Attraversarono una serie di corridoi angusti e in penombra.
Thomas sentiva il battito accelerato del suo cuore rimbombargli nelle orecchie, mentre il respiro diventava più affannoso ad ogni metro che faceva.
Il suono dei suoi passi si mescolava a quelli di Minho, Newt e degli altri.
Dopo un lungo, interminabile corridoio, finalmente arrivarono davanti a un portellone massiccio, lo stesso dal quale erano entrati solo qualche giorno prima.
Su di esso vi era una maniglia rossa e lucida.
Thomas esitò per un istante, il cuore che gli batteva nel petto, ma non c'era tempo per pensare.
Con una mano tremante, abbassò la maniglia, il metallo scricchiolò sotto il suo tocco.
Il portellone si aprì immediatamente, rivelando un mondo di buio e caos.«Presto! Andiamo!» urlò, la sua voce tagliente suonava come una lama nel silenzio che li avvolgeva.
I loro passi li portarono fuori, nel vuoto. L'aria era densa e polverosa, e il buio sembrava inghiottirli.
Una tempesta di sabbia impazziva fuori, sferzando l'aria con furia indescrivibile. L'unica fonte di luce proveniva dagli impianti di illuminazione della struttura, lasciando solo bagliori distorti sulle loro figure.
Thomas strinse i denti, cercando di mantenere l'equilibrio mentre il vento si faceva sempre più intenso.
Ogni passo era una lotta, la sabbia che si infilava nelle scarpe, nei vestiti, ovunque.
Era impossibile orientarsi.
La tempesta sembrava non avere fine, e la visibilità era ridotta a pochi metri, giusto il tempo di intravedere le sagome degli altri.
«Dobbiamo seminarli!» urlò Minho, che correva in testa al gruppo.
Il terreno sotto i loro piedi era instabile, e mentre arrancavano su un'altissima duna di sabbia, Thomas lanciò uno sguardo rapido dietro di sè.
Il cuore gli balzò in gola.
A qualche centinaio di metri, almeno una ventina di uomini armati stavano uscendo dalla struttura.
Alcuni a piedi, altri a bordo di quad, le loro sagome nere e minacciose emergevano nel crepuscolo della tempesta.I ragazzi avevano finalmente seminato i loro inseguitori e si trovarono davanti a un edificio abbandonato, mezzo sommerso dalla sabbia.
Le pareti di cemento erano consumate dal tempo e le finestre rotte erano scure.
Non c'era tempo per fermarsi a riflettere: Thomas non sapeva quanto terreno avessero guadagnato, ma ogni secondo che passava li avvicinava a essere di nuovo braccati.
«Entriamo qui!» urlò, correndo verso una finestra frantumata.
La sabbia, spinta dal vento impetuoso, aveva creato una rampa naturale, una scivola irregolare che portava all'interno del rudere.
Il gruppo lo seguì senza esitare, arrancando dentro dietro di lui.
Quando entrarono nell'edificio, l'aria stagnante e la puzza di umidità li accolsero. Il silenzio era soffocante, rotto solo dal rumore dei loro respiri e dal sibilo del vento che si infilava attraverso le fessure delle pareti.
«Qualcuno ha una torcia?» chiese Minho.
Aris, che aveva preso con sé uno zaino, probabilmente quando si erano divisi all'interno della base di W.C.K.D., non perse tempo.
Con mani veloci e precise, frugò nel bagaglio e, dopo un momento di attesa, estrasse una torcia e la passò a Minho.
Il fascio di luce illuminò debolmente il pavimento, rivelando sabbia fine e polvere che copriva ogni cosa.
Minho cominciò a girare su se stesso, illuminando tutto intorno a sé «Dove cavolo siamo?»
Thomas guardò velocemente la stanza, il cuore che gli martellava in petto.
Non c'era tempo per soffermarsi.
Dovevano continuare a muoversi «Forza, dobbiamo andare»
Ma proprio mentre stava per compiere il primo passo, Teresa lo fermò «Thomas, no. Fermati!»
