Il prezzo della libertà

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I'd bottle the feelin' you give me

And shelve that stuff for years to come

'Cause, baby, when your arms are around me

I'd swear that I'm holding the sun.

(J's Lullaby - Delaney Bailey)



Il sole stava lentamente tramontando all'orizzonte, tingendo il cielo di sfumature arancioni e rosate, mentre il caldo infernale della giornata cominciava a placarsi.
Ma il sollievo che il calar della sera portava non riusciva a dissipare l'ansia che serpeggiava nei cuori del gruppo.
Avevano camminato per ore, e nonostante la fatica, non potevano fermarsi.
Dovevano trovare un posto sicuro per la notte.
Thomas camminava a passo sostenuto, gli occhi fissi davanti a sé, alla ricerca di un rifugio.
Sapeva che i luoghi ampi e aperti erano da evitare: erano troppo vulnerabili e difficili da controllare.
Le rovine di quella città deserta sembravano infinite e la paura che potessero essere sorpresi da quei mostri li teneva allerta.
Dopo un po', trovarono finalmente qualcosa che sembrava una soluzione, seppur temporanea: una piccola casetta.
Sembrava essere stata abbandonata da tempo, mezza distrutta, con le finestre rotte e il tetto inesistente in alcuni punti.
Ma rispetto agli altri luoghi, sembrava l'opzione più sicura, almeno per quella notte.

Il vento sollevava piccole nuvole di sabbia, mentre i ragazzi si affrettavano ad entrare nel piccolo rifugio.
Thomas scrutava la stanza buia, avvolta in un silenzio opprimente.
Non c'era traccia di altri esseri umani, né di animali.
Solo polvere, macerie e un odore di muffa stagnante.
Decisero di non accendere nessun fuoco.
Era troppo rischioso.
Qualsiasi fonte di luce avrebbe potuto attirare attenzione, magari quella di altri esseri simili a quello che aveva attaccato Winston.
La paura era tangibile e palpabile, e l'oscurità che calava sembrava essere l'unica protezione che avevano.

Durante la cena, il silenzio regnava sovrano.
Non c'era nulla di appetitoso, solo cibo in scatola e razioni scarne, ma Thomas non si curava troppo di quello.
La mente era concentrata su Winston, che stava riprendendo conoscenza a intermittenza.
Ogni volta che si svegliava, il suo respiro affannoso e il suo volto pallido erano un chiaro segno che la situazione non stava migliorando.
Le sue condizioni erano gravi, ma non riuscivano a fare altro se non sperare in un miracolo.

Il momento di andare a dormire era arrivato fin troppo in fretta e Thomas si girò verso i letti improvvisati dove Newt e gli altri si erano sdraiati.
I ragazzi sembravano essere esausti, persi nei loro pensieri.
Ma Newt non dormiva.
Thomas lo notò subito mentre si alzava silenziosamente, uscendo dalla casetta senza dire una parola.
Sospirando, anche lui si alzò e si diresse verso l'ingresso, senza farsi sentire.
La luce del crepuscolo illuminava appena il paesaggio circostante, un deserto di rovine e sabbia, mentre il cielo si scuriva piano piano.
Thomas trovò Newt che camminava lentamente a pochi passi dalla casa.
Non era sorpreso, ormai lo conosceva bene: nei momenti difficili, era sempre così.
Preferiva allontanarsi, riflettere da solo.
E ora, più che mai, sembrava che avesse bisogno di farlo.

«Hei, non hai sonno?» chiese Thomas, avvicinandosi con passo lento.
La sua voce spezzava il silenzio, ma era tenera, come se volesse rassicurarlo senza invadere i suoi pensieri.
Newt alzò gli occhi verso di lui, strizzando il naso e respirando profondamente «No» rispose, la sua voce rauca e stanca, ma anche inquieta.
Non c'era rabbia né frustrazione, solo una preoccupazione palpabile.
Thomas si fermò al suo fianco «Tutto bene?» chiese, vedendo l'espressione preoccupata che aveva dipinta sul volto.
Il vento notturno sollevava i ciuffi dei capelli di Newt, e il buio sembrava avvolgerlo più del solito.
Il biondino non rispose subito, e Thomas si rese conto che il silenzio tra loro stava diventando denso, quasi insostenibile.
Poi, finalmente, Newt parlò, la sua voce bassa e quasi spezzata «Per niente, sono preoccupato, Tommy»
Thomas sentì una fitta di preoccupazione nel petto, ma non disse nulla, aspettando che continuasse.
Newt tirò su con il naso, come se stesse cercando di trattenere l'ansia che lo agitava «Per Winston... Ho paura che non ce la faccia. Che il nostro piano fallisca miseramente... E che possa succederti la stessa cosa»
Il cuore di Thomas affondò.
Sapeva che anche Newt aveva capito quanto fosse grave la situazione.
Quella preoccupazione lo consumava.
Era la stessa paura che Thomas sentiva dentro di sé, ma non voleva mostrarla.
«Non mi succederà nulla» rispose lui, cercando di sorridere e di infondere un po' di speranza.
Ma la sua voce era più fragile di quanto avrebbe voluto.
Newt lo guardò con occhi colmi di angoscia «Come fai a dirlo? Non abbiamo idea di cosa ci sia intorno a noi, e oggi ne abbiamo avuto la prova»
Thomas si morse la lingua.
Come poteva dargli la sicurezza che sarebbe andato tutto bene?
«È vero, non posso esserne sicuro» disse, avvicinandosi lentamente, fino a cingere con le mani la vita di Newt «Ma farò del mio meglio per non doverti far stare in pensiero»
Newt si lasciò andare, il suo corpo pesante ma vulnerabile nelle sue braccia.
Il respiro di Thomas si fece più lento mentre stringeva il ragazzo che amava, cercando di dargli quella sicurezza di cui sembrava avere tanto bisogno.
«Promettimelo» disse Newt, con voce bassa e rotta.
Thomas accarezzò i capelli di Newt, lo strinse più forte contro di sé e, con sincerità, disse: «Te lo prometto»
Il vento soffiava, ma in quel momento, Thomas sentiva che c'era almeno una cosa su cui potevano fare affidamento: l'uno sull'altro.

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