il tessuto doveva essere un vellutino dal taglio corto. Il poggiatesta invece era in pelle nera, forse per una questione di igiene.
La stanchezza si fece sentire pochi istanti dopo essersi accomodata al suo posto, e fra le note di una playlist che aveva creato quella mattina stessa sì addormentò, cullata dai movimenti soavi del treno.
Il suo viso cadeva leggermente verso destra, sfiorando la spalla. <<Ho paura che quello che ti accadrà d'ora in poi sará molto impegnativo>>
La sua voce era inconfondibile, avrebbe avuto sicuramente successo come vocalist in una radio. Bianca sorrise, era felice.
<<Giovanni, ma dov'eri finito?>>
<<Non ho molto tempo per le spiegazioni Bianca, ascolta quello che ti dico e non lo dimenticare. Appena finiremo questa conversazione, annota tutto quello che ci siamo detti>>.
Era seduto di fianco a lei, dall'altro lato del corridoio, indossava una bellissima camicia di lino azzurro pastello ed i suoi capelli lunghi e brizzolati erano raccolti in una coda di treccine.
<<Sta per arrivare un momento di abbondanza nella tua vita ma devi promettermi che manterrai la calma e rimarrai concentrata sulla crescita di te stessa>>
<<Non sembra una brutta notizia dunque Giovanni!>>
<<Non é il momento di sorridere, sarai sotto una luce che ti permetterà di avere molto ma se non saprai scegliere di essere fedele ai tuoi desideri ed al tuo cuore, potresti farti e fare del male ed avere quindi delle conseguenze nel tempo. Hai capito? La verità é dentro di te. Non prendere tutto, cerca di capire solo quello che fa bene al tuo cuore anche a costo di abbandonare tutte le scelte che fin'ora hai fatto. Sii sincera con te stessa. Me lo prometti?>>
Le legò un piccolo nastro dello stesso colore della sua camicia al polso.
Bianca non capiva perché tanto affanno e dove dovesse andare l'uomo tanto di corsa <<te lo prometto Giovanni, ma dove te ne andrai? Tornerai vero?>>
<<Bene, non dimenticare di prendere nota. É importante. Ora ti devo lasciare, ma sono sempre con te>>.
Il fischio del capotreno la rese cosciente e si riprese dalle visioni confuse fra sogno e realtà. Si rese conto in pochissimo tempo che era ancora sul treno dove si era seduta prima di lasciarsi andare in un sonno profondo.
Si voltò alla sua destra ma i sedili di fianco a lei erano vuoti.
<<Giovanni... dove... forse era solo un sogno>> sussurrò.
Si alzò alla ricerca silenziosa e nostalgica dell'uomo, passò fra tutte le carrozze del treno come una madre che ha perso suo figlio o che ha lasciato indietro qualcosa d'importante. Finì per osservare la sua immagine riflessa sui finestrini del corridoio dell'ultima carrozza e lo vide.
Il bracciale di lino era annodato con un doppio nodo al suo polso e subito lo toccò.
Tornò al suo posto piuttosto confusa e prese il suo libro, l'unico oggetto sul quale poteva annotare ciò che il vecchio le aveva detto.
Scrisse come introduzione: "Chissà se questo era un sogno" per poi annotare ogni dettaglio fino al braccialetto.
"In fondo dormire somiglia un po' alla morte" pensò "non sai mai dove sei fin quando non passano una manciata di secondi dal tuo risveglio. Quei secondi che ti permettono di ricollegarti al mondo, di rimettere in ordine identità, ruolo e luoghi.
Ma perché Giovanni era venuto a portarle questo messaggio? Sarà pronta ad affrontare tutto questo?
Non riuscì a godere del paesaggio che offriva il lago, il treno era ormai quasi a Verona.
Controllò il cellulare quasi come fosse diventato un automatismo e questo gesto la riportò alla realtà.
Luca aveva scritto e chiamato più volte. "Sarà scazzato " pensò.
Lo chiamò quando scese dal treno al cambio, alla stazione di Verona Porta Nuova.
<<Ciao>> disse lui freddo.
<<Ciao Lù, come stai?>>
<<Sto bene e tu festaiola?>>
<<Mi gira un po' la testa, peró sto bene. Si é vero io e Sabrina siamo uscite fino tardi...>>
<<Solo voi due?>>
<<No, con due amici di Sabri>>
Mentì a metà e da quel momento in cuor suo per qualche strano motivo sapeva che l'avrebbe fatto ancora.
<<Mh, ok bambolina, pomeriggio passo a prenderti. Devo cantare in un piccolo locale e poi andiamo a mangiare una cosa>>
<<Sicuro che é tutto ok? Va bene, ci vediamo più tardi>>
Si era completamente dimenticata della serata di Luca "non sarà in gran forma stasera, probabilmente fumerà un sacco" pensò con un filo di agitazione.
Era difficile comprendere le sue reazioni quando esagerava ma era comunque molto felice di vederlo. "Oggi sarà diverso, ce lo siamo promessi".
Stava mentendo sé stessa e questa era la seconda bugia in pochi minuti.
Quanto é forte il potere della mente che può trasformare l'immagine che abbiamo delle altre persone cosicché possa incastrarsi con i nostri sentimenti più profondi.
Forse ad alimentare l'amore per qualcuno ci mettiamo sempre del nostro senza considerare come stanno le cose realmente, come ci comportiamo o si comportano gli altri a tutti gli effetti.
Osservò il bracciale stringendolo, ripensò alle parole di Giovanni.
"Abbondanza, stai attenta. Solo quello che é vero dentro di te vale. Chissà che significa tutto ciò".

