Capitolo Cinque.

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Eccola qua, di nuovo. La caduta. Una perenne caduta verso il basso.

Ancora una volta mi ritrovo a sentire l'aria che mi sferza il viso. Precipito nel nulla per quella che sembra un'infinità, cercando di non ascoltare le flebili voci che mi sussurrano all'orecchio. Apri gli occhi, apri gli occhi, apri gli occhi, apri gli occhi... voci disperate in un silenzio sovrumano.

<<No!>> rispondo <<non aprirò gli occhi per poi perdermi di nuovo!>> eppure loro continuano indisturbate.

Riesco a resistere finché la mia mente non si riempie di ricordi che non riesco a sopportare.

Mi rivedo piegata sul letto di mia madre morta, in preda al dolore. Gridavo e gridavo, ma senza versare nessuna lacrima. Torna da me, le dicevo, torna. Eppure i suoi occhi non si aprivano. Per quanto mi sforzassi di aspettare, le sue palpebre rimanevano immobili, immutate nel suo sonno infinito.

Rivedo mio padre che mi prende per le spalle e mi strappa via da altro dolore. Rivivo i momenti in cui lo fissavo dalla serratura della porta della sua camera, rannicchiato sul letto in posizione fetale. Non l'avevo mai visto così prima di allora. Rimaneva quasi sempre impassibile tranne quando era con mia madre.

Basta! Cerco di oppormi con tutte le mie forze al mio stesso sogno, quando capisco che forse tutto questo significa qualcosa, che forse dovrei davvero aprire gli occhi, in tutti i casi, mi dico, è solo un sogno.

Sollevo lentamente le palpebre e i miei occhi vengono invasi da una cascata di luce. Come se tutto d'un tratto tutta la materia, tutto il vuoto, tutto, si fosse ricongiunto in un'unica stella luminosa. Lentamente i miei occhi si adattano a tutto quel bagliore bianco; no, non bianco, credo sia un colore che nella nostra realtà non esista, un colore simile a un battito d'ali di un colibrì, sfuggente, veloce in un modo quasi inesistente.

È così che la vedo, sdraiata su quello che sembra il fondo di questo bagliore. Mia madre. I capelli le stanno intorno al viso aperti come un ventaglio infuocato. Ha gli occhi chiusi, ma sorride, come se stesse sognando qualcosa di bellissimo. Rimango ferma paralizzata dalla testa ai piedi. Non avevo mai sognato mia madre. Un tremore mi percorre la spina dorsale... perché mi sento così? Non è di certo la prima volta che la rivedo da quando è morta. Il suo ricordo è molto vivido nella memoria grazie ai ricordi. Eppure questa sua immagine ha una strana consistenza, è trasparente come se si stesse dissolvendo lentamente. Scuoto la testa, niente di tutto questo è reale, mi ripeto. Stringo forte gli occhi, e quando li riapro, tutto il bagliore è stato sostituito da un paesaggio innevato e lei è ancora dove era prima, sdraiata su un letto di neve candida.

Siamo in una vallata, e un vento gelido mi pizzica le braccia e le gambe nude, e mi fa rabbrividire, anche se in realtà so che è solo il ricordo della sensazione del freddo sulla pelle a provocare questa reazione. Dopotutto, mi ricordo, questo non sta accadendo davvero, questo è solo un angolo della mia mente.

Quando sogno, per esserne cosciente, devo continuare a ripetermelo. Sennò me ne dimentico e mi sembra che tutto succeda davvero.

Riempio i polmoni di questa aria gelida e faccio qualche passo avanti. Lei, sempre con gli occhi chiusi, dice il mio nome, con voce serena.

<<Yuki>> sussurra. <<Avvicinati, voglio vederti meglio>>.

Mi schiarisco la voce per rispondere, anche se non credo che riuscirò a parlare:

<<No>> quando la mia voce esce dalla gola mi stupisco di sentirla così ferma <<se mi avvicino tu scomparirai>>.

Adesso la sua voce si è fatta seria:

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