Stava camminando con la sua solita indolenza distratta, fissandosi la punta delle tennis sdrucite, quando un vociare concitato catturò la sua attenzione. Alzò lo sguardo sul gruppetto di soggetti poco raccomandabili che si era riunito sotto ai portici della scuola. Adocchiò al volo il loro "leader". Si trattava di Rosco... ok, anche lui non si chiama così ma non sa neanche lei come mai si sia ritrovato quel soprannome dal momento che non è frutto della sua fantasia. Anche perché lo trova completamente inadeguato. Lo conosceva bene quello che ora è il rompiballe più rompiballe della scuola. Rosco era un suo amico d'infanzia e anche oltre. Un ragazzetto minuto e timido. Cresciuto a sberle da una madre che di certo non doveva aver ben chiaro il significato di "educare". Momo lo aveva visto starsene in disparte e, tipico del suo carattere, lo aveva incuriosito. Erano diventati molto amici e spesso lo difendeva da quelli più grandi, finendo per prendercele anche lei. Ma Momo godeva di una tempra combattiva e non aveva paura di quegli idioti. Rosco invece sì. All'epoca era più bassino di lei e quando qualcuno si avvicinava con aria molesta, lui si nascondeva dietro Momo.
Ma la gente cresce e spesso cambia. E Rosco, che lei, tempo fa chiamava Scintilla per il suo essere magro magro e iperattivo, quando la timidezza non lo paralizzava, era decisamente cambiato. Un po' per autodifesa un po' perché "l'educazione familiare" aveva dato i suoi frutti. Ora era il classico bullo, Momo non amava definirlo così ma non vi erano molti altri termini per descriverlo.
Si era fatto un gruppetto di sfigati a cui serviva sentirsi forti facendo numero e ora provocava e sfotteva chiunque considerasse degno delle sue "pessime" attenzioni. Ovviamente faceva eccezione per Momo. Che sarebbe anche potuta rientrare nella lista nera ma che, sapeva bene, non gli conveniva provocare troppo. Momo conosceva cose che lo avrebbero sputtanato in un nanosencondo. Oltre ad avere delle foto di lui da ragazzetto che avrebbe tanto voluto bruciare. No! Momo doveva restare fuori dalle sue questioni e per farlo, doveva ignorarla o trattarla con le pinze.
«Che succede Rosco?!» cosa che ovviamente lei non faceva... anzi, conoscendo la sua "forza" era sin troppo invadente.
«Non sono fatti tuoi, entra che la campana è già suonata».
Momo si avvicinò con l'intento di scrutare oltre la colonna dove la "vittima del momento" era nascosta.
«Stai alla larga!» minacciò lui, comprendendo la sua intenzione.
«Eddai Rosco... è possibile che devi sempre rompere le scatole al prossimo?!»
«Solo a chi se lo merita!» disse lui con sarcasmo.
«Tipo?» Momo intravide qualcuno con i capelli chiari e leggermente mossi.
«Tipo che lui è uno sfigato... e va punito!»
Momo considerò che con queste logiche Rosco non doveva sopravvivere alla pubertà, visto che in quanto a sfigati un tempo, lui aveva dominato. Prese un profondo respiro. Si meritava di essere sputtanato davanti ai suoi zerbini senza palle ma qualcosa dentro di lei la faceva desistere. Tempo fa erano amici e ora, nonostante l'atteggiamento pessimo dell'altro, non riusciva a non considerarlo.
«Dai, lascia perdere...» Momo calciò un sassetto, ostentando una certo scazzo.
«Ehi, non ti piaceranno gli sfigati?!»
Momo avrebbe volentieri ribadito che un tempo si era affezionato al più nerd di tutti ma, ovviamente, tacque.
«Piuttosto non mi piace la gente che deve sempre scassare il prossimo... che ti importa di lui? Voglio dire? Anche se è uno sfigato, che problemi ti da? Cazzo, Rosco passi la tua vita a dare importanza a gente che disdegni! Che hanno gli sfigati da toccarti tanto?»
Gli "amichetti" che sino a poco prima avevano ridacchiato, condendo il tutto con frasette idiote, ora tacquero osservando il loro "leader". Anche lui aveva perso l'atteggiamento da botta e risposta e ora fissava Momo con aria interdetta.
«Sei una scassapalle Momo...» ottima argomentazione. Ma poco contava la risposta, era stato preso sul vivo della sua "colpa". Come se Momo, in quella frase, avesse voluto insinuare qualcosa di "pericoloso" per lui. Con un cenno richiamò i suoi, levandosi di torno.
Finalmente Momo poteva vedere chi era la vittima di quella mattina e quando scorse il solito completo da cresima aprì la bocca con evidente stupore.
«Che ci fai qui?!»
«Ci conosciamo?» l'altro era evidentemente sconcertato...
«No, o meglio sì... anzi, no... » ... e Momo, confusa.
«Grazie comunque, ancora un po' e prevedevo il pestaggio.»
«Rosco è un idiota, anche se non è sempre stato così... comunque anche tu, ma come vai conciato?»
Il tizio parve divertito dal disappunto di Momo. Si sistemò la giacca e il cravattino.«Non ti piace?»
Momo fece di no con la testa.
«È perché non ci si veste nessuno. Tutto ciò che è diverso risulta strano e quanto una cosa non la capisci la schifi... ma a me non importa, sai? A me piace vestire così e vedrai che semmai diventerà di moda, tutti si vestiranno come me e allora... allora io sarò il figo e tu la sfigata.» Rise divertito.
«Neanche io sono come tutti gli altri!» Momo era alquanto indignata.
«Oh si che lo sei, hai un gruppo più ristretto ma sei simile a tanti altri alternativi... magari ti fai anche le canne.» Il tizio parlava con tono divertito mentre Momo stava considerando di richiamare Rosco e farlo sterminare. Per quanto, qualcosa dentro di lei le diceva che lo sconosciuto non aveva tutti i torti. Eh no... gliene si doveva dare atto.
«Sei nuovo della scuola... non sei di qui, giusto?» chiese infine.
«Veramente ho finito. Ero qui per altro. Ma poi ho beccato i tipi di prima e hanno iniziato a darmi in testa.»
«Cosa sei venuto a fare allora?» se vuoi catturare l'attenzione di Momo, incuriosiscila in qualche modo.
«Ehi, quante ne vuoi sapere!» Lui rise e rise ancora di più quando vide l'espressione contrariata e delusa della tipa dai capelli rosso fragola (eh, si nuovo colore!)
«Io ti ho già visto» rilanciò infine, lei.
«Sì lo so, ci siamo incrociati per caso, un paio di volte.»
Niente, non era riuscita a stupirlo o catturare la sua attenzione per poter avere una qualche "merce di scambio" a favore della sua curiosità.
Lui si voltò verso l'ingresso della scuola.«Non dovresti andare?»
A Momo, sconfitta nel suo intendo non restò che annuire.
«Be', rivoluzionario del look, vedi di non farti pestare per le tue idee "sovversive". Ci si vede!» Alzò la mano in segno di saluto e lui imitò il suo gesto. Poi, Momo, si voltò e corse via.
YOU ARE READING
STORIA DI MOMO
Short Story"Momo era simile a tante altre ragazze pseudo-alternative, con i vari eccessi estetici e caratteriali. Ma simile non vuol dire uguale e in lei vi era qualcosa di diverso... non da tutti ma da molti."