Parte 5

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Un mese dopo

Keith era in camera sua, solo, triste, e nessuno sapeva il perché. Per tutto il giorno era rimasto lì senza mai uscire. Shiro allora cominciò a preoccuparsi, e neanche lui sapeva perché: insomma, era una cosa normale che uno si sente male e rimane in camera sua, però questa era la prima volta di Keith e lui, non vedendolo, si sentiva vuoto, un vuoto che non si sapeva spiegare. Allora decise di andare a vedere se stesse bene e, trovandosi di fronte alla sua porta, esitò per un attimo, sentendo degli strani rumori all'interno. Erano come dei singhiozzi, il che era strano visto che Shiro non aveva mai sentito Keith piangere.

Non avendo la minima idea di cosa fare, il più grande decise allora di bussare alla porta: riuscì a sentire Keith all'interno che sobbalzava e che si asciugava le lacrime "S-si? Chi è?" chiese, cercando di trattenersi.

"Keith, sono io, Shiro. Va tutto bene lì? Ho sentito piangere..."

"Eh? O-oh si si va tutto bene..." rispose l'altro, insicuro.

"Keith, per favore posso entrare?" la domanda di Shiro fu seguita da un paio di minuti di silenzio, finché il più piccolo si decise a rispondere

"D'accordo..."

Allora l'ufficiale entrò nella stanza e vide il cadetto seduto sul letto con le lacrime che gli pendevano dagli occhi

"Keith... stai bene?"

"S-si... Beh, in realtà no, mi sento come se volessi morire, ma non so se te ne possa interessare... Voglio dire, avrai cose più importanti da fare..." tirò su con il naso.

"Keith, cosa ti ha fatto pensare questo? Io posso darti tutto il mio tempo se ne hai bisogno. Adesso, mi dici che ti è successo?" chiese, il più gentilmente possibile.

"Sai che giorno è oggi?" iniziò

"Um... Non lo so, credo venerdì"

"Intendo il numero"

"Credo che sia il 23, perché?"

"Oggi è il 23 Ottobre, il mio compleanno"

"Oh... Ok e, tu stai piangendo perché nessuno ti ha fatto gli auguri?"

"Andiamo Shiro, credevo che mi conoscessi. Lo sai che non me ne frega minimamente se gli altri mi fanno gli auguri o no. È solo che... È anche l'anniversario di morte di mio padre e quindi non lo festeggio mai" e gli scappò una lacrima.

"Oh Keith io... mi dispiace" disse Shiro, abbracciandolo con delicatezza, come de fosse fatto di vetro.

"Dai, non potevi saperlo" gli disse gentilmente, e lo abbracciò a sua volta.

A Shiro allora venne un'idea: "Ehi senti, hai aperto il mio regalo? Quello che ti ho dato quando sei stato ammesso" cheise, staccandosi momentaneamente dall'abbraccio, seppur confortevole.

"Uhm? Ah, il regalo... No, in realtà ancora no, me ne ero dimenticato, scusa..."

"Non fa niente, è perfetto. Adesso vestiti e raggiungimi al garage fra 15 minuti. Porta il pacchetto, ok?"

"Va bene..." rispose confuso. Shiro sembrava veramente eccitato. Comunque, lasciò perdere e si vestì in fretta e fece come l'altro gli aveva detto.

-

Raggiunse Shiro al garage e vide che aveva una sacca che sembrava piena di chissà cosa e decise di non fare domande. Appena lo vide lo salutò e lo fece salire sulla sua moto "Dove andiamo?" chiese Keith incuriosito.

"Vedrai" gli disse Shiro, impaziente di sorprendere il più piccolo.

Ormai erano 10 minuti buoni che viaggiavano e Keith voleva sempre più sapere dove stessero andando. Dopo un po' la moto si fermò su una collina dove di potevano vedere le stelle in un modo in cui Keith non le aveva mai viste.

"Ti piace? Questo è il mio luogo preferito per vedere le stelle" disse Shiro mentre stendeva una coperta morbida per terra.