Il ragazzo si bloccò di colpo, si voltò verso di lei.
Teresa aveva uno sguardo severo e preoccupato «Mi dici cosa succede?»
Thomas, con il volto teso e gli occhi sfocati dalla preoccupazione, respirava affannosamente «È W.C.K.D. Ci hanno mentito. Non siamo mai scappati. Aris e io abbiamo trovato dei corpi... neanche si contavano»
La freddezza delle sue parole colpirono gli altri ragazzi come un pugno allo stomaco.
«Che cosa intendi?» chiese Minho, con voce incredula «Dei cadaveri?»
«No, ma non sembravano neanche vivi. Li avevano appesi, erano collegati a dei tubi. Li stavano... li stavano dissanguando»
Il silenzio che seguì fu pesante, oppressivo.
I suoi amici si guardarono, attoniti, incapaci di credere a quello che avevano appena sentito.
Nessuno di loro riusciva a immaginare cosa significasse davvero.
Thomas sentì una fitta al cuore, ma sapeva che non poteva fermarsi, tutti loro avevano bisogno di una spiegazione «W.C.K.D. vuole qualcosa che è dentro di noi» disse con voce più bassa, ma determinata «Forse qualcosa che è nel nostro sangue. Per questo dobbiamo allontanarci da loro il più possibile»
Il gruppo rimase in silenzio per un momento, cercando di assorbire le sue parole.
La paura era palpabile, ma c'era anche una tensione crescente, come se ogni secondo fosse prezioso.
Teresa fu la prima a parlare «Okay, allora qual è il piano?»
Thomas esitò.
Non sapeva cosa rispondere.
Non aveva un piano.
Non aveva risposte.
Il suo sguardo vagò tra i volti degli altri, ma non trovò nessuna certezza.
«Ce l'hai un piano, vero?» lo incalzòla ragazza.
Thomas abbassò lo sguardo, sentendo il peso della responsabilità che ora gravava su di lui «Sì, ecco... io...» si interruppe, incapace di continuare.
La verità era che non sapeva dove andare, né cosa fare.
Avevano corso troppo lontano senza un obiettivo preciso.
Teresa lo fissò, gli occhi brucianti di frustrazione «Ti abbiamo seguito fin qui, e ora ci dici che non sai dove stiamo andando né cosa stiamo facendo?» il suo tono era secco, ma in quella situazione non c'era spazio per le gentilezze.
Thomas si sorprese nel vederla reagire in quel modo.
Era vero, non aveva un piano, ma in una situazione del genere come avrebbe potuto prepararne uno?
Non aveva avuto neanche un secondo per riflettere.
Newt e gli altri la guardarono male, come se si stessero chiedendo che diritto aveva di parlargli in quel modo dopo che l'avevano salvata e portata con loro senza sapere chi lei fosse veramente.
Aris intervenne, cercando di spezzare il clima teso «Aspettate, Janson ha detto qualcosa riguardo a un popolo delle montagne. Una specie di esercito ribelle»
Thomas strizzò gli occhi, ricordando solo in quel momento della discussione alla quale avevano assistito «Giusto, il Braccio Destro» mormorò, mentre una scintilla di speranza si accendeva dentro di lui «Se lottano contro W.C.K.D., forse ci aiuteranno»
Nessuno dei ragazzi sembrava particolarmente convinto.
I loro sguardi erano pieni di dubbi, ma, in fondo, che altro potevano fare?
W.C.K.D. gli stava dando la caccia, l'unica speranza era continuare a muoversi in cerca di aiuto.
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Newtmas ||Sopravvivi||
Fanfiction*Terza storia appartenente alla quadrilogia sulla Newtmas* Finalmente i ragazzi sono fuori dal Labirinto e lontani dai viscidi Dolenti. Tutte quelle persone che sembrano volerli aiutare in realtà non sono chi dicono di essere; ha quindi inizio un lu...