Capitolo Due.

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Io risposi: dolore e tristezza

Lui disse: resta lì

La ferita è il punto in cui la luce entra in te

[RUMI]

Credo di stare camminando eppure non sono io che comando alle mie gambe di muoversi. Chissà come mai nei miei sogni ho sempre gli occhi chiusi. Ma in questo caso non so nemmeno se li ho, gli occhi. Scopro di averli solo quando li apro: buio totale. L'unica cosa che vedo sono quelle che sembrano due lanterne ma con una forma strana. Provo ad avvicinarmi per capire cosa sono, ma sono quelle luci che vengono da me.

Più si avvicinano più capisco che si trattano di due occhi. Occhi di lupo che brillano nel buio più totale. Mentre avanza mi rendo conto che non si tratta di un lupo normale: ha una grandezza innaturale. Ha il manto bianco e i suoi occhi straripano fierezza. In quello sguardo distinguo anche una cosa che non avrei mai pensato di vedere negli occhi di un lupo, distinguo un sentimento che a volte anche noi umani ci dimentichiamo esista: l'amore.

Sono occhi di miele, di oro fuso, bellissimi. Mi incanto davanti a quello sguardo e non penso che potrebbe svanire da un momento all'altro. Che possa svanire al mio risveglio. Allungo la mano per toccare il suo muso, ma con cautela, per non farlo spaventare. Quando il mio palmo sta per sfiorare il suo morbido manto, il lupo svanisce senza lasciare traccia, come se non fosse mai esistito. Così gli artigli del buio mi stringono le spalle e ho paura. Non me ne sono nemmeno accorta, ma ho richiuso gli occhi. Quando li riapro vedo davanti a me una porta scarlatta, intarsiata di smeraldi e lapislazzuli. Una forza interna mi spinge ad aprirla, ma la mia mente combatte questo desiderio involontario.

Una forza che non avrei mai pensato di avere.

La varco.

Una luce bianca mi ferisce gli occhi.

Poi più niente.

***

Apro gli occhi di colpo, e ripenso a quello sguardo intenso. Mi sembrava così familiare... mi guardava come se il sogno fosse il suo e io potessi scomparire da un momento all'altro.

Oggi è l'ultimo giorno nella nostra città. Oggi partiremo per New York. Non posso perdere altro tempo, sento che devo tornare nella foresta. Mi preparo velocemente e questa volta dovrò dare delle spiegazioni a mio padre prima di uscire. Spero di non incontrare nessun altro prima di arrivare in salotto. La casa è così silenziosa che temo di non incontrare nemmeno mio padre, solito alzarsi poco prima dell'alba.

Questa sarebbe stata l'ultima alba che avrei visto sorgere proprio tra lo scorcio a V delle montagne. L'ultima volta che avrei potuto camminare nella quiete lontano dalla città. L'ultimo giorno nei ricordi della mia infanzia. Stranamente mio padre non si trova in salotto. Non lo trovo immerso nella sua poltrona con un sigaro tra le dita, ma non posso rimanere. Come in un dejavù mi ritrovo in groppa al cavallo e con mia delusione il sole è coperto da una coltre di nuvole, e una nebbiolina sfuma i colori accesi delle foglie. Le persone si rendono conto di quanto sono importanti per loro i luoghi dove sono cresciuti solo quando è arrivato il momento di lasciarli. Strano come rimpiango i giorni passati a non godermi appieno tutto questo. Raggiungo l'acero che sembra sostenere tutta la foresta e mi arrampico su un ramo possente. Questo albero ha popolato la mia fantasia da bambina. Con mia madre venivo spesso qui ad ascoltare le voci degli alberi. Lei diceva che parlano solo con chi li vuole realmente ascoltare. Passo le dita su un'incisione fatta quando avevo dodici anni. "Siamo fatti anche noi della materia di cui sono fatti i sogni e nello spazio e nel tempo d'un sogno è racchiusa la nostra breve vita", c'è scritto. Shakespeare. Passo le dita su ogni lettera, la scritta è ormai rovinata dal tempo. La notte dopo quell'incisione, lei morì. Successe tutto così velocemente che quasi non me ne resi conto. Mi sembrava solo un terribile sogno da cui me ne sarei andata a breve. Il problema è che nei sogni il dolore lo senti come un ricordo, qualcosa collegato al tuo corpo solo con dei fili sottili, ma nella vita reale sono i fili del dolore che cercano di aggrovigliarsi al tuo corpo, fino a soffocarti.

Sento dei rami scricchiolare sotto di me e mi sorprendo di vedere mio padre cercare di arrampicarsi sul mio stesso ramo. Riesce a raggiungermi affannato e rimane in silenzio ad osservare le nuvole che finalmente si stanno spostando, per fare spazio allo spettacolo che fino ad un momento fa era rimasto nascosto.

Il silenzio è sempre stato una persona che conviveva tra mio padre ed io. Si univa in ogni momento impedendoci però di esprimere quello che davvero pensavamo. Mio padre sembra pugnalare quella creatura seduta fra noi dicendo: 

<< Manca anche a me >>. 

Per la prima volta da quando era accaduta quella disgrazia ci stavamo finalmente confessando. Nel giorno in cui dovevamo dimenticare.

<< Lo so >> rispondo io.

Continuiamo a fissare il sole sorgere lentamente e cambiare colore. Così. In silenzio. Con le mia dita intrecciate nelle sue. E finalmente il mio dolore si attenua come credo anche il suo, perché tira un sospiro molto profondo e poco udibile.

***

Il resto della giornata lo giudico come un ricordo inutile. Un addio neanche sincero. Dopo aver fatto le valige venne un'automobile a prenderci. Ovviamente Will ne era molto entusiasta, ma io la guardavo con sguardo assente. Non mi accorsi nemmeno dell'arrivo alla stazione e di essere salita sul treno. Anzi, del treno mi ricordo solo che aveva i sedili rivestiti di pelle nera e dei tavolini bianchi al centro. Nient'altro. L'unico ricordo vivido che ho avuto la premura di conservare fu la sensazione di scappare da qualcosa, mentre vedevo il paesaggio scorrermi accanto. Di scappare da qualcosa che non era mai stato davvero mio. Da qualcosa che tutti mi avevano fatto credere essere il centro del mondo. Da qualcosa che forse non meritavo nemmeno.

Quel giorno accadde un fatto strano. Dalla porta scorrevole del vagone entrò un uomo alquanto eccentrico: aveva i capelli biondi lunghi fino alle spalle, una giacca rossa con rombi disegnati stava appoggiata sulle sue spalle, portava degli orecchini verdi e aveva l'aspetto di una persona molto ricca. Ma la cosa che quel giorno attirò di più la mia attenzione furono i suoi occhi. 

Occhi dorati. 

Venne a sedersi al posto accanto a me e quando guardava altrove io rimanevo a fissare il suo sguardo. Aveva gli stessi occhi del lupo nel sogno. Gli stessi occhi che ero sicura di avere già visto. Eppure...

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