Capitolo Tredici.

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Andiamo un po' avanti con la storia... non vorrei annoiarvi troppo. Passiamo da un pomeriggio passato in solitudine ad una serata a dir poco movimentata.

Spero abbiate intuito di cosa si tratta...

Sera del debutto in società di Yuki, ore 00:00.

<<Io sono tuo padre>> mi dice l'uomo che ho appena incontrato.

Sarebbe troppo scontato se vi dicessi che ha i lineamenti del volto di carattere giapponese? Bè, è davvero così. I capelli nero inchiostro tenuti ordinatamente pettinati con il gel, il viso appena rasato, un completo nero lucido con una camicia immacolata e labbra piene. Nessun segno lasciato dalla giovinezza o qualche ruga di vecchiaia. Pelle vellutata e luminosa.

Sì, un uomo perfetto.

E no, non sono stupida.

Ho capito perfettamente quello che mi ha detto, ma ho deciso di ignorare le sue parole. Preferisco concentrarmi sulla sua figura.

Alla mano sinistra porta un anello di giada sull'anulare con incisa sopra la sagoma di un castello. Gli occhi sembrano liquidi, come il fondo del boccettino di inchiostro.

<<Yuki? Hai sentito quello che ho detto?>> mi chiede con voce indecisa.

Io non rispondo e mi limito a fissargli le scarpe. Sono laccate, come la giacca. Quell'uomo sembra essere stato immerso in un liquido scuro e poi lucidato. Mi chiedo se anche la sua anima abbia un'aspetto così ordinato e preciso.

Qualche ora prima...

<<Yuki!!>> mi chiama con voce stridula Catherine. Penso che stia per avere un attacco di panico. Fra meno di un'ora verrà a prenderci una carrozza che ci porterà ad un palazzo fuori città dove dovrò fare il mio debutto. Per chi non lo sapesse il debutto in società è un evento al quale tutte le ragazze fra i diciassette anni e i ventitré devono partecipare. Il motivo? Per fare il proprio ingresso in società e quindi poter partecipare a feste e stupidaggini simili, ma soprattutto per trovare marito. Durante la primavera mi hanno obbligato a partecipare a pomeriggi con vecchie signore per bere il tè e imparare a parlare di argomenti frivoli adatti ad una Lady.

In realtà sono riuscita a scappare dalla maggior parte.

Purtroppo però Catherine è riuscita a farmi confezionare il vestito che voleva per il debutto. È bianco e sfarzoso, ovviamente. Non l'ho ancora indossato. Per ora Beatriz mi ha pettinata e truccata: l'ho pregata di fare qualcosa di semplice e lei ha annuito seria. Una volta finito non mi degno nemmeno di guardarmi allo specchio. Non mi interessa, bella o no sarò comunque obbligata ad andarci.

Esco dalla mia camera e vado a cercare Catherine per sapere perché mi chiamava. Mi dirigo nella camera matrimoniale aspettandomi di trovarla davanti allo specchio che grida qualcosa alla sua cameriera, ma, quando apro la porta rimasta socchiusa, vedo mio padre inginocchiato sul pavimento che stringe fra le mani un vestito bianco. Allungo un po' la testa e noto che è quello contenuto dentro il baule di mia madre.

Da quando abbiamo litigato non ci siamo più rivolti una parola, se non per educazione. Lui era sempre in ufficio e ci siamo ignorati il più possibile; è già passato quasi un mese.

Ma vederlo così, la testa grigia bassa e il corpo stanco mi fa riflettere su come, quando gli ho gridato contro, io abbia pensato solo a me stessa, senza pensare all'effetto che avrebbero avuto le mie parole.

Mi avvicino con l'intenzione di appoggiargli una mano sulla sua spalla ma quando mi muovo faccio scricchiolare il parquet sotto i miei piedi. Subito, come spaventato da quel rumore, si gira di scatto e noto che ha il viso bagnato.

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