"Ecco, siediti pure" lo invitò. Keith allora obbedì e si sedette per terra, seguito dal più grande, proprio accanto a lui. Allora prese la sua borsa con degli snack all'interno e insieme a essi, la scatola con il regalo per Keith

"Tieni, aprilo" gli disse. Keith lo guardò negli occhi per un attimo, e poi decise di aprirlo.

Erano dei guanti neri, bellissimi, adatti per guidare le moto. Non avevano le dita, e a Keith piacevano moltissimo, soprattutto per il solo fatto che glieli aveva regalati Shiro. "Wow non so che dire... Grazie"

Shiro guardò gli occhi di Keith. Non come le altre volte, no, questa volta li osservava in modo molto più intenso, in profondità, e si perse in quel viola che lo incantava, come la prima volta che lo aveva visto. In quel momento capì quanto Keith era vicino, e lo voleva avere ancora di più, lo voleva letteralmente attaccato a lui.

La mano di Shiro gli scivolò sul viso ed era forte, costante. Ha tenuto Keith abbattuto. Il modo in cui il polpastrello del pollice sfiorava lo zigomo di Keith lo faceva sentire più parte del mondo di quanto non avesse mai fatto prima. Come se avesse un posto qui, su questa Terra, e questo era, qui. Qui, sporgendosi alla pallida luce della luna, crogiolandosi nello sguardo di Shiro, il loro calore che si fonde, i loro respiri si mescolano. Era legato a questo momento come se non fosse mai stato legato a niente prima in vita sua.

“Posso?” Chiese Shiro, a malapena più di un sussurro.

Keith aveva bisogno di un momento per trovare la propria voce. "Fallo", grugnì, tutta la speranza e il respiro traballante.

Era una cosa così dolce, gentile, così opposta a qualsiasi altra cosa nella vita di Keith. Ciò era diverso da quello che poteva ottenere dalle scosse stridenti del simulatore, dalla sabbia ruvida nei suoi stivali, dalle dure parole degli istruttori rimproveranti, dal calore che pulsava sempre appena sotto la sua pelle. La prima stampa fu provvisoria, testante, breve e leggera come il battito delle ali di una falena. Ma ha comunque inviato una sorta di brivido elettrico a Keith. Shiro andava piano contro di lui, sebbene lo tenesse saldo, e Keith non aveva mai saputo di aver bisogno di qualcosa di così delicato.

Si separarono appena prima di riunirsi di nuovo. Questa volta più lento, più esplorativo. Le labbra di Shiro si aprirono e Keith lo seguì, senza pensare. Sentiva il dono della bocca di Shiro, il silenzioso scambio di sospiri. Keith inclinò la testa, trovò lì qualcosa che bruciava contro di lui nel migliore dei modi. E la mano di Shiro era tra i capelli, e una delle mani di Keith sul suo petto mentre l'altra trovò la sporgenza del suo fianco. Questo calore era incomparabile, sia dentro che fuori, nel modo in cui entrambi facevano sentire Keith sedato e tuttavia ferocemente desideroso. Il suo cuore batteva all'impazzata, il suo stomaco svenne, ma era irragionevolmente contento di essere il destinatario dell'affetto lento e incrollabile di Shiro.

Si staccarono, ma rimasero vicini, in modo che Keith potesse distinguere il modo in cui le ciglia di Shiro si curvavano. Respirando in sincronia, i loro sguardi si concentrarono l'uno sull'altro. Keith desiderò, distrattamente, di poter fare una casa, qui, in questo momento.

Rimasero a fissare le stelle finché non si fece decisamente tardi e fu lì che Shiro parlò "Dovremmo andare a dormire, anche se domani non c'è scuola" disse.

"D'accordo, andiamo allora"

Il minore si fermò un attimo, si mise a pensare e fermò il maggiore "Vieni, ti porto in un posto che conosci" gli segnò sul GPS dove andare e, una volta preso tutto, ripartirono.

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