Il pomeriggio era pronta, sotto casa, la casa del paesino piccolo in cui era cresciuta. Il giardino era sempre meraviglioso malgrado fosse privo di fiori: l'arrivo dell'inverno era alle porte.
Luca non tardò ad arrivare, i due si sorrisero ed i loro sguardi complici s'incrociarono.
<<Ciao Bianchina, sei bellissima>>
Gli occhi del ragazzo erano più piccoli del solito ed un colorito marroncino scavava delle occhiaie che lei conosceva bene.
<<Ciao, sono felice di vederti>> disse lei ignorando i suoi pensieri.
Arrivarono nel piccolo circolo culturale zeppo di libri e scritte sui muri.
Il piccolo palco era già stato installato al centro della sala e Luca salutò senza troppo entusiasmo gli amici, doveva aver trascorso tutto il tempo con loro fin poco prima di esser andato a prendere la regazza. Da quel momento in poi Luca smise di stare vicino a lei, doveva essere agitato per l'evento e soffocava la sua agitazione e le sue paure con il silenzio.
Quando era con il gruppetto di amici che facevano musica insieme a lui, il suo sguardo cambiava. Si trasformava in qualcuno che non conosceva.
Il posto in poco tempo si riempì e l'odore forte di ganja si cosparve ovunque.
Lo osservò cantare da quell'angolino del locale in perfetta solitudine. Non capiva l'energia dei suoi testi, i pezzi le parevano confusi con un unico tema di rivincita come protagonista. Questi ragazzi volevano riscattarsi da una vita che fin'ora non era la loro, che fin'ora le aveva impedito di essere chi desideravano.
Non riuscì a capire quale fosse il problema, credette per qualche istante che fossero solo ragazzi che non sapevano accontentarsi, capricciosi, che non sapevano onorare la vita.
Ma quanto si sbagliasse era troppo presto per comprenderlo, non era pronta.
I suoi pensieri si trasformarono in noia e per qualche istante pensò di andarsene finché lui non cantò un pezzo per lei.
Nessuno sapeva che Luca l'avesse scritto per Bianca. Il brano parlava della loro connessione e di quanto fosse difficile per entrambi stare vicini ed allo stesso tempo lontani.
Parlava dei sacrifici che il ragazzo faceva sempre per lei e di quanto lei poco lo comprendesse o apprezzasse.
Parlava di qualcuno che ha voglia di rimanere e di lei, che é sempre pronta a distruggere e a fuggire.
Nascose le lacrime con velocità ma lui che dal palco ,fra quelle luci soffuse non staccava lo sguardo da lei, se ne accorse.
<<Che succede bambolina?>> la strinse nel tragitto verso la macchina, la sua tensione era scesa.
<<tutto bene, sei stato bravo stasera>>.
Storse il viso osservandola dal basso con uno sguardo da investigatore: <<ma se ti é piaciuto solo l'ultimo brano>>.
<<Sei più bravo quando canti d'amore>>.
<<Ti é piaciuto di più perché parlava di noi, le altre tematiche non ti sfiorano neanche>>
Un filo di tensione si accese, ma Bianca fece finta di non aver capito. La terza bugia in poco tempo.

L'indomani mattina accarezzava i suoi capelli dorati mentre lui non ne voleva sapere di alzarsi. <<Ti amo bambolina>> le disse con la voce rauca.
In quel preciso istante sentì di amarlo in un modo che somigliava più ad un'esigenza che al sentimento puro che aveva dentro di lei fino a poco tempo prima.
<<Ti amo anch'io>> disse lei.

Qualcosa senza loroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora