Era ormai quasi sera, il cielo stava cominciando a tingersi di sfumature più scure mentre il gruppo si fermava, esausto.
Le forze erano al limite, le gambe pesanti, e la sabbia sembrava essersi insinuata ovunque.
Adesso si trovavano di fronte a una landa arida e vuota, completamente priva di vegetazione o segni di vita.
Sembrava che il nulla si stesse abbattendo su di loro, come una cortina di silenzio e polvere che li separava dalle montagne lontane.
Thomas sentiva il peso della stanchezza scorrere attraverso ogni fibra del suo corpo, ma non poteva ignorare il fatto che non fosse il posto più sicuro dove fermarsi.
Tuttavia, non c'era altro da fare.
Dovevano accamparsi e riposare, almeno per quella notte.Mentre il cielo scuriva sempre più e le ombre si allungavano intorno a loro accesero un fuoco con la poca legna che riuscirono a trovare.
La fiamma danzava leggera, ma non c'era gioia o conforto nei volti dei ragazzi.
Erano troppo stanchi, troppo scossi.
Winston.
Il pensiero del ragazzo non li lasciava.
Avevano perso uno dei loro, e il vuoto che aveva lasciato era difficile da colmare, impossibile da ignorare.
L'aria tra di loro era pesante, come se ognuno stesse cercando di elaborare a modo suo ciò che era successo.
Minho fu il primo a rompere il silenzio.
La sua voce, nonostante il tono calmo, era intrisa di una frustrazione crescente «Credevo che fossimo tutti immuni» disse, guardando il fuoco senza focalizzarsi su nulla in particolare.
Il suo volto, solitamente sfrontato e determinato, adesso era perso.
Thomas lo guardò brevemente, con un nodo alla gola.
Non riusciva a trovare le parole giuste.
Non riusciva nemmeno a guardare Newt e gli altri.
Non aveva la forza per fare altro che restare in silenzio.
L'ombra di Winston pesava su di lui più di quanto volesse ammettere.
«Non tutti a quanto pare» intervenne Sonya a bassa voce, senza guardarlo.
«Se Winston è stato infettato, potrebbe capitare a chiunque di noi» aggiunse Newt rattristato da quella nuova consapevolezza.
«Non avrei mai pensato che un giorno... mi sarebbe mancata la Radura» la voce di Frypan si spense sul finale, come se la stessa dichiarazione lo sorprendesse, mentre la nostalgia per quei giorni sembrava stringerlo in una morsa.
Thomas, senza riuscire a sopportare oltre quella tensione, abbassò la testa.
Non c'era nulla da dire, niente che avrebbe potuto confortarli.
La paura che Winston fosse solo il primo a cedere alla malattia li minacciava tutti.
Ma quello che lo turbava di più era l'idea che ogni passo che facevano li stava solo avvicinando a un destino simile.
E mentre il crepuscolo avvolgeva la scena, Thomas sollevò lo sguardo.
L'orizzonte si stava tingendo di una tonalità grigia, ma in lontananza, ai piedi delle montagne, notò delle luci.
L'illusione di un rifugio, o forse di una speranza.
In quel momento, la fatica sembrò allontanarsi per un attimo, rimpiazzata da una sottile scintilla di determinazione.
Dovevano andare avanti.La mattina seguente, all'alba, erano già in cammino.
I ragazzi marciarono in silenzio, con il cuore appesantito e i pensieri in tumulto.
Il paesaggio desolato sembrava non finire mai, ma non si fermarono.
Non potevano fermarsi.
Solo quando il sole iniziò a calare, riuscirono a intravedere un edificio in lontananza.
Qualcosa di grande, ai piedi delle montagne.
Una struttura, forse una fabbrica, che sembrava essere rimasta immutata nel tempo.
Quando finalmente arrivarono, la stanchezza era ormai insostenibile, ma la curiosità li spinse avanti.
Davanti a loro, una porta metallica, grigia e arrugginita, sembrava l'ingresso a un mondo dimenticato.
Minho si avvicinò per provare ad aprirla, e per un attimo temette che fosse chiusa.
Ma con sua sorpresa, non lo era.
La porta si aprì con uno stridio, rivelando un buio profondo che li inghiottì all'istante.
Qualcuno accese una torcia, e la debole luce illuminò le pareti, ma non riusciva a dissipare l'ombra che aleggiava su di loro.
Frypan sbuffò, guardandosi intorno, visibilmente a disagio «E ora che facciamo?» chiese, con un filo di voce.
«Mi sa che qui non c'è nessuno» borbottò Aris.
«Vi sbagliate»
Una voce femminile provenne dall'oscurità, facendo sobbalzare tutti.
In un istante, i ragazzi si voltarono, cercando nella penombra la fonte di quella voce misteriosa.
La torcia tremolante illuminò vagamente una figura che stava in piedi più in là, in fondo al grande spazio in cui si trovavano.
Si trattava di una ragazza.
Aveva dei capelli corti e neri che le incorniciavano il viso.
Non sembrava più giovane di loro, eppure, la sua presenza era enigmatica, quasi spiazzante.
Minho si fece avanti, il suo viso serio e la voce tesa «Chi sei?!» chiese, cercando di mantenere la calma.
La ragazza sollevò un sopracciglio, mostrando una sorta di sorriso sprezzante «Dovrei chiedervelo io» rispose «Questa è una mia proprietà, e voi avete sconfinato»
Poi, senza alcuna esitazione, girò le spalle ai ragazzi e si incamminò, allontanandosi con passo deciso «Adesso seguitemi senza fare storie»
Thomas si guardò intorno.
Avrebbero potuto fare dietro front e uscire da quel posto; ma sapeva anche che quello era l'unico segno di civiltà che incontravano dopo giorni di cammino.
Con un cenno impercettibile della testa, indicò agli altri di seguirla.
Anche se non avevano idea di chi fosse, o cosa li aspettasse dentro quella struttura, non avevano altra scelta.
La speranza, ormai, era ridotta a un filo sottile.Il rumore dei loro passi echeggiava nel vasto spazio che stavano attraversando.
Si sorpresero nel vedere che quel posto era pieno di gente.
C'erano uomini e donne, alcuni si scaldavano attorno a dei barili con dei fuochi al loro interno, altri erano appoggiati alle costruzioni di fortuna che sembravano essere state erette in fretta.
Thomas sentiva addosso lo sguardo di molti di loro con l'aggiunta di sussurri e borbottii tra i vari gruppi che si erano fermati a osservare.
Sembrava che quel luogo fosse un accampamento improvvisato, una sorta di rifugio, ma l'atmosfera era tutt'altro che rassicurante.
Gli sguardi curiosi e qualche commento di quella gente li facevano sentire come se fossero entrati in un territorio ostile, nonostante l'apparente tranquillità di quella piccola comunità.
«Forza ragazzi, Jorge non vede l'ora di conoscervi» disse la ragazza che li aveva guidati fin lì, con un sorriso strano, quasi divertito.
Non era il tipo di sorriso che poteva rassicurare.
Thomas, stanco di non sapere mai cosa aspettarsi, lanciò uno sguardo preoccupato agli altri.
«Chi è Jorge?» chiese poi, smettendo di guardare l'ambiente circostante per concentrarsi sulla ragazza.
Lei si voltò per una manciata di secondi, gettando un'occhiata veloce a Thomas prima di rispondere «Lo vedrete»
Poi si fermò un attimo, come se volesse aggiungere qualcosa «Nessuno superava la Zona Bruciata da tanto, lo avete incuriosito» aggiunse, facendo una pausa che sembrava voler dare più peso alle sue parole «Anche io lo sono»
Thomas sentì un brivido corrergli lungo la schiena.
La Zona Bruciata.
Quel maledetto posto spettrale e pericoloso, che li aveva accolti in silenzio, li aveva messi alla prova e, in qualche modo, li aveva cambiati.Nel frattempo, alcuni degli uomini che li avevano osservati da lontano si avvicinarono, camminando lentamente dietro di loro.
La loro presenza non faceva che aumentare la tensione che già si respirava nell'aria.
