Il sogno

117 5 2
                                    

Françoise lanciò un urlo, si alzò si soprassalto dal letto in preda al panico. Tremava come una foglia e il volto era bagnato da mille lacrime che uscivano incontrollate. Provò a calmarsi, a fare respiri profondi, ma i singhiozzi le spezzavano il respiro.

«Françoise! »

Victor la raggiunse subito, insieme ai genitori, nella stanza dove stava dormendo. La ragazza appena vide il fratello corse tra le sue braccia, sconvolta, e pianse tutte le lacrime che aveva nel suo corpo. Il ragazzo tentò di calmarla sussurrandole parole di conforto, le accarezzò i capelli e la strinse forte a sé e lei sembrò calmarsi un po'.

«Tesoro cosa ti prende? Perché piangi? »

Chiese la madre notevolmente preoccupata. Il pianto era diminuito d'intensità e Françoise iniziò a fare respiri profondi, cercando di calmare il battito forsennato del suo cuore.

«E' sempre qui... è morto... »

«Chi è morto? »

Chiese suo padre confuso, mentre scambiava uno sguardo con Victor che, di rimando, alzò le spalle confuso quanto lui.

«E' morto... André è morto... è stato Paul... »

Mormorò la ragazza, iniziando a piangere ancora una volta. Victor corrugò la fronte e cercò il suo sguardo. Le sorrise dolcemente e le parlò piano.

«André non è morto... è stato solo un brutto sogno »

«Non è vero... »

Disse la ragazza scuotendo il capo, con i lacrimoni che le bagnavano le gote rosse. Victor l'abbracciò dolcemente, cullandola tra le sue braccia e tornò a parlarle.

«Vogliamo chiamarlo? Se ti risponde però non dirmi che non te l'avevo detto...! »

Lei annuì rapidamente e portò una mano alla fronte, esausta. Victor prese il telefono e lo chiamò, sperò con tutto il cuore che rispondesse ma non poteva pretendere che lui fosse sveglio alle 3 di notte. Si voltò a guardare la sorella, sua madre l'aveva fatta sedere sul letto e aveva preso il termometro per misurarle la febbre, doveva essersi alzata molto per farle fare incubi del genere e per confonderla così tanto. Dopo un paio di secondi André rispose al telefono con voce terribilmente assonnata.

«Dimmi Victor... »

«Scusami se ti chiamo a quest'ora, ma Françoise sta delirando... »

Victor si voltò a guardare la madre e notò che il termometro non superava i 36 gradi, non aveva la febbre.

«Non ti preoccupare... è successo qualcosa? Devo venire »

«No, non ce n'è bisogno, te la passo. Crede che tu sia morto »

«Di sonno sì, lo sono... su, fammi parlare con lei »

Victor passò il telefono alla ragazza e lei lo prese con mani tremanti. Parlarono un po', o meglio era André a parlare e lei annuiva lentamente, accennando qualche lieve sì ogni tanto. La guardò incredulo, non riusciva a credere che sua sorella fosse così confusa. Non riusciva a capire una singola parola di quello che stava dicendo, ma a vedere l'espressione che aveva Françoise lei doveva sentirti decisamente meglio. La sentì sussurrare un debole buonanotte e, appena terminò la chiamata, imprecò.

«Françoise... »

La ragazza coprì il volto con le mani e respirò profondamente; alzò poco dopo lo sguardo stanca.

«Voglio stare da sola... vi prego... »

Sussurrò appena, si asciugò rapidamente le ultime lacrime e forzò un debole sorriso.

«Sto bene io... ho solo bisogno di restare da sola... »

«Ne sei sicura? »

Chiese suo padre, alzando un sopracciglio e lei annuì lentamente.

«Scusatemi... sto bene... »

///@///

Aveva passato una nottataccia. Era ancora scossa dall'incubo che aveva avuto quella notte e le sembrava impossibile eliminare dalla sua mente l'immagine di André, ferito a morte, tra le sue braccia. Perché diamine aveva sognato una cosa del genere? Si sentiva terribilmente stanca e priva di forze, aveva fatto una doccia fresca per cercare di svegliarsi ma sembrava aver sortito l'effetto contrario. Il braccio le faceva un po' male. Indossò velocemente una felpa che aveva gentilmente rubato da André e si sdraiò sul divano, godendosi un'inaspettata solitudine. Per qualche istante fu tentata di chiamare Antoniette, ma cambiò subito idea, con l'intenzione di rilassarsi per tutta la giornata e iniziare ad inviare qualche curricula per un possibile lavoro. Si accorse a malapena del campanello.

«Buongiorno! »

Françoise guardò stupita la figura di André oltrepassare la porta tutto allegro. Lei accennò un sorriso e si avvicinò a lui che, nel frattempo, poggiava sul tavolo una piccola confezione di carta della pasticceria poco lontana.

«Come stai? Ti ho portato la colazione »

André le accarezzò lentamente la guancia, senza mai cancellare il sorriso dal suo volto. Françoise poggiò la mano sulla sua, fermandola, godendo del suo tocco.

«Sto bene... scusami ancora per stanotte »

«L'importante è che tu ora stia bene. Dovresti mangiare, ho preso i tuoi dolci preferiti »

«Così mi metti all'ingrasso »

Aggiunse la ragazza ridendo, mentre abbracciava André con tutta la forza che aveva nel corpo. Oramai era passato più di un mese dall'incidente e Françoise aveva ricominciato la sua routine e già da qualche giorno aveva iniziato a frequentare l'Università. Il direttore era stato particolarmente comprensivo e, per sua grande gioia, le aveva confermato il rinvio del giorno dell'esame finale verso la fine di marzo o inizio di aprile. Era felice di potersi distrarre in qualche modo, così da non pensare più a nulla di quello che le era successo.

«Verrai stasera? »

Chiese Françoise sorridendogli, senza allontanarsi dal suo abbraccio e il ragazzo annuì lentamente.

«Dove sono i tuoi? Victor è a lavoro? »

«Sì, Victor sta lavorando e i miei sono usciti a fare dei servizi »

«E ti hanno lasciato da sola? »

«Riesco a badare a me stessa, André... »

«Non intendevo questo... »

Françoise alzò le spalle e si allontanò lentamente da lui, sedendosi vicino al tavolo e fecero colazione insieme. Risero e scherzarono come un tempo, come avevano fatto la mattina di Natale e di Capodanno prima da lei, poi da lui. Solo che quella volta non c'era nessuno ad ostacolarli, nessuno voleva fargli del male. Françoise sorrise dolcemente, accarezzandosi il braccio libero dal tutore.

«André... »

«Dimmi »

André alzò lo sguardo verso di lei, notando un velo di tristezza nel suo sguardo. Qualcosa non andava? Gli stava nascondendo qualcosa?

«Io credo che... andrò a Lione con i miei »

RenaissanceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora