Il tramonto stava tingendo le nubi di rosa pesca e arancio tenue. Momo se ne stette ad osservare il cielo stesa su un muretto, le braccia incrociate dietro la testa. Lisca e la cugina si erano affacciate ma solo per sbuffare la loro noia. Poco dopo se ne erano andate con l'idea di passare al negozio di musica ma a Mono non andava di spostarsi da lì.
Aveva fallito nel suo intento. Credeva di aver trovato il modo per rintracciarlo e invece la pista si era rilevata vana. Possibile che nessuno lo conoscesse o lo avesse mai visto?! E se si fosse trattato davvero di un fantasma che lasciava messaggi al mondo dei vivi, dal l'aldilà?
Si tirò su sbuffando ma la sua non era noia... era sconforto.
Un raggio di sole venne riflesso da una finestra del primo piano, tingendole il viso e i capelli di oro brunito.
Strinse gli occhi a fessura godendosi la luminosità calda delle ultime ore del giorno. Infine si decise a tornare a casa. Era in un piccolo parchetto a qualche isolato da dove abitava. Le immancabili giostrine sfasciate, qualche alberello stento così come i cespugli che sembravano lottare contro la terra arida della città. Sentierini pavimentati grigio topo attraversavano un prato che rivelava la terra in molti punti.
Momo, passo scazzato e ciondolante, si sistemò la borsa dalla cinghia troppo lunga, sulla spalla, avviandosi verso casa.
Era incerta se fare la strada più lunga o quella breve, dove però doveva attraversare lo stradone... quello col monolito insulso che tutto era fuorché una manifestazione del progresso.
Un messaggio la distolse dalla scelta. Era Pist che le chiedeva se quella sera sarebbe uscita. "Ah, già, è sabato..." pensò, lasciando che fossero le gambe a scegliere per lei. Senza fermasi rispose all'amico con un "forse". Non era esattamente dell'umore di vedere gente.
Mise le cuffiette e lasciò che un pezzo dolce ed elettronico le facesse compagnia.
Era persa come al solito nei suo confusi pensieri quando qualcosa la bloccò di colpo. Le labbra dischiuse per la sorpresa. Con un'espressione attonita osservava il "monolito". Era stato dipinto e non da uno qualunque. Momo non aveva dubbi, si trattava del "writer degli enigma-parole"!
In un rosso fragola e arancio intenso, contornati di nero vi era scritta la cosa più assurda e, agli occhi di Momo, insensata che un writer potesse scrivere: "CHI". Ma non si trattava di una domanda. Girò persino dietro al coso di cemento per vedere se vi fosse dell'altro, ma niente. Era tutto davanti ai suoi occhi e si trattava di un solo misero "chi".
Si grattò la testa mentre cercava di elaborare una teoria. Chi... potrebbe essere una domanda implicita. Ai perspicaci capire che si trattasse di una domanda. Sì ma chi, cosa? O cosa, chi? Tanto era uguale. La frustrazione di non capire le intenzioni del "writer degli enigma-parole" le fece stringere i pugni.
Ma poi si ricordò dei suoi propositi e così, da brava collezionista, scattò la foto e dopo avergli dato un'ultima occhiata "dal vivo", mollò lì monolito e parola senza senso, riavviandosi.
«Pronto, Pist sei tu? Devi vedere una cosa... ti invio la foto. Ok, ok, per sta sera ci sono ma tu guarda cosa ho trovato tornando a casa.» Non aveva resistito, aveva dovuto telefonare all'unica persona che sembrava condividere il suo intento, anche se solo per sfuggire alla noia.
«Ma che cazz... Momo ma è il coso orrendo lungo la nazionale?»
«Tu che dici?» Momo scosse la testa per la domanda idiota.
«Dico che questo ti segue!»
Momo si pietrificò lungo la via. «Che... che vuoi dire che mi segue?»
«Pensaci, siamo passati da lì un paio di giorni fa e poi anche il parcheggio dei motorini... i suoi graffiti sono tutti in zone che tu frequenti. Anche quello sotto al ponte, infondo lì ci passiamo ogni volta che andiamo a mangiare la piazza con le patatine fritte, giusto?»
Momo si sentì la persona più scema del mondo... insomma se Pist aveva avuto quell'intuizione e lei no era proprio messa male. Aveva ragione, cazzo! Aveva ragione!
«Ti devo lasciare! Ci sentiamo questa sera.» Momo tagliò corto infilando il cell nella borsa e frugando nella tasca interna, tirando poi fuori un vecchio pennarello nero, di quelli indelebili. Corse. Corse sino al coso di cemento che ora se non altro era meno grigio e triste. Restò per un istante ad osservare incerta l'opera che era davvero ben fatta. Ma infine si decise. Sotto, a sinistra, scrisse: "so che tu sai chi sono".
Niente a che vedere con la grafia sfiziosa dei writers, a dirla tutta era proprio bruttina e per un istante provò un senso di colpa seguito dall'impulso di andare a cercare della vernice per coprire la schifezza ma poi desistette.
Il gioco si stava incasinando e lei voleva risolverlo.
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STORIA DI MOMO
Short Story"Momo era simile a tante altre ragazze pseudo-alternative, con i vari eccessi estetici e caratteriali. Ma simile non vuol dire uguale e in lei vi era qualcosa di diverso... non da tutti ma da molti."