«Nessuno di voi ha uno strano presentimento su questo posto?» mormorò Newt, fermandosi per un attimo a guardarsi intorno con un'espressione preoccupata.
La domanda non aveva bisogno di risposta, perché anche Thomas sentiva che c'era qualcosa di strano, come se stessero camminando su un terreno minato.
«Sentiamo che cosa vuole questo Jorge» rispose alla fine, cercando di mascherare la preoccupazione con un tono di voce deciso.
La ragazza li guidò su una rampa di scale, che sembrava condurre a una struttura più interna.
Quando arrivarono, li fece entrare in una stanza.
Era buia, umida, e l'odore di chiuso e di polvere stantia riempiva l'aria.
Non c'era molto nella stanza, a parte alcuni scaffali stracolmi di oggetti, una vecchia scrivania e una sedia.
Dietro alla scrivania, un uomo di mezza età stava armeggiando con una radio, che emetteva strani rumori indistinti.
Non appena li vide, l'uomo si sollevò in piedi, fissandoli con occhi penetranti «Chi sono questi qua?» chiese, alzando un sopracciglio.
«Non lo so, li ho trovati al piano di sotto» rispose la ragazza, come se si stesse giustificando per averli portati fin lì.
L'uomo li osservò uno per uno, squadrandoli con un'espressione impassibile, come se stesse cercando qualcosa in loro «Tre domande: da dove siete arrivati, dove state andando e qual è il mio guadagno?»
Thomas si scambiò uno sguardo rapido con gli altri.
Poi, senza esitazione, rispose «Andiamo verso le montagne, cerchiamo il Braccio Destro»
Dopo quella sua affermazione gli uomini che li avevano seguiti fino a lì iniziarono a ridere rumorosamente, quasi schernendoli.
Jorge si limitò a fare un ghigno divertito, lanciando uno sguardo sardonico a Thomas e agli altri «Quindi cercate dei fantasmi» disse con tono beffardo.
Nessuno dei ragazzi ebbe il tempo di chiedere spiegazioni.
«Domanda numero due: da dove siete arrivati?» chiese Jorge, mentre si avvicinava lentamente, mantenendo un'espressione quasi inquietante.
«Sono fatti nostri» rispose secco Minho, con la voce dura e decisa.
Ma proprio in quel momento Thomas sentì una mano afferrargli entrambe le spalle con forza.
Prima che potesse reagire, si ritrovò con la faccia schiacciata sulla scrivania di Jorge, mentre due uomini lo tenevano fermo.
Gli altri ragazzi cercarono di muoversi per aiutarlo, ma vennero trattenuti.
La ragazza si avvicinò con uno strano aggeggio in mano.
Lo puntò contro la nuca di Thomas, facendogli una scansione rapida.
Il rumore metallico e il suono elettronico che provenivano dall'apparecchio erano disturbanti.
Quando finì, l'uomo che lo teneva si allontanò, lasciandolo andare.
La ragazza guardò Jorge con un'espressione sorpresa «Avevi ragione» disse, passando lo scanner nelle mani dell'uomo, che lo prese senza dire una parola.
Gli diede una rapida occhiata, poi, finalmente, parlò «Mi dispiace hermano, vi hanno marchiati»
Thomas aveva capito a cosa si riferisse, ma non riuscì a trovare una scusa per togliersi da quel guaio, sapeva che non stava per succedere nulla di buono.
Jorge si avvicinò di nuovo, questa volta con uno sguardo più serio «Voi arrivate da W.C.K.D., il che significa che siete di grande valore»
Quando finì di parlare, gli uomini dietro di loro si mossero all'improvviso, afferrandoli di nuovo per le spalle, senza alcuna esitazione.
Thomas, Minho e gli altri non ebbero il tempo di reagire mentre venivano portati fuori dalla stanza.
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Newtmas ||Sopravvivi||
Fanfiction*Terza storia appartenente alla quadrilogia sulla Newtmas* Finalmente i ragazzi sono fuori dal Labirinto e lontani dai viscidi Dolenti. Tutte quelle persone che sembrano volerli aiutare in realtà non sono chi dicono di essere; ha quindi inizio un lu...